Durante il Lucca Comics & Games 2025 abbiamo avuto modo di intervistare Chiara Zuliani, che ci ha gentilmente dedicato il suo tempo. Tra le prime grandi esperienze professionali, le sfide di produzione condivisa e il desiderio di tornare su progetti messi in pausa, Chiara ripercorre con noi il suo percorso tra il suo fumetto “Anima”, il lavoro di squadra, e le ambizioni per il futuro.
Da Anima al lavoro di squadra
D: Partiamo dall’inizio: qual è il progetto che, a livello di lavorazione, senti ancora “nell’anima”?
Chiara: Sicuramente Anima. È stata la mia prima pubblicazione grossa e, per questo, ha un peso particolare. In quel caso mi occupavo “solo” del disegno: tutta la parte personale, emotiva, c’era comunque, ma il fulcro era il lavoro grafico, il design, la resa visiva. Con il tempo, però, si è aggiunto un altro aspetto: imparare a lavorare con altre persone, a incastrare le mie idee con quelle degli altri. Questo ha cambiato molto il modo in cui vivo i progetti.
Produzione, confronti e cambiamenti in corsa
D: Rispetto agli inizi, cosa è cambiato nel modo di lavorare? Sia sul piano produttivo, sia nel rapporto con le persone che ti ispirano o con cui collabori?
Chiara: È cambiato tanto, soprattutto sul fronte della produzione. All’inizio alcuni progetti dovevano essere solo “tra noi due”: dopo aver pubblicato i tre volumi italiani, avevo chiesto a una persona di fiducia di lavorare insieme perché in quel periodo facevo fatica a scrivere. Le ho detto: “Se hai qualcosa di tuo, facciamo qualcosa insieme”. Il progetto, all’inizio, era importante soprattutto tra noi due… poi è arrivato qualcun altro, che è stato probabilmente il cambiamento più grande del nostro percorso. A livello di lavorazione pura, ci sono stati momenti fondamentali: credo si veda già sfogliando il primo volume, dall’inizio alla fine. Venivo da un’altra opera, con uno stile diverso, e ho dovuto riadattarmi a un segno meno realistico. È stata dura, ma si è rivelata una fatica utile.
Gestire un progetto da centinaia di pagine
D: Quale aspetto del tuo lavoro ti ha permesso di esprimerti di più, e quale invece ti ha messo maggiormente alla prova?
Chiara: Penso di avere già risposto in parte: la prova più dura è stata proprio “tornare indietro” per riprendere in mano qualcosa di grosso e rimetterlo in carreggiata. A livello autoriale è stato complicato capire qual era il mio posto nel progetto rispetto agli altri, perché ero lì? Cosa portavo davvero? La sfida è stata accettare che il mio contributo fosse utile e, allo stesso tempo, lasciare spazio agli altri. Anche a livello pratico, gestire un progetto così grande è impegnativo: il primo volume credo sia intorno alle 160 pagine, il secondo ne ha una decina in più, con il terzo si arriva quasi al “mattone”. È proprio la gestione di lavori di queste dimensioni che ti mette alla prova. Cinque anni fa non avrei mai immaginato di riuscire a reggere una lavorazione del genere. Adesso posso dire che sì, è stata dura, ma formativa. Confermo: la difficoltà più grande è stata gestire il lavoro e tutte le conseguenze che si porta dietro, compresi i cambiamenti rispetto all’idea iniziale.
Guardare al futuro: tornare a scuola, ad Anima e a Residence
D: Dopo questo “battesimo del fuoco”, verso che tipo di sfida vorresti andare, sul piano lavorativo e personale?
Chiara: Mi piacerebbe riuscire a tornare su Anima e su Residence. Purtroppo sono progetti che, per vari motivi, hanno spaventato molti e sono rimasti sospesi. Io, invece, vorrei davvero tornarci: rimetterci mano con più esperienza, con una testa diversa. Per me sarebbe il passo successivo naturale: prendere un lavoro complesso, rimetterlo sul tavolo e dimostrare a me stessa che posso portarlo dove non ero riuscita ad arrivare prima.
