La scuola: solo l’espressione evoca ricordi e sensazioni diverse, dalle più alle meno divertenti. Con il tempo ci siamo lasciati alle spalle i banchi, le lavagne e gli esercizi a casa; eppure ogni volta che ci avviciniamo ad un prodotto (giapponese in particolare) troviamo questo “personaggio”, quasi come una costante cosmica dove i veri protagonisti vivono, si innamorano, affrontano sfide e talvolta combattono. In Monark, titolo di Lancarse e distribuito da NIS America che analizziamo oggi in recensione, la situazione non è lontana da quanto descritto: quella che il nostro avatar andrà ad affrontare è una sfida con sé stesso e i demoni che porta dentro (e anche fuori). Sarà riuscito il gioco a colpirci? O il Monarca è stato spodestato prima del tempo? Scopriamolo assieme.
Un Monarka per dominarli tutti
Primo giorno di scuola, primi incontri con i compagni, prime domande dai professori, quando di punto in bianco le cose cambiano: una bolla di energia permea la struttura e come se ci trovassimo sotto alla cupola descritta da Stephen King in “Under the Dome” ecco che non è più possibile uscire. Sospettosamente, né i compagni di classe né i professori sembrano stupiti da questo fatto, inoltre notiamo una fitta nebbia bianca che ci toglie il respiro ogni volta, e che si sposta da un piano all’altro della scuola a suo piacimento.
Nulla pare casuale, anzi, alcuni sembrano prenderci gusto, ed ecco che in un batter di ciglia la nebbia ci porta in un mondo diverso, un “Altromondo”, come lo definiscono alcuni compagni più avvezzi alla situazione: qui troviamo mostri e creature davvero lontani dall’ordinario, pronte a farci la pelle! È in una situazione di totale pericolo che il nostro Ego prende il sopravvento, ci uniamo spiritualmente ad un simpatico demonietto dalla forma di un coniglio nero di nome Vanitas, ed ecco che il potere scorre in noi, dandoci la forza di sconfiggere il male (o quelli che sembrano essere malvagi).
Scopriamo fin da subito che il nostro obbiettivo sarà quello di sconfiggere i sette demoni che dominano i sette vizi capitali e che, una volta dominati, potremmo di ventare il Monarca e decidere le sorti del nostro “regno”.
Non giriamoci intorno: la storia di Monark è oltre il pretestuale, di una banalità così insulsa che forse avrebbero fatto meglio a non scriverla, fattore di cui non potevamo non tener conto per la recensione; il team creativo ce la mette tutta costruendo dialoghi lunghissimi (e tediosi in un certo senso) con ogni NPC che si incontra, aggiungendo liquido in un brodo già annacquato. Sotto questo profilo, il gioco pecca pesantemente.
Un Monarka in cattedra
Controller alla mano, Monark è un RPG a turni di stampo giapponese, con una componente simile agli scacchi: una volta raggiunto l’Altromondo, dove si svolgono le sessioni di battaglia, il nostro eroe – che per inciso non ha un nome, ma che scriverete di vostro pugno all’inizio della storia – porterà con sé sia i compagni di classe che avranno ruoli specifici, armi e potenziamenti, ma anche dei fantocci: bambole inanimate che potranno livellare con il tempo ma che non cambieranno mai equipaggiamento, sebbene possano potenziare effettivamente quello che hanno in dotazione.
Dal punto di vista di gameplay il gioco fa il meglio: ad ogni turno infatti vi verrà chiesto di posizionare il personaggio o il fantoccio in un punto della mappa. Chiaramente in base alla statistica di movimento potrete spaziare in un area ben delineata. A quel punto, potrete decidere se difendervi, attaccare, o usare delle abilità come anche degli oggetti.
Ogni personaggio può “legarsi” virtualmente ad un altro, al punto che quando viene effettuato un attacco – ad esempio e nell’area ci sono anche altri personaggi o fantocci – questi verranno coinvolti in quell’attacco, effettuando di fatto anche loro un attacco gratis. In Monark sono previsti attacchi di risposta (counter attack): ogniqualvolta colpirete un nemico, questo sarà pronto a rispondere al vostro attacco (vale anche per gli attacchi che subiremo), il che rende la scelta di attaccare molto ponderata, perché potremmo non sopravvivere alla risposta del nemico.
Ogni eroe della nostra squadra ha poteri personali e legati alla loro natura, sia questa quella del guerriero con lancia e scudo, o piuttosto della maga con bastone e cappello a punta. Nel caso del nostro eroe, è possibile anche entrare in una specie di trance che vi consentirà di eseguire il classico attacco speciale che devasterà il campo di battaglia.
Fuori dal combattimento c’è poco da fare: il gioco spinge il player all’esplorazione, alla ricerca spasmodica di informazioni, oggetti ed elementi che arricchiscano la trama, le relazioni con gli NPC e i compagni di squadra, o semplicemente equipaggiamenti ed oggetti da portare all’Altromondo. Non c’è molto altro da fare se non chiacchierare o risolvere qualche banale puzzle per spostare un banco o un armadio caduto.
Un Monarka che non domina
Al pari di molti imperi, Monark ce la mette tutta, ma sfortunatamente non riesce ad andare oltre la sufficienza nella valutazione finale di recensione. Esteticamente siamo “alle solite”, ovvero tutta la concentrazione dei designer si è rivolta ai personaggi principali, mentre la scuola e i compagni di istituto non sono che la copia della ricopia dei primi tre che incontreremo. Mancano quasi del tutto le ombre sul pavimento, mentre banchi e muri sembrano presi direttamente da un gioco di due generazioni fa.
Innegabile poi quanto Monark tenti in tutto e per tutto di assomigliare a Persona 5 Royal (qui la nostra recensione), ma con scarsissimi risultati: al gioco manca il carisma necessario per fare il salto di qualità, e visto che la caratteristica principale del protagonista sarà l’Ego – come appunto scopriamo nelle prime fasi di gioco – possiamo ben dire che, in fase di sviluppo, il team ha avuto un Ego smisurato che non ha portato a nulla.
Dopotutto il gameplay alla base è interessante, il che ci dà davvero la sensazione di un occasione mancata. La ricerca spasmodica di somigliare a qualcosa che ha avuto un successo globale non è stata vincente e per tutto il tempo avrete una pressante sensazione di déjà-vu.