Layers of Fear – Recensione, l’orrore è nella mente

Recensione di Layers of Fear, versione riveduta e corretta dei primi due episodi usciti ormai diversi anni fa, con un terzo a chiudere il cerchio.

Marcello Paolillo
Di Marcello Paolillo Recensioni Lettura da 6 minuti
7.5
Layers of Fear

Layers of Fear è un prodotto sicuramente “furbo”, visto che non parliamo di fatto di un remake del capitolo originale, ma di una sorta di grande omaggio alla serie nella sua interezza. Bloober Team e Ansher Studios hanno scelto di dare vita a un pacchetto in Unreal Engine 5 pensato anzitutto per farsi conoscere alle nuove leve, giocatori che di fatto non hanno mai sentito parlare del franchise horror in questione.

Questo perché Layers of Fear è, in soldoni, una riproposizione dei primi due capitoli – e del contenuto extra dell’episodio originale noto come Inheritance e del DLC inedito The Final Note – con in più una storia nuova di zecca che vede al centro della vicenda una scrittrice rinchiusa all’interno di un vecchio faro. Ancora una volta saranno la follia, la paura e un distorto e malato senso dell’arte a farla da padrone, tutto ben coadiuvato da allucinazioni in grado di rendere il viaggio nell’incubo sempre più agghiacciante.

La ricerca ossessiva dell’opera d’arte perfetta e impeccabile è l’obiettivo del protagonista della prima avventura, svoltasi in una villa dai tratti gotici sicuramente affascinanti. Bloober Team racconta una storia di malattie mentali come la schizofrenia, con un senso di orrore che si riflette anche e soprattutto sulle pareti attorno a noi, una “gabbia” per la mente ancor prima che un luogo nefasto di orrori indicibili. Questo, di fatto, è il Layers of Fear originale, un gioco che offre davvero pochissimo lato gameplay (si tratta infatti di camminare per la maggior parte del tempo, eseguendo azioni piuttosto elementari e interagendo con alcuni elementi ambientali), ma che al contempo lascia una traccia davvero molto forte quando parliamo di atmosfera in senso stretto.

Parlando invece del suo sequel diretto, vale a dire, Layers of Fear 2, la storia è quella di un attore che sembra aver smarrito la retta via, incapace di reggere il peso delle responsabilità e quindi caduto in disgrazia. Ricostruire la sua storia ci porterà nei meandri di un’altra mente malata, esattamente come accadeva nel primo episodio: la voce narrante di Tony Todd aiuterà tantissimo a immergersi tra le membra di un uomo che sembra aver perso ogni ragione di vita, e che la pazzia sembra logorare dall’interno.

L’arte dell’orrore

A differenza del capostipite, il secondo capitolo di Layers of Fear aggiunge del gameplay che tenta di andare oltre le meccaniche abbastanza tediose da walking simulator. Anche in questo caso Bloober Team ha scelto la strada dell’interazione ridotta all’osso, sebbene il gioco appaia sensibilmente migliore e nel complesso meglio bilanciato del predecessore.

Infine, il capitolo ambientato nel faro solitario e spettrale ci metterà nei panni di una nuova protagonista, la scrittrice, chiamandoci a scoprire una storia inedita che unirà di fatto tutti i pezzi lasciati dai due capitoli principali. Non si tratta quindi di un vero e proprio Layers of Fear 3, bensì di un contenuto aggiuntivo piuttosto breve ma che chiuderà la storia e le questioni lasciate in sospeso.

Layers of Fear

Purtroppo, le novità a livello di gameplay incluse in questa nuova edizione dei due classici (più il capitolo extra del faro) sono davvero minime e pressoché ininfluenti ai fini dell’esperienza di gioco generale: l’uso della lampada (utile prima di tutto a liberarsi di alcune apparizioni nefaste) è davvero poca cosa rispetto al comparto artistico, in grado ancora una volta di sprizzare atmosfera da tutti i pori (e in tal caso l’utilizzo di un motore grafico moderno e performante come l’Unreal Engine aiuta e non poco).

Un rifacimento da paura

Vero anche che trattandosi di due giochi “vecchi”, questa riedizione sotto mentite spoglie di Layers of Fear tradisce però una mole poligonale e delle texture visibilmente non al passo coi tempi, sebbene alla fine della fiera ciò non sia un difetto così grave. Fortuna vuole che il comparto audio sia inattaccabile, oggi come ieri, tanto che – nel caso foste dotati di cuffie – l’immedesimazione è totale e l’esperienza nel suo complesso ne guadagna moltissimo, immergendovi in un incubo da cui sarà davvero difficilissimo uscire sani di mente. A dare ulteriore man forte, una colonna sonora decisamente cupa a cura del compositore Arek Reikowski, creatore di una partitura ipnotica capace di aggiungere ulteriore tensione e di tenerci con il fiato sospeso in più di un’occasione.

Insomma, pur essendo assolutamente godibile (specie per chi non ha mai provato la serie in vita sua), Layers of Fear è “solo” una versione riveduta e corretta di piccoli classici del genere horror, né più né meno. Tre storie diverse con tre protagonisti ossessionati dall’arte (ossia il pittore, l’attore e la scrittrice), intrecciate tra loro per dare vita a un’esperienza di stampo horror tutto sommato godibile in ogni passaggio e in ogni sfaccettatura. Vero anche che se aspettavate un capitolo nuovo di zecca rimarrete quindi delusi, a fronte di un’operazione commerciale atta più a racimolare qualche spiccio utile allo sviluppo di progetti ben più ambiziosi, piuttosto che a imporsi come nuovo paradigma del genere di appartenenza.

Layers of Fear
7.5
Voto 7.5
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Da anni critico del settore, ha scritto e scrive attualmente su diverse testate online dedicate ai videogames e al cinema, passando anche per i fumetti. La carriera di Marcello inizia nel 2003 e da allora non si è più fermato: dopo essersi fatto notare sui primi siti di settore, è arrivato a firmare articoli per le più importanti testate web italiane, oltre che per la carta stampata. Pavo non è il suo nome anagrafico: è il suo nome vero.