Chi tra noi ha sempre avuto un videogioco tra le mani fin da bambino? Ecco, se siete tra quelli che a questa domanda avrebbero alzato la mano senza remore alcuna, allora siete nel posto giusto. Come avrete intuito dal titolo, in questo articolo cercheremo di ripercorrere passo dopo passo le scene più iconiche del mondo dei videogiochi, quelle sequenze che in un modo o nell’altro hanno segnato una generazione. Sia chiaro, non abbiamo la presunzione di dire che queste siano le migliori per tutti, però ci siamo soffermati su quelle che il pubblico ricorda sicuramente con piacere o, a seconda dei casi, con un amaro sorriso.
Prima d’iniziare è giusto fare una doverosa premessa: sebbene alcuni titoli nominati in questo speciale siano comunque abbastanza datati, ci teniamo a precisare che nel corso dell’articolo saranno presenti pesanti SPOILER a riguardo. Proseguite quindi a vostro rischio e pericolo.
Da dove iniziare?
Se dovessimo pensare alla prima scena del gaming veramente iconica, quella che ha fatto capire una volta per tutte le potenzialità del medium videoludico, non potremmo far altro che citare il primo zombie visto in Resident Evil, quello uscito nell’ormai lontanissimo 1996. A vederlo adesso fa sicuramente un po’ ridere, ma considerando quanto il brand sia popolare ancora oggi, quel mostro deforme non può assolutamente venir trascurato. Inoltre, vi assicuriamo che per l’epoca era una scena dall’altissima qualità, vista e considerata anche la tecnologia a disposizione. A seguire, sarebbe poi impossibile non menzionare anche la prima grande morte rivelatasi capace di segnare realmente un’intera generazione videoludica, e stiamo parlando naturalmente della povera Aerith nel Final Fantasy VII originale, quello del 1997. Sebbene la sua scomparsa arrivi relativamente presto, per molti appassionati è stato il primo vero trauma mai vissuto in qualità di videogiocatori. Il modo in cui avviene è spaventosamente improvviso, capace di cogliere l’utente completamente alla sprovvista e portandolo a provare sincero odio nei confronti di Sephiroth.
Abbiamo quindi dovuto aspettare due anni per avere tra le mani un altro videogioco del calibro della “settimana fantasia finale”, ovvero Metal Gear Solid. Infatti, sebbene la sua uscita in Giappone sia avvenuta nel 1998, in Europa gli appassionati hanno dovuto aspettare un anno in più. Nonostante questo, fin dalle prime battute si capiva immediatamente che l‘IP nata grazie al sodalizio tra Kojima e Konami aveva qualcosa di davvero speciale. Di questo capitolo della saga avremmo sicuramente scene a volontà da citare, ma quella che più di ogni altra ha realmente scioccato gli utenti dell’epoca può essere identificata con la nota apparizione del celebre Psycho Mantis.
Il nemico di Snake aveva la capacità di “leggere nella mente del giocatore“, cosa che si tradusse nel carpire i dati all’interno della memory card inserita nella propria console. In sostanza, durante un dialogo, Psycho Mantis afferma di poter leggere la vostra mente, iniziando dunque a nominare i giochi preferiti tramite i dati di salvataggio. Una trovata geniale che, soprattutto all’epoca, non aveva mai avuto precedenti. Contemporaneamente a questo, su un’altra piattaforma si stava facendo la storia, il tutto grazie a una Nintendo lanciatasi nella pubblicazione di uno tra i capitoli migliori delle sue IP di punta, ovvero The Legend of Zelda: Ocarina of Time. Arrivati verso la fine del gioco, ci si presentò infatti il momento che più di tutti diede senso all’avventura: Link diventava adulto. Da quel momento in poi la filosofia di fondo del titolo iniziò a prendere senso, cambiando anche alcune meccaniche ludiche.
Proseguiamo il nostro viaggio nei ricordi, arrivando così nel 2002, con la pubblicazione dell’ultimo Fina Fantasy che troverete in questo articolo, ovvero il decimo. Final Fantasy X giunse sul mercato con l’ambizione di rendere migliore il percorso iniziato – e poi momentaneamente messo in pausa – con l’ottavo capitolo, e ritrovandosi a dover reggere il peso di un gravoso fardello, essendo stato il primo episodio della serie ad arrivare su PlayStation 2. Inutile dire che risultò essere uno dei migliori giochi di quella generazione di console, ma come crediamo valga per tutti, c’è una scena in particolare che racchiude l’essenza dell’intera l’esperienza. Sappiamo che, anche in questo caso, ci sono momenti leggendari (che se siete curiosi di approfondire potete trovate nel nostro articolo dedicato cliccando qui), ma il bacio tra Tidus e Yuna resterà per sempre nei cuori di ogni giocatore. Per quanto possa essere banale per alcuni, quella scena arrivata “in quel particolare momento” resta una delle più belle mai realizzate.
Un nuovo modo d’intendere il videogioco
Arrivati a questo punto, avrete probabilmente capito che, anno dopo anno, l’asticella si alzava sempre di più. Le produzioni erano maggiormente ambiziose e la fame degli utenti cresceva di continuo. Arriviamo quindi al 2007, che molti identificano come l’anno della consacrazione del medium videoludico nell’immaginario collettivo. Sono da poco uscite le nuove console e siamo ufficialmente nell’era PS3 e Xbox 360, generazione che più di tutte ha segnato la lotta tra le due grandi compagnie videoludiche e, soprattutto, è stata una delle più prolifiche per quantità e qualità. Innumerevoli software house sono state capaci di regalarci attimi videoludici indimenticabili, ma è proprio a quel punto che arriviamo alla scena per eccellenza… anzi, a una scritta, per essere più precisi: “No Gods or kings, only man“. La frase in questione si riferisce ovviamente a Bioshock, sviluppato da Irrational Games e 2K Marin, e siamo sicuri che il solo ricordare la sequenza abbia fatto venire la pelle d’oca ai fan di lunga data. Questa lettura avveniva in una delle fasi iniziali del gioco, mentre si scendeva nei meandri di Rapture. Un concetto conciso e profondo, oltre che molto utopistico, ma capace di mettere subito in chiaro come Bioshock non volesse essere un gioco come gli altri.
