Days Gone 2 è stato molto chiacchierato ultimamente, data la fuga di notizie sulla sua presunta – e per certi versi probabile – cancellazione. Quello che è successo, in un modo o nell’altro, è già accaduto in passato: molti giochi o sequel si sono visti staccare la spina in corso d’opera, molto spesso per motivi particolarmente seri legati ad uno sviluppo travagliato. Altri invece, nonostante problemi interni, hanno lo stesso visto la luce, portandosi dietro però una pesante scia di critiche. Detto questo, Days Gone è stata una delle esclusive più in ombra di Sony, con l’impressione che anche la stessa azienda non puntasse troppo su questa nuova IP. Nonostante questo però, il titolo targato Bend Studio ha trovato l’amore del grande pubblico e, calcolando le molte vendite, ci si aspettava un sequel diretto. Così evidentemente non è stato, andiamo dunque a cercare di capire le motivazioni dietro a questa scelta, analizzando anche altri casi simili dell’industria videoludica.
Dove siamo partiti
Days Gone è stato un progetto molto ambizioso da parte di Bend Studio, storica casa di sviluppo che ha creato la saga di Syphon Filter e che ha lavorato su alcuni spin-off dedicati ad Uncharted, entrambi pubblicati su PSVita. Si tratta di base di un team rodato e affidabile che, in un modo o nell’altro, ha sempre portato a casa il lavoro. Days Gone è stato un po’ l’esempio lampante che, anche senza troppe idee rivoluzionarie, si riesce a creare un gioco divertente in grado di intrattenere tantissimi utenti, un po’ come successo con Ghost of Tushima di Sucker Punch. Il titolo di Bend Studio tuttavia, dopo il primo annuncio in pompa magna all’E3, è pian piano passato in sordina, spuntando fuori giusto con qualche sporadico trailer e l’annuncio dei due rinvii. Proprio questi però sono stati fondamentali – ricordiamo che l’ultimo slittamento fu di circa due mesi – per migliorare il sistema di shooting del gioco (visto che probabilmente era la parte più problematica della produzione) e dare una rifinitura decisa a tutto il progetto.
Tra piccole incertezze e tanto coraggio esce dunque Days Gone il 26 aprile 2019, che da lì in poi per gli utenti sarà un successo, ma un po’ meno per la critica. Proprio in quell’anno, l’esclusiva di Bend Studio è la più venduta in casa Sony, oltre che l’ottavo titolo per numero di vendite del 2019. Tuttavia questo non è bastato per mantenere vivo il suo sequel, questo, a quanto pare, sarebbe dovuto allo score del gioco su Metacritic. A confermare queste parole è stato proprio director di Days Gone, John Garvin, in un’intervista condotta da David Jaffe sul suo canale YouTube. Jaffe, per chi non lo conoscesse, è il creatore dell’originale God of War. Garvin ha affermato:
Il voto di Metacritic è tutto, se sei un creative director di un franchise e il tuo gioco viene fuori con un 70 di media, non continuerai ad essere creative director su quel franchise a lungo.
Questo, secondo Garvin, per Sony va al di là delle vendite, perché riguarda la qualità percepita di un brand, perché se ci si trova a creare prodotti con grossi investimenti, questi devono piacere ed essere ben accetti da milioni di persone e non ci si può permettere che possano essere divisivi o controversi.
Altri casi simili a Days Gone
Ma ci sono altri casi simili a Days Gone 2? La risposta è ovviamente si, magari non sono stati cancellati allo stesso modo o per le stesse motivazioni, ma sicuramente sono case history da cui bisogna imparare per capire meglio come funziona il settore dei videogiochi. Di recente, la stessa Google Stadia dopo un lancio tutt’altro che roseo, ha deciso di fare un dietrofront sulle sue “esclusive”, decidendo cancellarle e smettere di investirci sopra, puntando dunque sui titoli di terze parti per ampliare il suo servizio che – ad ora – resta parecchio debole se paragonato ai competitor. Un altro esempio è quello di Agent, misterioso titolo Rockstar che avrebbe dovuto essere un gioco d’azione di spionaggio ambientato durante Guerra Fredda in esclusiva per PS3. Sviluppato da Rockstar North, il gioco doveva essere un’avventura in giro per il mondo attraverso la fine degli anni ’70. Quello che avrebbe spinto la software house alla cancellazione sarebbe stato il primo prototipo del gioco, che convinse la società che questo progetto sarebbe stato più caotico del previsto.
