Diabolik, Chi Sei? è un film del 2023 diretto dai Manetti Bros. ed è l’adattamento cinematografico del 107° albo fumettistico di Diabolik ideato dalle sorelle Angela e Luciana Giussani. È il terzo ed ultimo capitolo della trilogia incentrata su Diabolik, in cui fanno parte anche “Diabolik” (2021) e “Diabolik – Ginko All’Attacco” (2022). Il cast è composto da Giacomo Gianniotti, Miriam Leone, Valerio Mastandrea, Monica Bellucci, Pier Giorgio Bellocchio, Massimiliano Rossi, Andrea Arru, Paolo Calabresi, Lorenzo Zurzolo ed altri. Il film è stato presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2023 che si è tenuta lo scorso Ottobre, ed è nelle sale cinematografiche italiane dal 30 novembre 2023.
Un obbiettivo in comune
Questa volta, Diabolik ed Eva Kant hanno l’intenzione di rubare le preziose monete della Contessa Wiendemar. Peccato che il loro piano sia destinato a fallire a causa di una spietata banda di criminali che ha il loro stesso obiettivo. Infatti, dopo una violenta rapina in banca, questi criminali uccidono la Contessa e scappano con la refurtiva. Sia Diabolik che l’ispettore Ginko sono sulle loro tracce, ed entrambi si fanno aiutare dai loro alleati più fidati. Diabolik è aiutato da Eva, mentre Ginko dal sergente Palmer. Entrambi seguono la stessa pista per rintracciare la banda, ovvero Elisa Coen, la moglie di uno dei malviventi che ha perso la vita.
Le loro indagini li portano nel covo dei malviventi e lì trovano l’intera banda guidata dal losco individuo di nome Manden, un uomo che esercita la professione di avvocato di giorno, mentre di notte dirige le operazioni della stessa banda. Una volta arrivati sul posto, Diabolik e Ginko vengono catturati, rinchiusi in cantina, legati e incatenati. Sembra che per loro non ci sia alcuna via d’uscita, e sanno che è questione di tempo prima che vengano uccisi. I due così si ritrovano faccia a faccia in attesa del loro destino e Ginko, come ultimo desiderio, chiede al suo nemico di sempre chi è in realtà e cosa lo ha portato ad essere quello che è diventato. Diabolik decide di esaudire il suo ultimo desiderio ed inizia a raccontare il suo misterioso passato. Nel frattempo, è iniziata un’inaspettata alleanza tra Eva e la Duchessa Altea, la nobildonna con cui Ginko ha una relazione ancora segreta, con le due donne cercano di ritrovare i loro amati.
Un cinecomic italiano?
La trilogia di Diabolik si è rivelata una grossa ambizione per il cinema italiano, e fa piacere sapere che anche nel nostro paese si osa sperimentare ed ambire a qualcosa che si differenzia dai soliti generi (come successo anche con Dampyr). Che non si fraintenda, al di là dei propri gusti e da ciò che si segue, ogni genere ha avuto le sue perle e nel cinema italiano, ci sono film drammatici o commedie satiriche che meritano una visione. Però, i film di Diabolik sono un caso a sé e dimostrano che qui in Italia, si può sperimentare.
Forse, al di là della qualità, c’è una sorta di pregiudizio culturale, accompagnato dallo scetticismo e dall’indifferenza. Questo è un vero peccato, perché questi film possono benissimo essere visti non solo dai lettori dei fumetti delle sorelle Gucciani, ma possono anche puntare su un pubblico piuttosto ampio, tra chi si affaccia la prima volta al personaggio o addirittura chi cerca qualcosa di nuovo ed intrigante per uscire dalla “zona di comfort”.
Diabolik è quel personaggio dagli occhi di ghiaccio capace di catturare l’attenzione o addirittura rubare il cuore, e non soltanto gli oggetti a cui aspira. Dispone di un fascino particolarmente unico che si sposa totalmente con la nazionalità italiana e che lo rende unico nel suo genere. Questo porta ad una direzione narrativa che oscilla tra l’incredulità e lo stupore, andando al di sopra di ogni logica. Ma il merito più grande va soprattutto a chi ha preso parte al progetto, partendo dai registi Manetti per poi arrivare al cast.
