La violenza nei videogiochi e la loro conseguente demonizzazione sono un tema caldo di questo periodo, non solamente nel Bel Paese, ma anche nella “terra delle possibilità”. Proprio negli Stati Uniti D’America le ultime settimane sono state estremamente difficili, soprattutto per le due gravi tragedie che hanno avuto luogo a Dayton (Ohio) ed El Paso (Texas). Le sparatorie, totalmente “casuali”, hanno portato un numero grandissimo di morti e feriti, e il presidente USA Donald Trump non ha esitato ad usare come capro espiatorio per tali disastri proprio i videogiochi:
Dobbiamo fermare la glorificazione della violenza nella nostra società, e questo include anche i videogiochi violenti che ora sono all’ordine del giorno. Oggi è troppo facile per i giovani in difficoltà circondarsi di una cultura che celebra la violenza. Dobbiamo fermarci o ridurli in modo considerevole, e dobbiamo farlo subito.
La sua posizione da lì in poi non si è mai smossa, e il tema è talmente forte anche da aver strappato una dichiarazione il famoso streamer Ninja, che con una risposta secca riferita al presidente durante un’intervista ha detto:
Hai visto Minecraft? Cosa c’è di violento in Minecraft? La violenza non dipende dai videogiochi. È così.
Sono molte le critiche a questa presa di posizione del presidente Trump, soprattutto perché buffamente contraddittorie con quanto viene venduto nei negozi (armi vere e proprie accessibili da a una grossa fetta della popolazione), e tra questi anche la ESA (Entertainment Software Association):
più di 165 milioni di americani amano i videogiochi e miliardi di persone giocano ai videogiochi in tutto il mondo. Tuttavia altre società nelle quali i videogiochi sono fruiti avidamente non affrontano i tragici livelli di violenza che si verificano negli Stati Uniti. I videogiochi contribuiscono alla società, a partire dalle nuove terapie mediche, passando per strumenti educativi, innovazione aziendale e altro ancora.