In Devil’s Hunt percorreremo le gesta di un ragazzo ventiseienne di nome Desmond il quale, a seguito di eventi narrati all’inizio del gioco, si ritrova scaraventato negli inferi a tu per tu proprio con il signore del male, Lucifero. Il gioco, nato dalle neonata software house Layopi Games fondata e voluta dallo scrittore Pawel Lesniak (artista poco conosciuto dalle nostre parti e autore del libro Equilibrium, da cui è tratto Devil’s Hunt) risulta essere, sotto molti punti di vista un gioco “vecchio”, privo di mordente e che mescola qualche componente action a una trama che tutto fa tranne che decollare. E pensare che proprio la trama del gioco sarebbe dovuta essere il punto forte della produzione, visto che la sceneggiatura è stata ripresa sempre dall’autore e fondatore della casa di sviluppo. Ma andiamo con ordine.
La prima volta all’inferno non si dimentica mai…
Il protagonista di gioco è Desmond, un baldo ragazzo che ama fare la bella vita e boxare in risse clandestine, nonché figlio di un ricco miliardario e orfano di madre, decide un giorno di convolare a nozze con la sua amata Kristen; ella, dopo aver accettato la proposta, si scopre essere l’amante del migliore amico di Desmond, il quale, addolorato da tale evento e angustiato dalle continue critiche e deplorevoli parole del padre per il suo stile di vita decide di porre fine alla sua esistenza. Da qui il suo passaggio all’interno del regno dei morti e l’incontro con Lucifero in persona, il quale dopo un breve filmato di presentazione concederà a Desmond una seconda opportunità di vita sulla Terra, a patto di battersi per una giusta causa.
Le premesse non gridano certo al miracolo, ma non è ancora tutto. Se la trama di gioco in sé si evolve come uno dei classici canoni che vede scontrarsi le forze del bene contro quelle del male, a peggiorare la situazione è praticamente tutto il resto. I personaggi sono mal realizzati, tutti si somigliano e tutti sono totalmente privi di espressioni facciali che possano quantomeno farli distinguere tra un’espressione e l’altra. I dialoghi, elemento dal quale ci si aspetta sicuramente qualcosa in più sotto il piano carismatico, vista la trasposizione da un’opera letteraria, sono invece privi sia di enfasi che di caratterizzazione, spesso fuori sync e con i testi che più volte finiscono fuori schermo rendendo impossibile la lettura di alcune parole.
L’esplorazione che non c’è
La struttura di gioco è quanto di più elementare possa essere realizzato, con continui corridoi e piccole zone di combattimento a scandire un ritmo di gioco poco accattivante. Proprio all’interno di queste suddette arene incontreremo i vari nemici che presentano una IA deficitaria e priva di soluzioni che non siano i due semplici attacchi base. A semplificare ulteriormente la struttura dei livelli è la presenza costante e imperterrita di un’icona posta davanti ad una porta, o sopra un macigno, o a ridosso di un ponte con l’intento di guidare il protagonista nella prossima area di gioco.
Nel corso dell’avventura sarà inoltre possibile trovare dei segreti, come fogli di carta o scritte che ci arricchiranno con qualche dettaglio in più sui retroscena. Trattandosi di un titolo action in terza persona che vuole ispirarsi a un mostro sacro come Devil May Cry, la caratteristica che principalmente ci si aspetta di valutare e quindi di apprezzare, è proprio il gameplay. E invece, anche qui, il gioco riesce a fare di peggio, o quasi. Desmond, da buon pugile, è in grado di sferrare attacchi leggeri e pesanti attraverso l’uso del tasto dorsale e del grilletto destro, che tuttavia non è possibile concatenare in qualsivoglia combo. I due attacchi, inoltre, mal si “incastrano” tra loro e spesso e volentieri vi ritroverete con un tasto premuto e un pugno ancora pronto da sferrare. I comandi, infatti, sono grezzi e poco responsivi se non del tutto ‘silenti’. Effettuare una parata al momento giusto sarà davvero un’impresa difficile da compiere. Presente inoltre una sorta di “esecuzione” quando la vita dei nemici risulta assai bassa, che ci permette di raccogliere l’anima dall’avversario per far aumentare la barra demoniaca. Attraverso l’uso di questa barra è possibile trasformarsi in una bestia affamata di sangue in grado di sfoderare potenti attacchi fisici finché il contatore non si svuoterà del tutto, insieme alla mutazione. Non solo abilità demoniache però, ma anche abilità sacre faranno parte del nostro bagaglio.
Infatti, il protagonista potrà evolvere le sue skill attraverso tre alberi delle abilità sbloccabili nel corso del gioco. Tra i suddetti poteri ce ne sono di passivi, come l’aumento dei punti vita, e attivi, come creare delle fiamme infernali. Tali abilità devono essere assegnate ad appositi tasti per poterle poi utilizzare nel corso del combattimento, fino a un massimo di tre. Nessuno di questi poteri risulterà però essere indispensabile nel corso dell’avventura, e altro non faranno se non migliorare le statistiche di danno degli attacchi inferti.
Il comparto tecnico generale inoltre risulta essere davvero stantio: se non avesse al suo interno delle diciture che ne attestano l’uscita nel 2019, Devil’s Hunt potrebbe di sicuro essere scambiato per un titolo di circa 10 anni fa.
Il fenomeno di tearing è onnipresente fin dall’inizio dell’avventura, sia nelle fasi di gioco che nelle cutscene e, seppur il lavoro svolto non presenta una qualità tecnica degna di nota, risulta strano vedere come la personalizzazione dei settaggi di gioco risulti davvero scarna. La modellazione poligonale dei personaggi, le espressioni facciali quasi assenti e le texture sempre in fase di caricamento minano ulteriormente il gioco, tanto che ci viene da pensare che, una build peggiore di così, era davvero difficile da proporre al pubblico. L’opinione che ci siamo fatti di questo gioco è che se da una parte manca ovviamente la capacità di saper realizzare un buon titolo (c’è una prima volta per tutti), oltre alle ovvie possibilità economiche, Devil’s Hunt è un prodotto mal realizzato, ancora in una fase non definitiva che altro non aspetta se non una cura per eliminare i numerosi difetti che lo attanagliano.