Il 2018 è iniziato: i pranzi infiniti, i mille brindisi e gli auguri sono tipici di questo periodo dell’anno, e ci riportano a quell’atmosfera familiare e nostalgica, facendoci viaggiare indietro nel tempo. Sicuramente ognuno di noi prova nostalgia tramite alcune battute, canzoni, foto o film, e proprio di questo parliamo oggi: a distanza di ben 13 anni dall’uscita del titolo originale, oggi ci imbattiamo nel sequel di Jumanji, completamente rivisitato e trasformato per adattarlo ai giorni nostri.
Il film, diretto da Jake Kasdan, è un’esca irresistibile per tutti i ragazzi degli anni ’80 e ’90 che ricordano Jumanji come uno dei film emblematici della propria infanzia. Ammetto che, nonostante io rientri in tale categoria per il rotto della cuffia, ho un chiaro ricordo della prima edizione del film e vedere come esso sia stato trasformato mi ha fatto riflettere su come l’infanzia dei ragazzi oggi sia cambiata. Ma andiamo a scoprire il perché analizzando il film. La vicenda ha inizio all’interno dell’aula del preside di una scuola superiore americana, dove quattro ragazzi sono stati ricevuti e conseguentemente messi in castigo per aver trasgredito a delle regole scolastiche. Conosciamo quindi Spencer, il classico stereotipo del nerd sfegatato ed impacciato con l’altro sesso, Fridge, un giovanotto di un metro e novanta che spera di spaccare nel mondo del football, la bella e alquanto vanitosa Bethany e Martha, una ragazza timida che pensa solo allo studio e con poca autostima. Mentre i ragazzi dovrebbero compiere il lavoro assegnatoli come punizione, ovvero la pulizia del magazzino scolastico, trovano tra gli scaffali un vecchio videogioco chiamato Jumanji, che assomiglia vagamente ad un Super Nintendo. E guarda caso, il richiamo della “nerdaggine” è forte in Spencer e questo lo porta a collegare il gioco ad una vecchia televisione, e con Fridge decidono di creare una nuova partita. Appena avviato il menù, si ritrovano a dover scegliere uno tra 5 avatar, dei quali però il primo resta inutilizzabile: Spencer sceglie dunque il Dr. Smolder Bravestone (The Rock), Fridge lo zoologo Franklin “Moose” Finbar (Kevin Hart), Bethany il Prof. Shelly Oberon (Jack Black) e Martha la combattente Ruby Roundhouse (Karen Gillan). Non appena avviene la conferma della selezione, Jumanji risucchia al suo interno i giocatori i quali si ritrovano catapultati all’interno del mondo di gioco.
Sicuramente questa è una delle scene più importanti per gli attori nella quale dimostrare la propria bravura nella recitazione: Spencer si ritrova infatti all’interno dell’avatar del Dr. Bravestone, interpretato dal mitico The Rock. Pensate voi di essere un quindicenne di un metro e sessanta che pesa 50 chilogrammi con lo zaino pieno e tutto bagnato… e magicamente scoprirvi alti quasi due metri per 100 e più chili di muscoli, sicuramente non è la cosa più normale del mondo. La sensazione di confusione e spaesatezza che Dwayne Johnson e tutti i suoi colleghi protagonisti sono riusciti a trasmettere agli spettatori è stata veramente forte, permettendoci di ammirare l’esperienza di un cast che ormai è più a casa sul set di un film che nel proprio letto. Da questo momento in poi, il film invece ci mostrerà come Jumanji sia stato trasformato e modernizzato: ci troviamo all’interno di un videogioco e non di un gioco da tavolo, e questa è la prima differenza; ma il tocco sopraffino è stata la scelta di voler creare un vero e proprio gioco di ruolo, dove ogni personaggio possiede delle abilità e occupa una determinata classe del team. Il Dr. Bravestone è il combattente per eccellenza, con ottime capacità fisiche, lo zoologo Finbar trasporta gli oggetti della squadra nel suo zaino e fornisce informazioni su ogni tipo di animale la squadra si trovi difronte, il Prof. Oberon è in grado di leggere le mappe e quindi a lui spetta guidare i compagni, mentre Ruby Roundhouse è l’assassina, esperta di karate ed aikido, in grado di affrontare più nemici contemporaneamente.
Altra grande differenza dal titolo originale è lo svolgimento del gioco: Jumanji non modifica il mondo attorno ai protagonisti, ma sono loro a doverlo esplorare, con il compito di riportare un’antica pietra alla sua locuzione originaria per poter completare il gioco e tornare nel loro mondo. Esso si svolgerà per livelli, tra cliché cari al mondo dei vecchi videogiocatori e scene comiche, con qualche colpo di scena, ma senza intaccare la fluidità e la scorrevolezza della trama. Il risultato è sicuramente un family film semplice da seguire e che offre contenuti adatti a tutti, che sapranno appassionare le nuove generazioni e far rivivere più di qualche emozione ai “vecchietti” che sono cresciuti con la versione precedente del film. Appartenendo però a questa seconda categoria, sono costretto a segnalare alcuni elementi che leggermente mi hanno deluso. Il nuovo Jumanji è sicuramente molto bello ed in linea con i tempi odierni, ma purtroppo elimina totalmente alcune caratteristiche che il precedente film aveva: l’atmosfera qui è divertente e rilassata, al contrario dell’ansia e del timore che il gioco da tavolo creava; quell’aspetto quasi thriller del film è andato completamente perso, nonostante esso abbia contribuito, anche se non direttamente, a rendere il precedente titolo indimenticabile, poiché non era il solito film per bambini tutto allegro e sorridente. Esso ha infatti introdotto molti giovanotti a questo genere di filmografia, ed è un peccato che non sia stato ricreato anche qui, nonostante si parli più volte di come morendo nel videogioco si muoia anche nella realtà.
La regia del film è impeccabile, dinamica ed adatta al titolo; gli attori sono formidabili, le battute divertenti, Karen Gillan è bellissima… ma non sono pienamente soddisfatto. Il film lascia un senso di vuoto (giustamente) a chi si aspettava un remake del vecchio Jumanji, triste ma bisogna dirlo. Sarà che le nuove generazioni di oggi crescono con differenti idoli ed ambizioni, sarà che la società e la visione dell’infanzia è cambiata, ma la differenza tra i due titoli è più che palpabile. Sicuramente il film va visto, ma non aspettatevi il livello del capolavoro originale, nonostante il film sia impeccabile sia dal punto di vista della realizzazione che della recitazione. Soprattutto, non aspettatevi un remake: la scena iniziale (che non vi rovineremo) metterà in chiaro, una volta per tutte, le basi di questo film; un sequel a tutti gli effetti, con chiari collegamenti al precedente film del 1995, che si adatta ad una nuova generazione, lasciando indietro ciò che (per i creatori) è divenuto obsoleto. La mia anima antica è triste, ma i miei occhi si sono divertiti per le quasi due ore di sano divertimento a schermo, con un piccolo omaggio alla popolazione di videogiocatori mondiale.