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Elden Ring: datemi la modalità facile perché non ho più tempo

Sono perfettamente consapevole di come sia stato concepito Elden Ring, della filosofia di FromSoftware e dei concetti che Miyazaki e i suoi hanno portato avanti nel corso degli anni. Sono anche conscio che se ai titoli concepiti come Souls (intesa come la tipologia di giochi in generale) togli la difficoltà, li ammazzi, dato che l’esperienza non è stata progettata in partenza per essere “più facile”. So che la sfida ed il senso di appagamento che segue il suo superamento sono parte fondamentale del game design, e che nella maggior parte dei casi i vari team inseriscono degli escamotage per permettere al giocatore di “abbassare” la difficoltà, ed il neo uscito Elden Ring è la dimostrazione lampante. Infatti, se un utente realmente vuole, può aiutarsi tramite oggetti specifici, evocazioni e livellamento. Sfruttare questi trucchetti (se così vogliamo definirli) richiede tempo, dato che non sono cose tanto celeri da effettuare, e nemmeno qualcosa che guidi il giocatore.

Detto questo, l’incipit del mio pensiero è proprio questo, sebbene sia perfettamente consapevole di cosa sia un Souls ed abbia giocato a tutti quelli From, sono arrivato ad Elden Ring solo per rendermi conto di essere stato escluso. Mi spiego meglio, anche io ero uno di quelli che diceva fiero “no la difficoltà non si tocca!”, in più aggiungete che essendo capace di arrivare fino alla fine delle avventure mi faceva sentire anche parte di un élite di utenti quasi speciali, cosa che un po’ egoisticamente mi dava un grande senso di appagamento, proprio dal punto di vista di “essere un giocatore”.

Ecco poi però che comincio a crescere, gli anni passano e io mi trovo a non avere letteralmente tempo per impegnarmi così tanto tempo in un singolo titolo. Diventa praticamente impossibile godersi con la giusta calma qualunque gioco che davvero interessi, basta sessioni di gioco prolungate, basta serate online con gli amici e tutte le altre “distrazioni” che potevo permettermi, magari ai tempi del liceo. Dunque, quando arriva quel gioco a cui tengo davvero, ad un certo punto mi ritrovo puntualmente a dover rushare per portarlo a termine, anche – e perché no? – utilizzando la modalità facile.

Elden Ring sekiro

Arriviamo dunque all’uscita di Elden Ring titolo che, come potete leggere anche voi nella nostra recensione, è qualcosa di davvero maestoso. Ricco, denso di contenuti, uno spettacolo a livello artistico… e io?

Il titolo From richiede un forte impegno e questa è una cosa oggettiva, sia se volessi affrontare tutti i boss a testa bassa, sia se livellassi o buildassi al massimo per rendere le cose più “facili”. Eccoci dunque al fulcro di tutto: quanto mi avrebbe fatto comodo una modalità facile? Avrei potuto comunque scoprire di mio pugno la lore del titolo, sviscerare piano piano il mondo di gioco e godermi l’esplorazione senza troppi problemi. Sono consapevole che questa dichiarazione farà storcere il naso a molti, ma provate un momento a mettervi nei miei panni: io sono sempre stato un giocatore dei Souls, ho sempre stimato e appoggiato la loro filosofia nel fare i giochi, e poi? Sul più bello mi rendo conto che forse che forse il mio tempo è in un certo senso scaduto, e penso che forse quel qualcuno che all’epoca, prima di me, chiedeva la modalità facile, non lo faceva magari soltanto perché si era deboli nell’apprendere certe meccaniche.

Elden Ring è indubbiamente stato progettato per essere un colossal, e mi sorge sul viso un sorriso amaro quando penso che, all’effettivo, non ho più tutto questo tempo per potermi dedicare ad un’esperienza così tanto impegnativa.

Purtroppo allo stato attuale c’è una frangia di videogiocatori che vede nero quando si prova a far notare certe cose, perché fare un’affermazione così equivale in un certo senso scavarsi la fossa da soli, anche perché ormai il pensiero più accomunato sembra essere: “più è difficile e più è da veri videogiocatori”. Questa affermazione secondo me è sbagliata, perché a conti fatti non esiste un videogiocatore di serie A o di serie B. Inserire la modalità facile non è solo per le persone deboli, per quelli che hanno difficoltà, ma sarebbe pensare anche ad un’altra frangia di utenti, quelli che, come me, hanno le capacità di farlo, ma non hanno davvero più così tanto tempo da dedicare a queste cose. Posso anche capire e comprendere il pensiero di Miyazaki, se stessimo parlando però di Indie e non di Tripla A indirizzato ad un mercato, ormai, non più tanto hardcore come si vuole ancora credere.

elden ring

Sono anche consapevole del fatto che, in un certo senso, “non esistono più giochi difficili”, dato che ormai quasi tutte le produzioni tendono a guidare tenendo per mano l’utente fino alla loro conclusione… Eppure anche questo non è del tutto esatto, dato che esiste “una modalità difficile” o il rinomato New Game+, e sono proprio strutturate per dare il senso di sfida ai giocatori che ricercano nella difficoltà un profondo appagamento.

Allora perché non accontentare anche quei giocatori che traggono senso di appagamento nel viaggio, nella scoperta, nel ricercare con calma quelle informazioni in più, senza la paura e l’angoscia di perdere tutto o, semplicemente, non essere all’altezza? Mettere dei paletti di questo tipo dove è chiaro che – ci tengo a ribadirlo -sono anche obbligati da chiare scelte di game design, automaticamente esclude una parte di giocatori che hanno tutti i diritti di godersi a modo loro un’esperienza, che viene creata (e spesso si scorda) proprio per il pubblico, per vendere e per fare i soldi.

Concludo dicendo che certi giochi, certe perle come Elden Ring, Red Dead Redemption 2 ed altre esperienze di questo calibro, meritano davvero di essere giocate da più gente possibile, dato che all’effettivo certi GIOCHI non escono tutti gli anni. Limitarne la fruizione per un capriccio nascosto da un’ipotetica filosofia non è assolutamente una bella mossa. Vorrei non dovermi fermare ore su quasi tutti i boss, mi piacerebbe poter vivere l’Interregno in modo più spensierato e senza la paura di essere bullizzato da qualcosa dietro ad ogni angolo.

Patrizio Coccia
Patrizio non era ancora nato quando entrarono in casa la Super Nintendo e Super Mario Bros. Pochissimi anni dopo, insieme a lui, arrivò anche la Play Station, e fu tutta un'altra storia. Aveva 4 anni quando a malapena riusciva a tenere il controller tra le mani, ma non mollò più la presa, imparando a giocare a tutti i generi. Appassionato di musica rap, film fantasy, e con un passato da writer, predilige indiscutibilmente i giochi di ruolo, fortemente affezionato alla serie di Kingdom Hearts di cui conserva l'intera collezione, spin-off inclusi.

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