Quante volte da bambini avete immaginato un qualche supereroe passare davanti al vostro finestrino mentre eravate sui sedili posteriori in auto, oppure vedere un qualche armadio aprirsi pronto a portarvi in un mondo magico dove orsi parlano e un castello ospita una scuola di magia rinomata? Ci siamo lanciati dentro al mondo di Forspoken, un po’ come si fa quando l’avventura chiama e siete sul vostro divano; o magari siete una ragazza di New York senza nessuno e con un animo decisamente agli antipodi del classico stilema dell’eroe, come Frey. Raccolta la chiamata, nonostante le paure che circolano in rete riguardo ai requisiti PC del gioco e ai dubbi sollevati dopo aver provato la demo, ci siamo lanciati a combattere questo drago chiamato recensione, così da poter capire se Forspoken può essere l’avventura che stavate cercando. Ma fate attenzione: sebbene nella fantasia spesso la distinzione tra bene e male è chiara, nella realtà ci sono sempre sfumature, e Forspoken non è escluso.
Un portale verso il fantastico
L’avventura di Forspoken ci mette nei panni di Frey Holland, ragazza cresciuta di famiglia adottiva in famiglia adottiva – vista la completa assenza dei genitori e il ritrovamento in fasce dentro ad un tunnel – che da sempre si è arrangiata per sopravvivere. Sebbene l’incipit potrebbe risultare fine a sé stesso, proprio le sue origini (e la sua provenienza da Hell’s Kitchen, un quartiere di New York) diventeranno fondamentali per la caratterizzazione del personaggio.
La ragazza infatti, trovato uno strano bracciale, si ritroverà in un mondo dove i grattacieli e le luci di Manhattan sono sostituite da rovine antiche e creature corrotte, stessa corruzione che sembra non toccare lei e che metterà in moto una serie di cambiamenti che influenzeranno il futuro della giovane.
Non è strano trovare un intreccio narrativo di questo genere: le basi si poggiano sul classico romanzo young adults (e su produzioni viste anche in altri media): giovane senza posto nel mondo che, trasportata in un altrove fantastico, cerca di trovare la sua strada e capire il suo obiettivo nella vita. Di viaggi di questo genere ne abbiamo visti tanti: basta pensare a Le Cronache di Narnia, se vogliamo un fantasy più classico, o qualcosa di più urban come Shadowhunters. Nel corso degli ultimi anni poi questo genere di narrativa ha iniziato a prendere sempre più piede: la mole di romanzi – spesso vere e proprie serie – è aumentata esponenzialmente.
Tuttavia non basta l’incipit funzionante per una trama come si deve, e Forspoken ne è la prova inconfutabile: sebbene le basi ci siano – minate da una seria problematica dovuta alle missioni secondarie e ad un sistema di dialogo decisamente tedioso – alcuni sviluppi sembrano un po’ troppo veloci (considerando che parliamo di un open world dalla durata modesta) e anche se dei colpi di scena ben strutturati riescono un po’ a smuovere il tutto, manca quel mordente che porta avanti lo scorrere della narrazione in modo fluido e interessante.
Tutt’altra storia invece quella legata al contrasto tra mondo fantasy e mondo newyorkese: la ragazza protagonista di Forspoken viene da Manhattan, e si sente: il fatto che non sia presente un doppiaggio italiano permette di godersi appieno l’interpretazione di Ella Balinska come Frey, con tutti i suoi modi di dire e con la sua parlata piena di parolacce di ogni tipo. Proprio il contrasto tra questo suo parlare e il clima più “high fantasy” in termini di lessico del mondo di Athia creerà interessanti siparietti, soprattutto con i personaggi secondari e con Cuff, questo strano bracciale parlante che accompagnerà Frey.
Per il resto l’ambientazione creata dal team di sviluppo regge – anche se avrebbe lasciato margine a possibilità davvero vaste, ridotte per qualche motivo – e la costituzione del mondo segue anch’essa gli stilemi dei romanzi a cui si ispira: Athia era un mondo prospero prima dell’arrivo della Rovina, un qualche anatema che corrompe chiunque. Prima di allora, questa terra era divisa in quattro regioni (Junoon, Praenost, Avoalet e Visoria), ognuna controllata da una Tantha, maghe dalla potenza senza precedenti che elargivano benedizioni e aiuti a tutta la popolazione.
Un calderone di magia
Se la trama poteva decisamente fare di più, il gameplay è qualcosa di molto interessante: il sistema di gioco permette a Frey di utilizzare delle magie molto potenti, tutte da gestire con attacchi diretti e mosse da supporto: i primi, pensati per fare danno ai nemici, vi permetteranno di farne fuori quanti più possibile, mentre i secondi, da sfruttare in momenti opportuni, vi permetteranno di riprendervi, bloccare eventuali nemici o persino muoverli per la mappa. Nel corso del gioco la protagonista potrà sbloccare nuovi rami di magie, e potenziando le giuste abilità sarà possibile creare un sistema di combattimento sempre più efficace, che sul lungo periodo vi farà divertire davvero molto.
