Steve è un film del 2025 diretto da Tim Mielants (ideatore di Peaky Blinders) e con protagonista il Premio Oscar Cillian Murphy. Si tratta dell’adattamento cinematografico del romanzo scritto da Max Porter (lo stesso che ha scritto la sceneggiatura del film) ed è stato rilasciato su Netflix, il 3 Ottobre. Il film è ambientato in Cornovaglia nel 1996, dove il preside Steve (interpretato appunto da Cillian Murphy) lotta per la sopravvivenza del suo istituto di riforma per ragazzi in difficoltà, il tutto mentre cerca di gestire la sua salute mentale. Come si presenta il film? Ecco la nostra recensione di Steve.
Bilanciamento tra problemi sociali e personali
Steve è un film che dura un’ora e mezza e la trama si svolge in 24 ore, raccontata con due linee temporali differenti che scorrono nella stessa direzione, unite da un montaggio serrato che permette loro di farsi il “passaggio di palla” a vicenda, senza creare confusione. Da una parte, c’è la linea temporale in cui il preside Steve parla ad una telecamera e si racconta; dall’altra, invece, quella in cui vengono mostrati gli eventi che accadono all’interno dell’istituto. Già dal montaggio, si intuisce il fulcro del film: un preside che deve lottare contro la chiusura della sua scuola e, allo stesso tempo, è anche un uomo che deve lottare contro i propri demoni interiori.
Nel minutaggio apparentemente breve, il film riesce a trovare lo spazio per affrontare diverse tematiche ricorrenti: l’esclusione sociale, la salute mentale, l’effetto delle istituzioni sulla vita dei giovani “ai margini”, la frustrazione del personale educativo, la precarietà delle strutture di recupero, le responsabilità, il senso di fallimento, ecc. Sono tutti elementi che danno spessore al film e hanno il giusto bilanciamento tra loro, senza cascare nella superficialità e tutti trattati con un tocco crudo e che sfiora il realismo. Seppur la storia sia ambientata quasi trent’anni fa, si percepisce una chiave di lettura per la società contemporanea e quindi con uno sguardo alla crisi presente negli istituti educativi e all’interno delle persone, problemi piuttosto presenti al giorno d’oggi.

Cillian Murphy ruba la scena
Cillian Murphy ormai non si smentisce mai: in qualunque ruolo si sia prestato nella sua carriera, è sempre riuscito a lasciare il segno. L’interprete di Oppenheimer (ruolo che gli ha garantito l’Oscar, segnando una tappa importante della sua carriera, dopo tanta gavetta) è riuscito a rubare la scena anche in Steve, calandosi egregiamente nel ruolo di un preside che lotta sia contro la crisi del suo istituto che contro i propri demoni interiori. È un film che tende ad “umanizzare” sia le figure degli educatori, sia quella di quei ragazzi che hanno bisogno di un faro, e lo stesso Steve cerca di non farsi schiacciare dalla sua sofferenza e di non andare in burnout, perché vuole essere un faro per i suoi studenti e illuminare loro la strada. Se lui crolla e la scuola chiude, i ragazzi perderebbero i loro punti di riferimento.
L’interpretazione di Murphy è il vero perno del film: riesce ad incarnare bene il peso emotivo del ruolo. Steve è al limite, stremato, spesso in conflitto con sé stesso, ma è il desiderio di fare del bene e di trasmettere speranza ai suoi allievi a mandarlo avanti. Le sue esplosioni di rabbia, la sua vulnerabilità e la sua tensione emotiva sono state messe in scena, con efficacia. Seppur con un tocco profondo ed emotivo si parla di queste tematiche importanti, la trama ruota intorno a lui, e forse un po’ troppo, perché si è caduti leggermente sull’istrionismo e così, si è dato poco spazio ai ragazzi (e anche loro sono un elemento importante della storia).

Un ritmo disallineato
Se c’è il bilanciamento tra le tematiche presenti, c’è anche uno sbilanciamento delle presenze di contorno del cast, che si trova diametralmente opposto ad esso. Il punto di vista è troppo concentrato su Steve, e questo ha lasciato ai margini gli altri, nonostante gli studenti presenti lo siano già all’interno della società. Una scelta narrativa che potrebbe anche essere passabile, ma visto il contesto non sarebbe guastato un leggero approfondimento su di loro.
Il film non va per scorciatoie e non vuole idealizzare né il preside né gli studenti, ma semplicemente “umanizzarli” e hanno bisogno l’uno degli altri e viceversa. Mette in risalto le fratture, le difficoltà quotidiane, gli errori, e questi vengono messi bene in evidenza grazie ad una regia semplice e ad una sceneggiatura piuttosto solida, che mirano a rimanere sul terreno della sofferenza, della tensione e del disagio sociale.
Questo rende il film piuttosto crudo ed intenso, mirato a colpire emotivamente e forse era il modus operandi “giusto” per far recepire meglio il messaggio, seppur si corra il rischio di ritrovarsi un disallineamento del ritmo. Tralasciando alcuni errori tecnici, Steve si conclude con un finale con un grosso impatto emotivo o addirittura, troppo “brusco”. Però, forse il termine esatto è semplicemente “coerente” per la tonalità del film e la trama di esso.
