Indika – Recensione, una suora e il suo demone interiore

Abbiamo provato per voi Indika, che ci narra le vicende di una suora alle prese con un insolito compagno di viaggio e di vita, ossia il Diavolo.

Gloria Annis
Di Gloria Annis - Contributor Recensioni Lettura da 8 minuti
8
Indika

Indika, seconda produzione videoludica della casa di sviluppo indipendente Odd Meter e pubblicato da 11 Bit Studios, non è un gioco come gli altri. si tratta di un’avventura narrativa in terza persona, ma con forti componenti horror e psicologiche, e verrà ufficialmente rilasciato il 2 Maggio, per PC (Steam), PS5 e Xbox Series X/S. Preparatevi, perché davvero i videogiocatori non potranno rimanere impassibili davanti alla sua unicità.

Un insolito viaggio spirituale

Ambientato in una Russia alternativa del 1800, è un gioco che sa far riflettere su temi profondamente personali, facendo calare perfettamente il giocatore nelle vesti della piccola suora Indika. Costretta dall’età di 15 anni a vestire la tonaca nera e a rinchiudersi nel Monastero di Belodovsky, Indika sente le voci… anzi, UNA voce, che le sussurra nell’orecchio costantemente e sembra conoscere ogni suo singolo segreto o pensiero più recondito: il Diavolo in persona.

Egli è anche il narratore ufficiale del gioco, che la accompagna da quando Indika ne ha memoria. Parla costantemente, e la mette di fronte alla dura verità che lei stessa non riesce ad ammettere: lei non si sente realmente di appartenere a quella realtà così religiosa e reclusa, e le altre consorelle a fatica sopportano la sua presenza, forse perché proprio così differente da loro.

Le altre suore infatti non nascondono la loro avversione nei confronti di Indika, tanto che la costringono a fare lavori massacranti e superflui, per il puro gusto di vederla affaticarsi e prodigarsi inutilmente. Da un anno e più Indika cerca la “benedizione” e il permesso per poter finalmente mettere il naso fuori dal Convento, “benedizione” che puntualmente le viene negata.

Un giorno, in seguito ad una visione provocata dal Diavolo durante un sacramento, la suora viene allontanata in malo modo, con la scusa di dover consegnare una lettera a Padre Herman del Monastero di Danilov. Indika comincia così il suo viaggio.

Tra visioni e realtà

Durante la sua missione per consegnare la lettera, Indika si scontra con la dura realtà fuori dalle mura del Convento: le persone soffrono, muoiono continuamente, sono ricolme di odio e non si fidano del prossimo. In questo marasma di rabbia e ostilità del mondo esterno incontra Ilya, un ufficiale russo di Spasov.

È proprio grazie alla compagnia di Ilya e al continuo scambio di riflessioni su “anima, Dio, coscienza e concetto di peccato” , che Indika comincia a mettere in discussione sé stessa e il fiume di eventi incontrollabili che l’hanno portata alla vita triste e desolata a cui si è dovuta abituare.

Ogniqualvolta il flusso di coscienza di Indika diventa insostenibile, alimentato dai dubbi che il Diavolo stesso instilla in lei, il mondo si spacca, letteralmente, in due: un’intensa luce rossa avvolge la suora e l’ambiente, e solo la preghiera può richiudere la frattura formatasi.

La spaccatura simboleggia quasi il suo tormento interiore e la sua divisione tra la vita religiosa che è stata scelta per lei, e quella che invece vorrebbe fare. Tutto ciò non è altro che un espediente per risolvere enigmi ambientali non di difficile risoluzione: questi sono risolvibili alternando i due momenti, ossia il dubbio e la voce del Diavolo che la sbeffeggia (luce rossa) alla preghiera (normalità).

Il gioco di per sé tende ad avere tinte molto scure e cupe degli ambienti, sia interni che esterni, questi ultimi principalmente rappresentati dai desolati scorci innevati della fredda Russia, e sterili e asettici scenari in fabbriche e contesti industriali.

Via via che si percorrono i livelli, le proporzioni degli oggetti e degli ambienti vengono meno, facendo risultare Indika all’occhio del giocatore molto più piccola rispetto a ciò che la circonda. In alcune situazioni non è semplicemente una questione di prospettiva: la suora si trova di fronte a oggetti di dimensioni anormali, e il gioco assume un aspetto quasi fiabesco, come un richiamo al viaggio che Alice compie nel Paese delle Meraviglie.

Gli unici colori presenti, oltre all’intensa luce rossa che rappresenta l’incertezza e i timori di Indika, son rappresentati da brevi deja- vù narrati in sequenze di gioco in pixel art.

Si può quindi giocare una sezione più arcade e conoscere al contempo il passato della protagonista, che ricorda con nostalgia: il padre che costruiva biciclette a vapore a Gorodishi, il suo primo amore, e la libertà che aveva, e che ora ha perso.

Sono rappresentati sempre in pixel art anche dei punti che, una volta guadagnati, sono spendibili in abilità, in una sorta di albero di potenziamenti. Questi punti, sotto forma di gemme dorate, vengono acquisiti risolvendo piccoli enigmi, completando missioni e trovando oggetti sacri collezionabili.

Don’t waste time collecting points, they’re pointless.

Come dice il gioco però, meglio non perdere tempo a collezionare punti da spendere in abilità, perché in realtà son inutili: una metafora di come lei si sia sempre prodigata e impegnata per accontentare tutti e essere una buona cristiana, e come poi alla fine fosse comunque tutto vano e l’abbia portata ad essere una giovane donna triste e insoddisfatta.

Anche la colonna sonora richiama i giochi retrò in pixel art: disturbante e caotica, quasi un riflesso di ciò che passa per la mente di Indika, è in 16 bit con un bel ritmo incalzante, quasi fuori contesto.

Dal punto di vista tecnico, il gioco è stabile a 60 fps anche in alta qualità, potendo così apprezzarne al meglio i dettagli grafici dei personaggi e degli ambienti di gioco. Sottolineiamo inoltre che dal punto di vista dei controlli di gioco, non c’è nulla di troppo particolare, dato che oltre ad usare il mouse, i comandi della tastiera sono pochi e semplici da imparare. Questo lo rende un gioco anche molto basilare ed accessibile a tutti i tipi di giocatori.

Alla fine il viaggio di Indika è un vortice di emozioni: rabbia, dolore, felicità, nostalgia, il tutto condito dalla voce narrante del Diavolo che sembra quasi voler aiutare la giovane suora a riconquistare la giovinezza e il futuro che credeva aver perso una volta entrata al Convento. Questo mix di sentimenti contrastanti che travolge il giocatore dà la possibilità di mettere in discussione ciò che il giocatore stesso, non solo Indika, trova giusto, e ciò che è sbagliato, percorrendo un viaggio verso la redenzione, ma anche verso l’accettazione di sé, con i propri limiti e virtù. Ma quindi, chi è il vero cattivo?

Indika
8
Voto 8
Condividi l'articolo
Contributor
Segui:
Amante di videogiochi, serie tv, film, fumetti e libri, in particolare del genere horror, sin dalla tenera età. Amo condividere le mie passioni sui social e scambiare pareri e consigli sul mondo nerd.