In tutto questo è impossibile non nominare Scalebound, anche se qui affrontiamo un altro caso particolare, ovvero quello in cui tutte e due le parti hanno fallito. Mentre molti giocatori ancora incolpano Microsoft per la decisione, in un’intervista il capo di PlatinumGames , ovvero Atsushi Inaba, ha rivelato parecchie informazioni davvero interessanti:
Non è stato facile, ma entrambe le parti hanno fallito. Guardare i fan arrabbiarsi con Microsoft per la cancellazione non è stato facile per noi, perché la realtà è che quando un gioco in fase di sviluppo non può essere rilasciato è perché entrambe le parti hanno fallito. Penso che ci siano state occasioni in cui avremmo potuto fare meglio e sono sicuro che anche Microsoft come publisher avrebbe potuto fare la stessa cosa. Quello che è certo è che noi riteniamo di non aver fatto tutte le cose che dovevamo fare come sviluppatori. Ci sono state molte lezioni dolorose, ma questo ci ha aiutato a crescere come studio. Ovviamente non possiamo entrare nei dettagli al riguardo, perché ci sono regole da rispettare.
Questo può far capire come le questioni, spesso, non siano solo nere e bianche, ma ci si muove sempre su una costante linea grigia di difficile interpretazione per tutti, questi però sono esempi di come si possa fermare un progetto prima ancora della sua effettiva nascita, ma come ci si comporta con un sequel diretto?
Perché uccidere un sequel?
Il primo nome che viene in mente è Silent Hills con il caso P.T., visto che si tratta probabilmente di una delle cancellazioni più forti del mondo dei videogiochi. Il franchise di Silent Hill è stato un grande successo horror che ha persino avuto un film tutto suo. Hideo Kojima e Guillermo Del Toro hanno guidato il progetto fino alla sua cancellazione nel 2015. Dopo l’uscita di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, Kojima e un certo numero di pezzi grossi dello staff hanno lasciato Konami a seguito di diverse controversie. Fondando però la Kojima Productions per mettersi subito a lavoro su Death Stranding, pubblicato successivamente nel 2020. Le motivazioni che hanno spinto la cancellazione di Silent Hills sono legate proprio alla perdita di queste figure di spessore all’interno del progetto.
The Legend of Zelda: Mystical Seed of Courage è un altro grande esempio, visto che doveva essere un sequel di Oracle of Seasons e Oracle of Time usciti entrambi su Game Boy Color. Il titolo era in fase di sviluppo e sarebbe dovuto essere rilasciato pochi mesi dopo l’uscita dei due Oracle. Il gioco tuttavia è stato cancellato all’inizio dello sviluppo della trilogia quando il team ha deciso di concentrarsi su due giochi invece di tre. Era difficile collegare insieme la storia dei tre titoli, ma molte delle idee che sarebbero state in Mystical Seed Of Courage sono invece presenti in Oracle of Seasons e Oracle of Time.
A fare una fine simile ci ha pensato anche Rainbow Six: Patriots, che nelle idee inziale doveva essere un po’ diverso dai precedenti giochi del franchise di Rainbow Six. Questo titolo sarebbe stato caratterizzato da eventi rapidi, filmati interattivi e il ritmo del gioco sarebbe dovuto essere più lento rispetto i suoi predecessori. Il gioco è stato annullato per due grandi motivi: oltre all’avvicinarsi della fine del ciclo vitale di Xbox 360, il progetto non sembrava fosse fedele alla serie originale, e questo ha fatto desistere gli sviluppatori. Tuttavia, fortunatamente, molto di quel lavoro fu riutilizzato in Rainbow Six: Siege, che oggi come ben sappiamo vanta un enorme successo.
Ultimo esempio di sequel cancellato è quello di Star Wars: Knights of the Old Republic, con il secondo capitolo che resta, a detta degli appassionati, uno dei migliori giochi di Star Wars mai realizzati. Sebbene, ormai, il gameplay sia un ovviamene datato per gli standard odierni, i mondi erano molto immersivi e riuscivano a coinvolgere alla grande gli utenti. Sebbene il secondo capitolo aveva dei problemi, come la traduzione mai completata e ultimata dai fan, il terzo gioco stava procedendo senza troppi intoppi fino a quando la LucasArts non ebbe un periodo finanziario difficile. Il progetto quindi fu cancellato, ma si vocifera un remake dei primi due capitoli della saga.
Come abbiamo visto, le motivazioni che spingono la cancellazione di un sequel, o di un gioco più generale, possono essere molto e tutte diverse tra loro. Quello che è certo che dovrebbe essere il pubblico ad avere l’ultima parola, visto che sono gli utenti a tener vivo il mercato. Al netto di provocazioni quando si parla di “comprare i giochi al day one”, ci rendiamo conto che spesso questo non basta, oltre che essere bombardati di nuove uscite ogni mese rende difficili apprezzare, o magari anche affezionarsi in modo particolare, un qualunque progetto. Days Gone probabilmente è stato un ottimo esperimento, per certi versi riuscito ma per altri un po’ meno. Se davvero dobbiamo rinunciare al sequel, sappiamo che a grandi linee il lavoro svolto dal team probabilmente sarà riusato, presto o tardi, in altri progetti. Per ora Deacon e compagni saranno fermi ai box, ma nel mondo dei videogiochi mai dire mai.