Monsters – La Storia di Lyle ed Erik Menendez, Recensione: creare dubbi morali

Monsters La storia di Lyle ed Erik Menendez è il secondo capitolo di una serie che ha lo scopo di esplorare le menti di criminali che hanno lasciato un segno indelebile. Ecco la nostra recensione.

Giorgio Maria Aloi
Di Giorgio Maria Aloi - Contributor Recensioni Lettura da 8 minuti
8 Ottimo
Monsters: La Storia di Lyle ed Erik Menendez

Monster è una serie TV statunitense ideata da Ryan Murphy e disponibile su Netflix. Questa racconta le storie dei vari killer che sono realmente esistiti e finora sono state realizzate due stagioni, la prima dedicata a Dahmer, e questa seconda, La storia di Lyle ed Erik Menéndez. Ryan Murphy quindi stavolta propone una stagione incentrata sul caso dei fratelli Menendez, con il cast composto da Nicholas Chavez, Cooper Koch, Javier Bardem e Chloë Sevigny. I 9 episodi incentrati su di loro sono stati resi disponibili su Netflix lo scorso 19 Settembre.

Un fatto di cronaca… da scandalo

I fratelli Lyle (Nicholas Chavez) ed Erik (Cooper Koch) Menéndez nel 1989 uccisero a sangue freddo i loro genitori, José (Javier Bardem) e Kitty (Chloë Sevigny) Menéndez, e solo alcuni anni dopo, ricevettero la condanna a vita per l’omicidio commesso. Quando arrivò il momento del processo, vennero fuori una marea di prospettive diverse.

L’accusa sosteneva che i due giovani Menéndez mirassero all’eredità del patrimonio familiare. Dall’altra parte, invece, i due fratelli hanno affermato e ribadito una marea di volte (anche oggi mentre scontano l’ergastolo), che le vere vittime in realtà erano loro stessi, e che quell’omicidio è stato solo frutto di tutto quello che hanno subito dai genitori durante loro vita.

Lyle e Erik sostengono che il loro padre era un mostro, e che li ha sottoposti per anni a una vita di abusi fisici, emotivi e sessuali, mentre la loro madre, alcolizzata e dipendente da droghe, non ha mai fatto nulla per impedirlo.

Qual è la verità? I due fratelli Menendez sono due giovani carnefici o in qualche modo delle povere vittime, guidate dall’istinto di sopravvivenza e dalla paura?

Voglia di raccontare i serial killer

Fin dai tempi di American Crime Story, Ryan Murphy si è dato al True crime, ma in quel caso si trattava “solo” di casi di cronaca. Dopo qualche anno si è concentrato maggiormente sul genere True crime, e ha deciso di scrivere delle miniserie che vanno a scavare ancora di più negli angoli nascosti della psiche di determinati criminali, attraverso le possibili testimonianze di chi ha avuto la sfortuna di averci a che fare (ad esempio, parenti e amici delle vittime).

L’idea di Murphy sta nel raccontare la storia di questi serial killer e mostrare le possibili motivazioni (o altro) che li abbiano spinti ad agire in quel modo orribile. Non necessariamente per far provare empatia allo spettatore, ma per far venire a galla delle possibili verità tramite i testimoni, e capire il profilo psicologico di questi criminali.

Il rischio di queste serie sta che si tende a romanzare l’accaduto, arrivando anche a menzionare dei fatti non accaduti, e ad urtare le ferite ancora aperte di chi ha perso i propri cari.

In ogni caso si tratta di un filone di storie che riesce a catturare l’interesse del pubblico, capace di incuriosisce, affascinare e… mettere angoscia.

 

Tra killer e dubbi morali: Chi sono i veri mostri?

La miniserie di Dahmer è stata capace di far provare angoscia e andare a fondo nella psiche del serial killer, ma anche nel suo passato. Non era una storia facile da seguire, e anche del tempo per riuscire guardarla tutta.

La storia dei fratelli Menendez, invece, analizza i vari punti di vista dei protagonisti e va un po’ di più sullo psicologico, ma già solo sentendo i racconti di alcuni eventi possibilmente veri si possono provare i brividi, e anche in questo caso si fatica a rimanere impassibili. Qui però, si arriva al vero scopo di questa miniserie.

 

La storia dei fratelli Menendez è stata scritta (molto bene) con l’intento di mostrare i vari punti di vista dei protagonisti, in particolare dei due fratelli killer, ma anche delle due vittime (i genitori) prima che fossero uccise. Ma attenzione, l’obiettivo non è far provare empatia o spingere a patteggiare per una parte o per un’altra, ma mostrare semplicemente il fatto come potrebbe essere accaduto.

Se si guarda dalla loro prospettiva, il dubbio sta qui: sono degli spietati killer, o la loro azione estrema è stata la reazione a tutto quello che avevano subito nel corso della loro vita a causa dei loro genitori? Hanno agito per interesse o per vendetta? Il loro padre era davvero quel mostro come lo hanno dipinto e ha veramente ricorso alla violenza fisica e psicologica, arrivando anche agli abusi?

La serie ha lasciato spazio anche all’altra parte, dove si notano degli elementi che non tornano e che non corrispondono del tutto. Anche qui, subentrano domande: ma erano davvero dei mostri o hanno provato, anche sbagliando, a dare il meglio per i loro figli e questi ultimi non lo hanno capito?

Ed è qui che la serie vuole arrivare. Se Dahmer lasciava il semplice dubbio “Ma il male nasce così o tale diventa?” e si concentrava più sulle vittime e sulla psiche del carnefice, il caso Menendez porta il pubblico a farsi delle domande.

La serie non tralascia nessun dettaglio importante e analizza tutti i passaggi (la vita prima di quella tragica notte, il processo, tutte le possibili verità che vengono fuori, ecc). Il difetto sta nel romanzare troppo alcuni passaggi e di risultare ogni tanto caotico.

Comparto tecnico e gli attori 

Oltre a una buona scrittura e un montaggio che lascia il giusto spazio ai vari punti di vista, arrivando ad essere confusionario qualche volta, ci sono anche una buona regia e una buona performance dei quattro attori. In particolare citiamo l’ottima direzione dell’episodio centrale, che inquadra perfettamente un momento, per più di mezz’ora, e che fa venire i brividi sentendo il racconto.

Nicholas Chavez e Cooper Koch si sono calati perfettamente nei ruoli dei due fratelli, nient’affatto semplici per dei giovani che ancora devono farsi le ossa. Per quanto riguarda i genitori, la scelta di Javier Bardem e Chloë Sevigny è stata perfetta.

Sevigny è stata bravissima, mentre Bardem ha avuto modo di esprimere il suo incredibile talento in questa serie. Difficilmente ne ha sbagliata una: ha ricoperto ruoli di ogni tipo con professionalità, ma in questo caso è stato fenomenale, e abbiamo avuto modo di vedere il vero Bardem all’opera.

Monsters: La Storia di Lyle ed Erik Menendez
Ottimo 8
Voto 8
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