I Manetti Bros. hanno reso giustizia a Diabolik?
I Manetti Bros. si sono rivelati le persone giuste per realizzare questa trilogia, che si è conclusa in modo dignitoso e con un capitolo che mantiene lo stesso livello tecnico dei precedenti, anzi mostrando di essere addirittura qualche passo avanti rispetto ai primi due (nonostante il secondo e il terzo siano stati girati contemporaneamente).
È un film che si sposa perfettamente con il periodo mostrato (anni 70) e che richiama vari generi che di solito i Manetti Bros. erano chiamati a fare, sia per i dialoghi che per le scene mostrate. La loro regia è così calma e sofisticata, che si focalizza su una cura dei dettagli molto attenta, con delle inquadrature che mettono a fuoco ogni minimo elemento mostrato per permettere anche allo spettatore più “distratto” di capire cosa sta succedendo, e assimilare ogni evento presente da ogni angolazione. Qualche volta, addirittura, sembra che un’inquadratura sia più ferma e che porti ad un ritmo leggermente abbassato, ma in realtà accade perché quell’elemento ben focalizzato è importante per la trama, che scorre con i giusti tempi.
La prima parte serve per mettere assieme tutti i presupposti in modo calmo, utili per la storia narrata, che viene accompagnata da una fotografia coloratissima ed anche camaleontica in base alla situazione mostrata. A coadiuvare il tutto, una colonna sonora composta da Calibro 35 in coppia con Alan Sorrenti, che risulta ogni tanto ingombrante ma capace di entrare nelle orecchie senza mai uscire dalla testa. Tuttavia la svolta avviene nella seconda parte, esattamente nel momento in cui Diabolik e Ginko si ritrovano faccia a faccia.
Il film è una Origin Story di Diabolik?
Seppur il film si presenta come il capitolo finale di una trilogia, in realtà per certi versi è un film abbastanza estemporaneo, come gli altri due o ogni singolo fumetto. C’è sempre qualche riferimento ad un’altra avventura, sia nella controparte fumettistica che in quella cinematografica attuale, ma anche se non ci si ritrova del tutto spaesati nel vederlo, si può perdere l’intero piano narrativo architettato dai Manetti Bros.
Questi ultimi hanno scelto gli albi fumettistici adatti per far conoscere in maniera dettagliata il mondo di Diabolik anche a chi si affaccia la prima volta ad esso, partendo da un primo film che narra l’incontro tra il protagonista e la sua alleata, per poi passare da un capitolo centrale che analizza la diatriba tra Diabolik e Ginko ed infine, per arrivare ad un approfondimento del personaggio. Le origini di Diabolik sono narrate con un modus operandi intrigante, con delle inquadrature focalizzate su un’isola – che in realtà è la Calabria – e con una fotografia che richiama il Neorealismo. Mentre il presente scorre, allo stesso tempo anche il passato lo fa, e c’è un passaggio tra le due linee temporali piuttosto coinciso e non confusionario, come se stessero giocando a palla avvelenata. Ironico che la Origin Story sia stata scelta come capitolo finale, ma va bene così.
Il merito va al cast, in particolare ai protagonisti principali. Gianniotti ha sostituito Marinelli, dopo che quest’ultimo ha preso parte al primo film, e la sua fisionomia e inespressività calzano a pennello, e forse la sua performance qui è leggermente migliorata, rispetto al prequel. Monica Bellucci non è stata il massimo, ma il personaggio di Altea in questo caso è stato scritto meglio, e si dimostra più “utile”. Ma i migliori restano ancora una volta Miriam Leone e Valerio Mastandrea che si dimostrano adatti per Eva e Ginko, ed entrambi mostrano un’alchimia col protagonista, nonostante quest’ultimo sia al lato opposto del poliziotto. Una pecca però, va nei comprimari poco convincenti e nei villain poco caratterizzati.