Sembra che i ragazzi perduti l’abbiano trovata una casa: se infatti i Guerrilla Games, sviluppatori dietro alla famosa saga di Killzone che prima però pubblicavano il gioco sotto il nome di Lost Boys Games, sanno fare una cosa, è reinventarsi. Dopo aver avuto all’attivo un iconico FPS esclusiva Sony, 4 anni di pausa hanno permesso a questi ragazzi di sfornare Horizon Zero Dawn, uno dei capisaldi di PlayStation 4. A distanza di 5 anni, ora è il turno di Horizon Forbidden West, capitolo cross-gen in arrivo su entrambe le console Sony e che andremo ad analizzare in questa recensione.
Non possiamo di certo dire che Aloy e compagni siano invece accettati nella loro casa: dopo gli avvenimenti del primo gioco, i problemi sono molteplici. Sconfitto ADE, le macchine sono ancora fuori controllo e la Terra sta morendo, colpita da una grave piaga. La soluzione sembra celarsi nell’Ovest Proibito, zona sotto il controllo dei Tenakth e che nasconde una serie di misteri molto interessanti. Come può però il viaggio di una persona salvare l’intero pianeta Terra?
Il filo narrativo
Teso come quello dell’arco di Aloy, il filo narrativo di Horizon riparte esattamente 6 mesi dopo gli avvenimenti del primo capitolo: Aloy è ancora alle prese con la sua crociata per salvare il mondo, anche se esso continua a ruotare e con questo le cose proseguono. Gli amici e i compagni incontrati in Zero Dawn sono ancora li, pronti ad aiutare una restia Aloy che sente il peso della Terra sulle spalle. Nel corso del gioco la trama ricalca quanto di buono fatto nel primo gioco, proponendo una storia intrigante, piena di colpi di scena e, stavolta, ancora più avanzata (merito del non essere il primo capitolo di un gioco).
In termini pratici la storia principale mantiene le qualità – nel bene e nel male – che aveva mostrato in Horizon Zero Dawn: forse i Guerrilla Games hanno provato a rivoluzionare qualcosa, ma quello che ne è uscito fuori è stato una sorta di tentativo maldestro di aggiornare. Prendiamo per esempio le scelte nei dialoghi: come in passato, sono state reinserite anche in Forbidden West, ma il peso che hanno e la quantità messa in game è così di poco peso, tanto che rimuoverle non avrebbe comportato alcun danno.
In realtà è probabile che il tutto sia dovuto alla potenza della trama principale: la storia, come dimostra il successo di Zero Dawn, ha davvero conquistato il cuore dei videogiocatori, e alcune volte è meglio fare bene ciò che si ha, piuttosto di omologare il resto del titolo. Questo si nota anche per quanto concerne le missioni secondarie, che vanno ad inserirsi all’interno di una sorta di divisione a macro-quest (come vista in The Witcher), ma che alla fine non comportano grandi cambiamenti e rimangono un semplice strumento di sviluppo del personaggio – oltre che di scoperta di sottotrame. Al contrario, queste ultime di per sé sono gradevoli, e la cura nel crearle è stata molta, rendendole decisamente di qualità. Va considerata anche l’accuratezza usata per gestire i contenuti “collaterali”, interessanti per chi vuole scoprire altro ma non vitali per il proseguo della trama.
Il giusto arco
Abbiamo provato (per la recensione) Horizon Forbidden West testando ogni singola parte di gameplay, cercando di capire la differenza tra i vari stili di gioco applicabili. Durante la vostra avventura, infatti, potrete scegliere se basarvi sullo stealth puro, o magari ingaggiare i nemici faccia a faccia. In entrambi i casi, potrete porvi davanti (o dietro) loro con arco e frecce, o magari sfruttando trappole di vario genere, o persino optando per il corpo a corpo, sfruttando la verticalità della mappa di gioco (grazie anche al rampino, nuova aggiunta di questo capitolo).
Per quanto riguarda la quantità di armi e armature, tutto è aumentato: la possibilità di optare per nuove armi, unito alla cura fatta per predisporre varie tipologie di gameplay, permetterà di adattare il vostro stile in base alle armi scelte, sempre inserite nella comoda ruota di scelta. Ciò che Guerrilla ha fatto nella trama, lo ha replicato anche nel gameplay ampliando quanto di buono era stato fatto in precedenza.
Questo significa quindi avere un gameplay più vasto, che si rispecchia anche nella mappa di gioco: ci sono infatti più missioni secondarie, più collezionabili, più dettagli da scoprire e, di conseguenza, più oggetti da sbloccare. Se quindi avete amato l’open world di Horizon Zero Dawn, con Forbidden West ne avrete ancora, e di più. Come già detto, purtroppo le trame secondarie salvo rari casi non brillano più di tanto, ma si lasciano giocare gradevolmente e non cadono nel tranello delle fetch quest, proponendo anzi divertenti interazioni, soprattutto con l’ambiente.
Ad ampliare ulteriormente il gioco – facendolo pendere più verso l’RPG che il semplice action – sono le abilità (da sbloccare e da scegliere) e le statistiche in gioco, che daranno più “tattica” agli scontri. Gli alberi delle abilità sono una delle novità più interessanti, e la scelta del potenziare le skill attivabili manualmente permette di avere ulteriori attacchi da poter sfoderare nel momento giusto. Il tutto ovviamente è condito da una verticalità maggiore, che nel corso del gioco si farà scoprire sempre di più offrendo al giocatore una serie di approcci per nulla scontati. La vera gestione delle situazioni rimane però in mano ad armi e armature: vitale infatti lo scegliere il giusto equipaggiamento per il giusto scontro, ognuno dotato di pro e contro che verranno sicuramente presi in considerazione con l’avanzare dell’avventura da parte del giocatore.
Una qualità eccelsa
Horizon Forbidden West, tecnicamente, è un prodotto eccellente. La cura del mondo di gioco, i dettagli che potrete vedere viaggiando nell’Ovest Proibito e (soprattutto) i volti hanno una qualità immensa. Alcuni scatti potrebbero perfino farvi accapponare la pelle dal livello di dettagli (e contate che Horizon Forbidden West durante la recensione è stato provato prettamente nella modalità prestazioni). Anche il lavoro fatto per quanto riguarda la mimica facciale è di altissimo livello, lo noterete fin da subito con i protagonisti principali (un po’ meno con quelli secondari, ma è normale).
Altro pregio del gioco è il modo in cui la qualità visiva viene mostrata a schermo: ogni colore e ogni dettaglio va a migliorare quanto di già ben fatto in Zero Dawn, grazie anche alla potenza che PlayStation 5 riesce ad erogare. Parlando della differenza del gioco tra le due piattaforme, in termini pratici PS5 permette caricamenti più veloci, un’esperienza migliorata grazie al DualSense e al feedback aptico (uno dei migliori mai visti sulla console di Sony), e un sistema di luci maggiormente curato. Tolto questo, il gioco gira bene anche su PlayStation 4, ma ovviamente la qualità con la Q maiuscola si può vedere solo su PlayStation 5.
Il doppiaggio del gioco è di alta qualità, e i dialoghi riescono a esprimere la profondità della sceneggiatura del titolo. Ogni parola viene detta nel modo giusto, e durante le fasi concitate non abbiamo visto la presenza di problemi tecnici capaci di minare il pathos espresso dagli attori (e dai doppiatori).