Peccato che per arrivarci dovrete pedalare molto: si tratta di un modo per accompagnare il giocatore alla scoperta della potenza di Frey – cosa che nella demo non aveva di certo giovato considerato che già due rami di magie erano disponibili, senza troppe spiegazioni – che solo dopo qualche ora di gioco vi permetterà di variare quanto serve. Perché in fondo il poter cambiare la tipologia di magia (cosa che potreste fare anche tramite alcune mosse che, appunto, daranno benefici maggiori se messe in concatenazione) è ciò che rende il combat system di Forspoken qualcosa di unico.
Parlando del sistema di gioco, Frey avrà modo di mirare quasi in automatico, con un sistema di target simile ai soulslike che vi permetterà di bersagliare eventuali nemici singoli ma che in gruppi folti non servirà nemmeno tanto. A rendere il tutto più dinamico ci pensa poi il parkour magico, mossa che vi permetterà di consumare dell’energia per correre tra le rovine di Athia e che, in combattimento, vi darà possibilità di schivare in modo scenografico i colpi nemici (magari rispondendo anche ad alcuni).
Parlando invece dell’open world, il gioco soffre un paio di criticità: in primis, le missioni secondarie sono davvero anacronistiche, con cose da fare capaci di spezzare (in negativo) il ritmo di gioco e dialoghi con gli NPC lenti (che se proverete a saltare creerà anche un risultato artefatto con audio spezzettato e video a schermo a scaglioni), mentre in secondo luogo la varietà del mondo proposto. Non si tratta di un problema estetico (anche se proporre come prima zona Junoon e le sue rovine dalla colorazione beige, condite da chilometri di nebbia non aiuta (vi basterà arrivare nella seconda zona per vedere qualcosa di diverso e molto più gradevole a colpo d’occhio), ma quanto di cosa contiene. Se infatti monumenti e forzieri vi permetteranno di potenziare Frey (con delle sorgenti di Mana da spendere per acquisire abilità che potrete trovare praticamente ovunque), il gioco alla fine propone soltanto qualche variazione sul tema, a partire da mostri mutanti estremamente forti fino ad arrivare a dei dungeon lineari che vi faranno scontrare con dei nemici di vario tipo.
Per carità, non stiamo dicendo che non è divertente andare in giro per Athia con il parkour magico, saltando da zona a zona, combattendo nemici e sbloccando potenziamenti per Frey, ma di sicuro ci aspettavamo qualcosa di più da Forspoken. A prescindere, il livello di difficoltà si sente nel corso dell’avventura, al punto che sicuramente diventa necessario sbloccare nuove magie, oltre che potenziare l’equipaggiamento della protagonista composto dal mantello, dalla collana e dalle unghie (che Frey potrà dipingere con dei motivi per avere dei potenziamenti). Un tavolo da crafting vi permetterà anche di migliorare statistiche e bonus dei primi due equipaggiamenti, oltre che creare i consumabili con le risorse trovare in giro.
Dal punto di vista tecnico, purtroppo il gioco pecca di qualità: anche nelle versioni Ray-Tracing e Modalità Qualità (che predilige la qualità mantenendo un frame rate stabile), alcune cose come i fondali e i volti – specialmente le espressioni facciali nei dialoghi – non funzionano più di tanto. Il gioco rende il massimo però in modalità Prestazioni, grazie ai 60 FPS stabili (che possono anche essere impostati variabili fino a 120Hz).
La salvezza di Athia
Forspoken è un insieme di buoni propositi: il combat system è divertentissimo, e migliora avanzando nel gioco, e la storia del gioco si espande di fase in fase proponendo spunti interessanti. Purtroppo dall’altra parte invece tutto il castello crolla sotto ad un open world non troppo definito e ad una longevità decisamente breve per un titolo simile (anche se l’endgame permette di aggiungere qualche ora). Tutto questo è un peccato, perché la trama racconta un personaggio ricco di sfaccettature, non il classico eroe senza macchia ma più una malcapitata lanciata dentro ad un susseguirsi di eventi molto più grandi; l’insieme del tutto però rende Forspoken un gioco sicuramente da provare, da sperimentare con mano se non altro per quel combat system così unico e adrenalinico.
Non siamo davanti ad un’occasione sprecata, se consideriamo i canoni di questo filone narrativo, perché alla fine Forspoken parla di redenzione, di fare qualcosa di giusto e utile nella vita, ma anche di capire che in fondo c’è sempre una luce alla fine del tunnel. Forse il messaggio viene veicolato in modo un po’ sottile, ma se c’è una cosa che potrebbe certamente funzionare è proprio il collegamento empatico con Frey, una ragazza qualunque di una città chiassosa come New York, che parla in slang newyorkese e che intercala ogni 3 parole con una parolaccia. Perché in fondo ad Athia (e non solo) non serve un cavaliere senza macchia, ma più una persona piena di difetti, che sa cosa è giusto e cosa è sbagliato, soprattutto perché lo sbagliato l’ha visto da vicino.