Torniamo anche questa settimana carichi come non mai con un nuovo numero, di preciso l’ottavo, della nostra consueta rubrica GameScope, dedicata a titoli molto validi che però non hanno avuto molta fortuna a livello di fama o vendite. Quello che analizziamo oggi è a mio parere uno dei titoli più controversi che abbiano caratterizzato la scorsa generazione: NeverDead.
Come affrontare tale argomento? Beh iniziamo dicendo che Konami, da ottimo colosso di mercato quale è ci propinò, per mesi e mesi, degli accattivanti video in computer grafica e succulenti anteprime sul nuovo titolo che sarebbe arrivato in commercio con grande stile. Inutile dire che su di me hanno funzionato, come hanno funzionato anche i video di Gameplay, che giudicavo frenetici ed all’altezza dei migliori titoli in terza persona. Purtroppo però, vuoi per l’intrigo dato da tutti questi fattori, vuoi per la voglia di giocare qualcosa di nuovo, mi sono fatto un po’ ingannare. Procediamo però con ordine.
In NeverDead saremo al comando di Bryce, caccia-demoni che fu maledetto secoli prima da quello che nel gioco diventerà poi il nostro principale avversario! Lo svolgimento della trama, che eviteremo di descrivere nel dettaglio qualora vorreste recuperare il titolo, non è affatto male, condito da flashback suggestivi e una inaspettata cura nell’introspezione del nostro tamarro protagonista. Quello che purtroppo non ha funzionato per la maggiore in NeverDead, è legato ad alcuni difetti di ciò che era concepito come il fulcro e punto di forza del gioco: il Gameplay! Esatto, perché in NeverDead il protagonista non può morire. Anche se con meccaniche interessanti sparse qua e là, l’immortalità comporta che Bryce verrà più e più volte smembrato durante i combattimenti. Questa meccanica risulta essere molto divertente dopo le prime battute, ma potenzialmente frustrante dopo qualche ora… anche perché dovremo in qualche modo ricomporlo recuperando le parti sparse per la mappa.
Durante gli scontri Bryce avrà a disposizione armi da fuoco più o meno potenti… che in ogni caso si riveleranno poco più che inutili: nonostante gli sforzi per potenziarne danno e rapidità di fuoco, resteranno sempre armi di secondo piano rispetto all’enorme Katana che il nostro non morto ha in dotazione. Ennesimo problemino del Gameplay che un pochino avrà fatto storcere il naso ai più esigenti, è il fatto che quest’ultima arma si manovra con lo stick analogico destro, che di certo non si prospetta come il massimo delle comodità; inoltre questa sembra essere animata da intenzioni proprie per colpire poi a caso i nemici. Come fare “Game Over” allora? uno dei modi è la morte della nostra sempre sciocca co-protagonista (la cui abilità più grande è quella di mostrarci la sua minigonna ndr). Non tutti i campi di giudizio però hanno ricevuto una cura “alla buona”: per l’epoca infatti, la grafica era stata magnificamente realizzata, se calcoliamo che gli action/shooter in terza persona di questo tipo non hanno mai ricevuto una cura eccessiva.
Soprassedendo a tali leggerezze di produzione, ci accorgiamo che il gioco ha una bellissima trama, ben sviluppata e cadenzata. Oltre ciò possiamo lodarne la definizione grafica e il modo in cui potremmo risolvere gli enigmi facendo a pezzi Bryce, ed infine il gameplay che per quanto possa risultare frustrante e macchinoso in alcuni frangenti, riesca a presentarsi in grande stile. Se volete recuperare il titolo, basterà cercare nei reparti Xbox 360 e PlayStation 3 dei maggiori rivenditori del settore, ad un prezzo che al giorno d’oggi sarà totalmente accessibile.