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Dead Space Remake – Recensione, nello spazio nessuno può sentirvi urlare

Quando è stato annunciato un vero e proprio remake del primo Dead Space, ormai diversi anni fa, sono in molti ad aver fatto un vero e proprio salto sulla sedia. Il perché è resto detto: il gioco originale, uscito nell’ormai lontanissimo 2008, è stato accolto positivamente dalla critica e dai giocatori per la sua atmosfera spaventosa e per il suo gameplay che coadiuvava gli stilemi dei classici metroidvania a quelli degli horror splatter più classici, per un’esperienza di gioco immersiva e intensa.

Come noto, Dead Space è considerato uno dei migliori esponenti del genere survival horror di tutti i tempi, tanto che il modo in cui i sequel hanno “ucciso” il franchise non è andato sicuramente troppo a genio ai fan (è chiaro infatti che sia Dead Space 2 che, soprattutto, Dead Space 3, non sono al livello eccelso del capostipite). Ora, dopo che già The Callisto Protocol ci aveva fatto tornare ad avere paura dello spazio profondo, ecco che anche Isaac Clarke ha deciso di tornare sulle console current-gen e su PC, per un ritorno in grande stile sulla prima nave di classe Planet Cracker, l’ormai leggendaria USG Ishimura.

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Bentornato, Isaac

A livello di trama pura e semplice, Dead Space Remake ricalca abbastanza fedelmente la storia del gioco del ’08, ma con le dovute e accorte differenze del caso: un ingegnere spaziale di nome Isaac viene inviato sulla nave nota come USG Ishimura per risolvere un apparente semplice problema tecnico, ma scopre presto che il luogo in questione è stato invaso da creature spaventose e terrificanti note come Necromorfi. Insieme a uno sparuto gruppo di superstiti, Clarke sarà chiamato a combattere per portare a casa la pelle e allo stesso tempo scoprire cosa è successo all’interno della Ishimura prima che vi salisse a bordo.

Se la narrazione è quindi quasi esattamente come la ricordavamo, il remake di Dead Space a cura di EA e Motive Studio è stato ricostruito completamente da zero dal punto di vista grafico, grazie all’ausilio del motore di gioco Frostbite, oltre a sostanziali modifiche anche per quanto concerne il design dei livelli, i nemici e la struttura generale. Insomma, il DS del 2023, pur mantenendo intatta l’esperienza di base del titolo che ricordiamo e altre caratteristiche vincenti del progetto originale, è di fatto un gioco del tutto nuovo.

Iniziamo col parlare dei cambiamenti: come prima cosa Isaac Clarke adesso parla, caratteristica introdotta nel secondo capitolo, ma del tutto assente nel primo; inoltre i dialoghi sono stati riscritti da zero, andando a formare una narrazione più logica e coerente con il contesto. Motive Studio ha inoltre spinto maggiormente per quanto riguarda la cura dei particolari, visto che la Ishimura ora è decisamente più credibile e “realistica”, complice un sistema di illuminazione completamente riveduto e corretto, con ombre più realistiche ed effetti particellari più dettagliati e verosimili. Il sonoro – altro punto di forza del gioco del 2008 – è stato anch’esso maggiorato e migliorato, rendendo i raccapriccianti suoni e gemiti dei Necromorfi ancora più agghiaccianti.

L’orrore venuto dallo spazio

Da notare inoltre anche il nuovo Intensity Director, ossia un algoritmo dinamico in grado di generare combinazioni differenti di situazioni quando si esplora la nave: vale a dire che i nemici non appariranno sempre nella stessa posizione, così come alcuni jumpscare non saranno così telefonati come nel primo Dead Space uscito circa 15 anni fa.

In aggiunta, il level design interconnesso della USG Ishimura annulla ogni genere di caricamento, con una nuova mappa decisamente più chiara e dinamica. Scordatevi quindi i momenti piuttosto frustranti e ripetitivi del primo DS, in cui vagavate a vuoto in cerca della strada giusta da imboccare. Ciliegina sulla torta, l’aggiunta – assolutamente coerente al contesto – di nuove missioni secondarie che, sebbene non aumentino chissà quanto la longevità generale del titolo – risultano essere un godibile diversivo in grado di deviarci per un po’ dalla missione principale di Isaac.

A ciò va aggiunto anche un nuovo sistema di potenziamento, atto a migliorare sistematicamente sia le tute che le armi, queste ultime ora decisamente più divertenti da utilizzare. Punto di forza del gioco del 2008 era infatti il modo in cui i nemici potevano letteralmente essere smembrati pezzo dopo pezzo, tanto che il nuovo Peeling System migliora quella caratteristica vincente del gioco originale.

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L’algoritmo in questione regola infatti gli smembramenti dei Necromorfi, i quali espongono muscoli, ossa e budella varie dopo i nostri colpi. Ogni uccisione è quindi diversa dalla precedente, tanto che l’effetto finale non solo appagherà gli amanti dello splatter puro e semplice, ma anche quelli che volevano vedere ammodernato un combat system con ormai davvero troppi anni sul groppone.

A livello grafico, avendo potuto testare il gioco nella sua versione PS5, abbiamo trovato un comparto tecnico pressoché impeccabile, complici anche le due modalità di visualizzazione. La prima, Qualità, permette di giocare al titolo a 30 fps, in 4K e con ray-tracing, mentre la modalità Prestazioni vede il tutto muoversi a 60 fps, in 2K (QHD) e senza ray-tracing. Il gioco sfrutta ovviamente a modo anche il pad DualSense, sia per quanto riguarda il feedback aptico che la resistenza dei grilletti a seconda dell’arma impugnata dal protagonista.

Dead Space Remake

8.5

Fortunatamente, nonostante le paure iniziali, il remake di Dead Space funziona, oltre ad avere perfettamente senso in un'ottica current-gen. Pur trovandoci di fronte a un'esperienza simile all'originale del 2008, Electronic Arts ha letteralmente evoluto il suo survival horror sci-fi più famoso di sempre, rendendolo graficamente sorprendente e con varie novità di peso sia in termini narrativi che ludici (sia per quanto riguarda gli enigmi che l'esplorazione vera e propria della USG Ishimura). Dead Space Remake è quindi un piacere tanto da vedere quanto da giocare, con la speranza che anche gli eventuali sequel si attestino sul medesimo valore qualitativo.;s

Marcello Paolillo
Da anni critico del settore, ha scritto e scrive attualmente su diverse testate online dedicate ai videogames e al cinema, passando anche per i fumetti. La carriera di Marcello inizia nel 2003 e da allora non si è più fermato: dopo essersi fatto notare sui primi siti di settore, è arrivato a firmare articoli per le più importanti testate web italiane, oltre che per la carta stampata. Pavo non è il suo nome anagrafico: è il suo nome vero.

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