Il 24 maggio Disney ci riporta in fondo al mar con l’atteso remake live action de “La sirenetta”. Il film è oggetto di discussione sin dal lontano 2019, quando è stato annunciato il casting di Chloe Bailey come Ariel, cantante e attrice afroamericana dalle caratteristiche fisiche molto diverse rispetto alla sirenetta animata. Sarà stata la scelta giusta per il ruolo? E il film si dimostra all’altezza sotto gli altri aspetti? Scopriamolo nella nostra recensione de La Sirenetta.
Ariel ed Eric
Riguardo alla prima domanda, la risposta di chi scrive è sì: la giovane attrice protagonista è perfettamente nella parte, capelli rossi o meno, e ha l’espressività giusta per un personaggio, come questo, che per buona parte della pellicola deve comunicare senza poter parlare. La protagonista è maggiormente caratterizzata rispetto al classico dell’89 e sicuramente più indipendente: emerge maggiormente la sua sete di conoscenza, si dimostra scaltra in più di un’occasione e risolve spesso le avversità in prima persona, rimanendo al contempo un personaggio fallibile con cui si può empatizzare.
Maggiore profondità è stata data anche ad Eric, interpretato da Jonah Hauer-King, e alla storia d’amore tra i protagonisti (anche perché, ammettiamolo, al giorno d’oggi sarebbe risultata un po’ superficiale), legati non solo da un amore a prima vista, ma anche nel riconoscere l’uno nell’altra lo stesso spirito d’avventura e amore per la scoperta. L’intesa tra i due è resa evidente dal modo in cui riescono a capirsi anche se Ariel non ha la sua voce: senza il bisogno di dire una parola emergono il suo carattere e intelligenza ed è conoscendola in questo modo che il principe se ne innamora.
Un mondo marino non all’altezza
Ma passiamo alle note dolenti: gli amici animali di Ariel. Nel remake di Aladdin, dove gli animali non avevano dialoghi (lo stesso Yago parla come farebbe un pappagallo) e in quello de Il Re Leone, dove non compaiono personaggi umani, una CGI iper realistica funzionava alla grande, ma qui purtroppo risulta poco efficace. Flounder è sicuramente il personaggio più sacrificato in questo adattamento: smagrito e senza il suo caratteristico color giallo, il pesciolino perde completamente sia la sua espressività che il suo carisma estetico e, tralasciando le scene iniziali, la sua presenza nel corso del film è quasi impalpabile. Meno disastrosa è la situazione per il gabbiano Scattle (rivisitata in chiave femminile) e per il granchio Sebastian, che risultano simpatici e hanno più spazio. Certo, il confronto con le loro controparti animate rimane comunque abbastanza impietoso. Ma è tutto il mondo marino, a dire il vero, che risulta un po’ sacrificato in questa versione: senza il loro aspetto cartoonesco ed espressivo gli animali degli abissi perdono il loro aspetto simpatico e variopinto, rimanendo decisamente sullo sfondo.
La mancanza di calore si avverte anche nelle canzoni, portando ad un risultato forse un po’ sottotono. Forse la spettacolarità della versione animata era impossibile da raggiungere in un film in live action? Le nuove canzoni sono una piacevole aggiunta anche se non particolarmente memorabili, complice forse un adattamento italiano non proprio riuscito.
Il re Tritone di Javier Bardem – i cui lunghi capelli catturati dai movimenti dell’acqua ricordano un po’ il suo Salazar in Pirati dei Caraibi: la vendetta di Salazar – è credibile e con il giusto peso specifico. Anche Melissa McCarthy interpreta un’Ursula all’altezza, ma rimane un leggero amaro in bocca e un sentore di occasione sprecata per un villain iconico che avrebbe meritato un pizzico di carisma in più e magari anche qualche scena inedita. Invece il personaggio perde un po’ della sua aura minacciosa, sia perché il suo aspetto e il suo covo risultano meno terrificanti, sia perché le sue scagnozze, le murene Flotsam e Jetsam, non hanno alcuna battuta e risultano meno temibili. Peccato, il personaggio aveva tutte le carte in regola per rubare la scena e conferire valore aggiunto alla pellicola, un po’ come fu per il genio di Will Smith nel remake di Aladdin.