La commedia italiana è forse l’unico genere longevo che non si arresta mai e traina da sempre gran parte del nostro cinema moderno. Negli ultimi anni, in questo profluvio di prodotti audiovisivi, si sono sviluppate fondamentalmente due tendenze: Le commedie alternative che giocano mescolando altri generi e le commedie più bislacche o, per meglio dire, mainstream. “Ma cosa ci dice il cervello” si inserisce a metà fra questo tipo di approcci. Riccardo Milani dopo il grande successo di “Come un gatto in tangenziale” torna a collaborare con Paola Cortellesi – musa ispiratrice al cinema e compagna di vita – per regalarci un prodotto cucito appositamente per dare sfogo all’estro straripante della compagna. Una donna dimessa, imbottigliata nel traffico (così parte il film) che apparentemente procede lentamente – nel traffico come nella vita – reagendo con indifferenza ai piccoli soprusi quotidiani. Questo film parla appunto di apparenze, maleducazione, inciviltà, di persone che voglio prevaricare sugli altri. Questa è la storia di Giovanna (Paola Cortellesi), mamma sui generis. Sfottuta quotidianamente da chi la circonda (mamma e figlia compresa). La mamma (una spumeggiante Carla Signoris) è una nonna sprint dall’animo giovane perenne, ma inconsapevolmente ridicola nel modo di porsi e di vestirsi. Nello schema gerarchico della famiglia è lei che la figlia vede come “la mamma”, Giovanna praticamente non conta, o conta poco: nel classico disegno ad opera della figlia posto sul frigo, lei è piccola come la figlia stessa, mentre la nonna è alta come il papà aviatore. Però tutti non sanno che Giovanna nasconde un’altra identità: è un agente segreto che dissimula quotidianamente asserendo di lavorare per il Ministero.
Gli sceneggiatori si concentrano proprio su questo aspetto così defilato da parte degli agenti segreti: compiere delle azioni importanti per la collettività senza mai esporsi. Il film di Milani – come da tradizione – strizza l’occhio alla vecchia commedia e racconta le situazioni poco edificanti che la cronaca riporta quotidianamente (violenze ai danni di poveri professori) oppure maleducazioni e soprusi di tutti i giorni. Uno scontro di civiltà o, per meglio dire “inciviltà” generale. Su questo gli sceneggiatori fanno roteare il racconto, facendo ritrovare a Giovanna i quattro amici del liceo, ognuno con varie problematiche sociali che sottolineano come, proprio oggi, la convivenza tra gli individui diventi sempre meno facile. Il film rispetta un altro dei canoni della commedia italiana: non dimenticarsi mai dei comprimari. “Claudia pandolfi”, “Stefano Fresi”, “Vinicio Marchioni”e “Lucia Mascino” fanno uno splendido lavoro insieme a Paola Cortellesi – credibili nel loro intimo cameratismo – danno vita a questo irresistibile gruppo di amici liceali che si ritrovano dopo anni che non si frequentavano. Constateranno amaramente come l’incedere di certe inclinazioni sociali abbiano condizionato e reso problematica la loro vita; avranno bisogno di un intervento “amico” per risolvere le loro situazioni e ritrovare quell’equilibrio che tanto agognano.
Commistione di Generi
L’action, la spy story, la commedia mordace, i generi sono più di uno e ben amalgamati tra loro. Ci piace pensare che gli spunti per il tono e l’impostazione non siano totalmente quelli delle vecchie commedie, ma siano un rimando più verso il cinema di Paul Feig (“Spy” “Le amiche della sposa”) dove Paola Cortellesi è una sorta di Melissa McCarthy nostrana, bullizzata ed etichettata da tutti ma catapultata nelle situazioni più strane ed esasperate che nessuno sospetterebbe. Anche nel ritmo e in un certo tipo di ironia (quando non vira necessariamente sul romano triviale) ci sembra di intravedere più di qualche attinenza con film Pixar come Gli Incredibili: le situazioni paradossali di persone ordinarie in contesti straordinari. Curioso è l’impegno che dimostra Paola Cortellesi cimentandosi (spesso in prima persona) nelle scene d’azione alla Tom Cruise. A tal proposito, durante la conferenza, ci tiene a sottolineare come sia stato propedeutico e divertente l’allenamento fatto con il team degli stuntman del film. Durante l’incontro con i giornalisti, gli sceneggiatori, rimarcano “quasi per dovere” questo sguardo puntualmente rivolto alle nostre commedie più blasonate, citando “Risate di Gioia” con l’inedita coppia Totò-Magnani; tuttavia, ci sembra che rispettino la commedia (quella alla Dino Risi per capirci) solo negli aspetti che riguardano i vezzi e gli atteggiamenti degli italiani: sempre più intolleranti, prevaricatori, incivili. Le vecchie commedie, a differenza del film di Riccardo Milani, non avevano un intento pedagogico: dissacravano certi aspetti discutibili della società senza fare la morale allo spettatore. “Ma cosa ci dice il cervello” ha proprio questa tipica presunzione delle commedie di questi anni: far divertire lo spettatore per poi moralizzarlo costringendolo ad ascoltare il puntuale “messaggio sociale”. Il film esce con il maggior numero di copie possibili e si prepara a sbancare il botteghino seguendo la tendenza degli ultimi film interpretati da Paola Cortellesi.