Ora, però, immaginate il periodo d’oro degli FPS, quando l’online non era ancora così dominante e giochi come Call of Duty venivano acquistati soprattutto per le loro avvincenti campagne, anche se da lì a poco sarebbe cambiato tutto. Stiamo parlando di Modern Warfare 2, uscito nel 2009, e in particolare del famoso intermezzo “No Russian”. Questa missione ancora oggi si porta delle scorie non di poco conto, visto e considerato che il titolo fa interpretare al giocatore i panni di un terrorista che deve uccidere centinaia di civili all’interno di un aeroporto. Prima d’iniziare il massacro c’è una piccola sequenza introduttiva che ci prepara al “gran momento”, il tutto ambientato all’interno di un ascensore. Quegli attimi sono fondamentali per rendersi conto dei panni che stiamo vestendo e di cosa accadrà da lì a pochi istanti.
Nel frattempo c’era un’altra importantissima serie pronta a conquistarci con un secondo capitolo carico di aspettative, e ovviamente stiamo parlando di Assassin’s Creed 2. Il videogioco ha molte scene iconiche e indicare quali siano le migliori appare particolarmente difficile, per questo preferiamo andare sul sicuro e mettere in evidenza il tutorial iniziale, quello in cui controllate la versione bebè di Ezio. Un modo semplice ed efficace per introdurre un personaggio che, da lì a pochi anni, sarebbe stato amato da milioni di videogiocatori. Passa un anno, e il momento della nascita viene metaforicamente sostituito con quello della morte. Stiamo parlando infatti del finale di Red Dead Redemption, con la fine strappalacrime di John Marston. Molti hanno conosciuto John con il secondo capitolo della saga, ma per quelli come noi l’iconico personaggio ha sempre avuto un posto tutto suo nei nostri cuori. Questo “eroe” ne ha davvero passate tante, facendo tutto ciò che era in suo potere per proteggere la sua famiglia e poter dare a suo figlio una vita migliore. Un sogno che purtroppo non riuscì a concretizzare, cosa che rende il suo addio ancora più straziante.
Un’altra scena particolarmente iconica del 2010 la troviamo di sicuro in Halo: Reach, titolo in cui uno ad uno vediamo la squadra Noble venire pian piano sterminata. In questo caos generale, uno dei momenti più toccanti è quello in cui Kat-B320 viene colpita alla testa dopo che la sua corazza è stata disattivata da un’esplosione. Improvvisa e inaspettata, ma soprattutto difficile da dimenticare. Pochi mesi dopo è arrivato sul mercato quello che, ancora oggi, è un metro di paragone davvero scomodo per qualunque GDR open world. Stiamo parlando naturalmente di The Elder Scroll V: Skyrim, un gioco che tutt’ora resiste del lento e inesorabile passare del tempo. Il quinto episodio della serie Bethesda si apre con una sequenza ancora oggi indimenticabile, e ci riferiamo ovviamente al momento il cui vi sveglierete sul carretto al fianco di Ulfric Manto della Tempesta. Da lì a poco la regione di Skyrim si sarebbe completamente aperta, ma quel frangente ha fatto subito immedesimare il giocatore nei panni del suo alter-ego digitale, pronto per iniziare il proprio cammino da Sangue di Drago.
Nel mondo di oggi
Arriviamo quasi ai giorni d’oggi, ma facciamo una piccola tappa nell’ultimo periodo di vita di PlayStation 3, più precisamente nel 2013. Sugli scaffali arrivava un titolo destinato a lasciare per sempre il segno nel mondo dei videogiochi, ovvero The Last of Us. Sebbene l’opera di Naughty Dog sia ricca di momenti toccanti, la morte di Sarah (la figlia di Joel) avviene quasi immediatamente e con una freddezza inaudita. Un ottimo modo di far capire fin da subito il clima generale che avrebbe caratterizzato questa straordinaria esperienza. Sebbene da quel momento in poi l’industria fece un notevole salto in avanti, come momento più significativo della scorsa generazione abbiamo scelto quello in cui, nel nuovo God of War, Kratos affronta i fantasmi del proprio passato recuperando le Lame del Caos. In quell’istante il gioco cambia drasticamente, svelando l’anima hack and slash che aveva reso tanto grande la trilogia originale.
Prima di concludere, vogliamo lasciarvi però con un ultimo momento particolarmente iconico – anche se siamo a conoscenza che riapriremo vecchie ferite -, da considerare più che altro come un piccolo bonus. Ci riferiamo alla fine della demo di P.T., quando si scopriva che Norman Reedus era il protagonista dell’avventura e che per P.T. s’intendeva il grande ritorno di Silent Hill, serie che ha lasciato vedovi tantissimi appassionati videoludici.
Questi erano i nostri momenti videoludici per antonomasia, quelli che più di tutti gli altri ci sono rimasti nel cuore, seppur siamo ben consci del fatto che avremmo potuti inserirne moltissimi altri che invece abbiamo lasciato in panchina. Tuttavia era anche giusto fare una piccola cernita e queste, secondo una personale opinione, sono le scene più iconiche che ci siano.