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Cyberpunk 2077: una serenata fuori tempo massimo

Un disinnamoramento quasi annunciato, una schiera di pretendenti che si sono sentiti traditi, abbandonati all’altare. Non è facile rimarginare determinate ferite, nemmeno se al termine della storia ci troviamo a raccontare di un lieto fine, soprattutto se contiamo che già da qualche tempo siamo andati avanti, pensando ad altri mille e uno splendidi amori che potremmo vivere. Ed è per questo che nonostante il clamore della versione next-gen di Cyberpunk 2077 pubblicata dopo tutto questo tempo, tutti i V del mondo si volteranno di spalle come quella in copertina, guardandosi indietro con la coda dell’occhio e pensando al futuro, cercando di chiudere la porta – almeno mentalmente – ad uno dei capitoli peggiori della storia videoludica. La Città dei Sogni, non è mai stata così buia.

Già, perché ormai non è più solo una questione di aspetto tecnico del videogioco, forse non lo è mai stato. CD Projekt RED ci ha provato, davvero, ha fatto tutto ciò che era in suo potere, ma la situazione si è rivelata essere talmente enorme da non poter essere gestita con poco, un biblico diluvio universale combattuto con una diga da fiumiciattolo di montagna.

La versione next-gen di Cyberpunk 2077 è quindi un disperato colpo di reni, atto a “salvare il salvabile” e rendere il titolo sempre più vicino a quella che era la promessa iniziale dello studio… ma in quanti potranno usufruirne? Esatto, qui entrano in gioco fattori e forze che sono – per pura sfortuna – fuori dal controllo dello studio polacco, quella mancanza di disponibilità globale delle console dovuta a una crisi planetaria (la mancanza di chip per dispositivi elettronici).

Non è ironico? Un futuro virtuale in cui la tecnologia, l’elettronica e la rete sono nient’altro che il pane quotidiano, viene negato ai giocatori perché in un buffo presente sono esattamente queste materie prime a creare il problema.

E se la disponibilità di console PlayStation 5 e Xbox Series fosse stata maggiore? Il problema sarebbe stato risolto? Non del tutto, a causa del disinnamoramento di cui sopra… eppure i primi amori non si scordano mai, a volte frutto semplicemente della nostra mente, ed è per questo che quadruplicare la disponibilità di console – e di giocatori – avrebbe aumentato esponenzialmente l’utenza pronta a dare a Cyberpunk una seconda chance, e magari creare quell’effetto a catena che avrebbe riportato a giocare anche i più scettici e orgogliosi.

L’ultima serenata

La patch 1.5 è quindi un ultimo tentativo, una preghiera in ginocchio dello studio per riportare i giocatori a Night City. Non c’è dubbio che CD Projekt ci abbia saputo fare, attirando l’attenzione con un quantitativo considerevole di aggiunte e, soprattutto, di bug corretti, anche se a goderne meno sono proprio i possessori di quelle console di passata generazione, i quali non hanno ottenuto praticamente nulla di ciò che ai tempi era stato promesso a livello grafico, e che ancora vedranno annaspare le proprie macchine sotto la gigantesca mole di dati contenuti nel gioco.

E gli eletti, quelli in possesso dei “Pass VIP” chiamati PlayStation 5 e Xbox Series X, potranno finalmente vedere le luci di Night City con le ombre ray-traced, una qualità grafica decisamente migliorata (soprattutto nella fluidità) e tante altre piccole accortezze che non passano inosservate. Chi ha in casa la console ammiraglia di Sony, può anche avvalersi di un supporto completo per il DualSense, con le funzionalità che sono state implementate una ad una. Ho provato io stesso tale versione, e i cambiamenti sono a dir poco consistenti, anche se i bug sono ancora parte del gioco (chiaramente meno grossolani del pre-patch). Forse proprio il nuovo controller di casa Sony è riuscito a darmi l’input più importante, insieme ad una pesantezza ed un feedback da non sottovalutare. Ma non per tutti.

cyberpunk 2077

Quando la nostra redazione ha lavorato per la prima volta sul gioco, è stata spinta ad analizzare le diverse versioni a disposizione al day one, una per una, e la disparità tra le versioni giocabili su PC e quelle console era abissale. Nonostante questo, non ci si fermava solamente all’aspetto tecnico. E una volta risolto tutto ciò? Cyberpunk 2077 è diventato davvero il capolavoro che tutti stavamo aspettando?

Assolutamente no. I capolavori sono senza tempo, oltre ad avere un’identità inimitabile, e Cyberpunk 2077 di tempo ne ha perso molto.

Non smetterò mai di ripeterlo: quando il titolo di CD Projekt è stato concepito, era assolutamente in linea con tutto, sia con i tempi, sia con i concetti. In poche parole, se fosse uscito poco dopo essere stato rivelato, sarebbe arrivato al pubblico con delle caratteristiche inedite, con delle meccaniche che non avrebbero avuto il retrogusto amaro del “già visto”, insomma, sarebbe stato un videogioco originale. Certo, forse non con quell’effetto “wow” che invece possono regalare a livello visivo le nuove console next gen, ma comunque avrebbe ricevuto nient’altro che lodi.

E invece eccoci qui, a distanza di anni a parlare di quell’amore che poteva essere, e che non è stato, a quel tradimento che ci ha fatto troppo male, ma che ci ha visti voltare pagina e guardare al futuro. Un videogioco ora più che gradevole, che però è arrivato fuori tempo massimo, quando la maggior parte delle persone ha già accantonato l’idea di Cyberpunk 2077 e sta tenendo per mano il suo nuovo amore (o lo farà a breve).

Citando Eros, “Certi amori ti lasciano un’emozione per sempre”… ma non sempre è positiva.

Non fraintendete, questa pubblicazione è stata a dir poco doverosa, almeno in segno di rispetto per tutti coloro che hanno acquistato il gioco e che ancora cercano il tipo di esperienza definitiva.

Gianluigi Crescenzi
Classe 90, invecchia bene tanto quanto il vino, anche se preferisce un buon Whisky. Ama l'introspezione, l'interpretazione e l'investigazione, e a volte tende a scavare molto più del necessario. Inguaribile romantico, amante della musica e cantante in erba, si destreggia tra hack n'slash, soulslike, punta e clicca e... praticamente qualsiasi altro tipo di gioco.

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