Crow Country – Recensione: un ritorno all’epoca d’oro dell’horror

In un mondo videoludico ormai tempestato dai remake ci sono, fortunatamente, giochi controcorrente come Crow Country: ecco la nostra recensione!

Sara Pandolfi
Di Sara Pandolfi - Editor Recensioni Lettura da 6 minuti
8.5
Crow Country

Come vi abbiamo spesso detto in passato, il periodo tra il 2023 e il 2024 sembra rappresentare un vero e proprio ritorno del videogioco survival horror. Questo tipo di esperienza, molto popolare nei primi anni 2000, sta tornando in massa sotto forma di remake e non solo. Uno degli esperimenti più interessanti tra quelli compiuti dagli studi indipendenti che vogliono omaggiare il periodo d’oro dei titoli horror, mettendoci del proprio. è proprio l’oggetto della nostra recensione: Crow Country. Scopriamo insieme un titolo che promette di riportarci indietro nel tempo, e di farci venire un brivido… non solo di nostalgia.

C’è qualcosa che non va nel parco divertimenti…

In Crow Country impersoniamo Mara Forest: la nostra agente speciale, che per volere degli sviluppatori possiede modelli poligonali notevolmente ispirati a quelli di Final Fantasy VII (una scelta che consideriamo particolare ma azzeccata), ha un compito molto arduo da portare a termine. È stata infatti inviata presso Crow Country, un parco divertimenti abbandonato, alla ricerca del proprietario del suddetto parco: Edward Crow, un misterioso personaggio del quale si sono perse le tracce pochi anni prima.

Sin dai primi minuti di gioco verremo immersi nell’atmosfera nostalgica e inquietante del titolo: grazie ai modelli poligonali, piuttosto insoliti ora come ora all’interno dell’immaginario dei videogiochi horror moderni, il titolo riesce a generare una forma di paura che non sperimentavamo da tanto tempo.

Le grafiche semplici, filtrate attraverso una visuale che risulta quasi annebbiata, non fanno che esaltare luci e dettagli inquietanti incredibilmente ben posizionati. Siamo rimasti piacevolmente stupiti della cura posta dallo studio di sviluppo nello scenario e nelle atmosfere: molti titoli con grafiche realistiche e grandi budget non hanno saputo innescare in noi una simile inquietudine.

Due modi diversi di affrontare l’avventura

Non abbiamo precisato che ci sono due possibili modalità di gioco: possiamo scegliere se affrontare il titolo “alla vecchia maniera”, contando quindi sulla presenza di numerosi e inquietanti mostri da sconfiggere, o se optare per una modalità maggiormente esplorativa, priva di nemici pronti ad ucciderci, per vivere appieno l’esperienza offerta da narrazione e atmosfera.

Crow country
Lo stile PS1 ha sempre il suo fascino

In entrambi i casi, la sensazione di inquietudine difficilmente saprà abbandonarvi. Soffermandoci però sulla caratteristica che differenzia le due modalità, ossia la presenza di personaggi ostili, sottolineiamo una buona ispirazione, un character design semplice ma immediato e un buon posizionamento di queste creature. In più di un’occasione apparirà un mostro che vi spaventerà sia per il suo aspetto, sia per le modalità in cui si paleserà a voi.

Un tuffo in un “terribile” passato

Come da prassi per i survival horror, avremo a disposizione diverse armi da usare, ma non saremo costretti a uccidere tutto quel che ci si para davanti: Mara può sparare col suo revolver (o altre armi che si sbloccano man mano nell’avventura) solo da ferma, ma ciò ci consentirà di avere il completo controllo del mirino, aspetto che rende il titolo decisamente più fluido del previsto.

Anche chi deciderà di affrontare l’avventura senza imbattersi in inquietanti creature si troverà di fronte a più di una sfida: una delle caratteristiche fondamentali del gioco è infatti la presenza di numerosi enigmi ambientali.

L'ambientazione di Crow Country è
L’ambientazione di Crow Country è una delle parti meglio riuscite

Questi ultimi ricordano molto le esperienze dell’era PS1. Sembrano quasi invogliarci a prendere carta e penna per segnarci codici di accesso, dettagli dei documenti raccolti in giro e altro. Guardarsi attorno nei piccoli ambienti del parco divertimenti sarà fondamentale, non solo per sbloccare gli enigmi, ma anche per venire a conoscenza della lore, narrata tramite documenti, e altri piccoli segreti.

 

Gli elementi che fanno palese riferimento ai titoli del genere degli anni 2000 non si limitano alla grafica e alla struttura degli enigmi: il menu di gioco, così come l’impossibilità di salvare quando si vuole e ovviamente di usufruire del salvataggio automatico, rendono Crow Contry un’esperienza assolutamente fedele ai titoli di riferimento, pur riuscendo ad inserire senza forzature elementi moderni che rendono più profonda ed intrigante l’esperienza di gioco.

In generale, non possiamo certo affermare che Crow Country sia un titolo privo di contenuti. La sua longevità infatti risulta ben bilanciata (siamo sulle 10 ore di gioco circa) e possiamo arricchire la nostra esperienza con la modalità New Game Plus, minigiochi sparsi per la mappa, e non solo.

Crow country
Una stanza molto inquietante, cosa nasconderà?

Il lato che più ha fatto sì che si parlasse di Crow Country è sicuramente quello artistico: lo stile PS1 è ripreso fedelmente in ogni minimo dettaglio, dai menu (con tanto di cardiofrequenzimetro old-style per percepire il grado di tensione di Mara) fino alle musiche, passando ovviamente per la già ampiamente lodata resa grafica.

Se proprio dobbiamo criticare un aspetto dello stile artistico del gioco questo è sicuramente la scelta delle musiche: anonime, a tratti piuttosto fastidiose. Nella versione PS5 non segnaliamo particolari utilizzi del Dualshock, né per quanto riguarda la vibrazione né per il microfono interno.

Crow Country
8.5
Voto 8.5
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Di Sara Pandolfi Editor
Nata e cresciuta videoludicamente sotto il segno della triforza, grande appassionata di videogiochi a 360°, ma con un nostalgico occhio di riguardo alle creazioni della grande N.