Nel corso del tempo ne abbiamo visti di giochi annunciati, persino diventati quasi realtà (con demo giocabili da provare a qualche evento) e che poi sparivano dalla circolazione. Ancora riecheggiano titoli come Deep Down e Scalebound, giochi che avevano catturato l’attenzione di tutti, per poi avere uno sviluppo travagliato. Dead Island 2 però ce l’ha fatta: il gioco, che sembrava pronto a capitolare e ad avere lo stesso destino, è finalmente uscito e abbiamo avuto modo di giocarlo. Certo, il tempo non è stato così delicato con questo titolo, ma avremo modo di parlarne meglio più avanti.
Volo diretto per Dead Island 2
Dead Island 2 parte dallo stesso concept che nel primo gioco fece impazzire tutti i giocatori: personaggi diversi da poter scegliere, ognuno caratterizzato da specifiche abilità e un background unico, storia che si sviluppa allo stesso modo per tutti – ma con delle dinamiche diverse in alcuni frangenti – e la possibilità di costruire armi usando attrezzi di fortuna. Dead Island 2 non vuole discostarsi dalle sue origini, seppur il gioco sia stato preso in mano da un team di sviluppo diverso, e questo rappresenta il più grande pregio e il più enorme difetto del gioco.
Se da un lato infatti, imbracciando il pad in Dead Island 2 avrete ciò che vi aspettate, d’altra parte il gioco va avanti con il freno a mano tirato, senza mai sentirsela di rischiare e rimanendo in una comfort zone fatta di zombie, smacellamenti e uccisioni. Ovviamente queste dinamiche funzionano alla grande: uccidere è divertente, ogni colpo ferisce gli zombie lasciando tracce fisicamente realistiche, e colpirli è anche appagante.
Ovviamente si poteva puntare a un meccanismo di attacchi ambientali più profondo (soprattutto considerato che giochi come Sons of the Forest hanno permesso di sdoganare il concetto di dover spiegare sempre tutto ai giocatori), e invece tutto si riduce a pozzanghere ed elettricità, fuoco sparso e bombe. Pure per le armi e le abilità, anche in questo caso sembra proprio che il team di sviluppo non abbia voluto rischiare più di tanto: peccato, se consideriamo che Dead Island nella sua iterazione originale vinceva proprio perché rompeva gli schemi del classico gioco di zombie.
Analizzando un po’ la parte tecnica del titolo, il gioco propone un sistema di crafting funzionale, e un sistema di abilità con carte che permetterà di creare il personaggio perfetto per voi, con uno stile adeguato al vostro e con le capacità giuste per poter uccidere orde di zombie. In termini di level design, invece, si vede che il team ha creato un prodotto ispirato, visto che ogni angolo, strada e casa riesce ad essere originale, realisticamente posizionata in una LA (o Hell-A, come ci piace chiamarla) devastata e con le giuste cose da dover scoprire.
Ciak, Azione!
Qualcosa è cambiato però dai precedenti capitoli del gioco: l’ambientazione, e forse Dead Island è sempre stato pensato per vivere dentro Los Angeles, visto che trova nei colori e nei dettagli di Hell-A il suo habitat naturale. Ogni singolo personaggio sembra uscire dal gruppo di VIP che tipicamente colonizzava tali zone, o meglio ancora dall’ancor più grande gruppo di poco di buono che, cercando fortuna nella Città degli Angeli, alla fine non l’ha trovata.
Pure l’ambiente circostante, sgargiante quasi al limite del naturale, riesce a mettere una cornice attorno all’avventura che difficilmente stancherà, ma che anzi diventerà compagna fedele per tutte le ore di gioco. Attore per attore, l’interpretazione dei personaggi (giocabili e non) riuscirà ad amalgamarsi bene col tutto, capace di tirare fuori delle cold phrases prese dal miglior poliziesco, e con dei botta e risposta simpatici.
Se c’è una pecca che effettivamente potrebbe pesare sul gioco, è che alla fine tutta questa patina tende a scemare quando si cerca di vedere oltre, per finire a scoprire che in fondo davanti abbiamo una nuova iterazione di Dead Island, non un sequel rivoluzionario né un gioco capace di discostarsi da ciò che era. E questo non deve essere per forza un male, ma è evidente che un po’ di timore è stato indotto al team di sviluppo, visto che persino nelle boss fight alla fine vi troverete a sparare, maciullare, costruire, sparare.
Un altro aspetto che va discusso è il contrasto tra l’ambiente circostante, che come abbiamo detto ne esce colorato, bello da vedere e addirittura con qualche farfalla pronta a svolazzare qua e la, e il sangue e gli zombie sparsi ovunque. Non sarà infatti strano trovarsi un fantastico spiazzo con tanto di fontana artistica, e magari quelle due e tre strisce di sangue che portano a quel gruppetto di zombie belli decomposti.
Proprio tale dicotomia, differente dal classico gioco con gli zombie, dà quella strana sensazione di calma apparente, che sfruttando le nuove tecnologie e la potenza delle nuove piattaforme, risulta ancora più realistica nel suo essere assurda di quanto non lo fosse nei precedenti giochi.
Spendiamo anche due parole sull’art design: lo stile utilizzato per raccontare Dead Island 2 è perfetto, ricercato e ispirato. Le carte abilità sono artwork che alla fine vorrete stamparvi per appenderli al muro, le ville che esplorerete avranno un interior design così ben fatto che forse un paio di idee potreste riportarle anche nella vostra casa, e l’aspetto degli zombie è superlativo, sia nel modo in cui sono calati nell’ambientazione di gioco, sia per come sono caratterizzati su pelle, muscoli, ossa e volto.
… godi solo a metà
Dead Island 2 è un gioco multiplayer: se finiranno a dirvi il contrario, diffidate. Giocare a Dead Island 2 in single player potrebbe sembrare ripetitivo, ma farlo in cooperativo sarà di uno spasso unico. Vagare per la città, esplorare e cercare oggetti utili per ogni situazione, diventerà ancora più spassoso se fatto con un amico, il che porta al fatto che, in fondo, Dead Island 2 deve essere giocato in multiplayer.
In fondo Dead Island 2 è proprio questo: un grande sandbox che alla fine spingerà i giocatori a fare le solite cose. Trovare l’oggetto utile, eventualmente l’informazione per la porta d’aprire, cercare di attaccare spammando lo stesso attacco a ripetizione, ogni tanto parare e curarsi, e poi rifarsi l’arsenale come il migliore dei MacGyver.
Proprio qui, quando vi troverete a dover esplorare una casa, noterete che farlo con qualcuno (che non sia la vostra immaginazione da bravo sopravvissuto post-apocalisse) risulterà più bello sotto molti aspetti, soprattutto per le dritte che potrete darvi a vicenda e per il fatto che potrete coprirvi le spalle a vicenda quando sarà necessario.