Warner Bros. ci regala questo terzo capitolo della storia di Adonis Creed, in molti si sono chiesti se fosse davvero necessario tornare sul ring con Michael B. Jordan, che questa volta oltre ad essere il pezzo da novanta davanti la cinepresa, è anche il leader della regia. Creed III è un film sulla boxe e come tale va trattato, sottolineando sfumature e dettagli della nobile arte.
Diamante e baby
Adonis Creed è ormai un pugile affermatissimo, pluripremiato campione del mondo si ritira dalle scene come vincente ed avvia una attività di managment nel campo che gli riesce meglio: la boxe appunto. Grazie alla sua palestra allena i pugili di “domani” già da oggi, ma tutto cambia quando a bussare alla sua porta c’è un fantasma del natale passato: Damian “Diamond” Anderson, uscito di galera dopo diciotto anni torna dal suo migliore amico, e gli rivela che il suo sogno, quello di diventare campione del mondo dei pesi massimi, è ancora la sua ragione di vita nonostante l’età avanzata.
Adonis superato lo shock iniziale cerca di far ragionare l’ex-amico fraterno (finito dentro proprio per proteggere Adonis diciotto anni prima) con scarso successo. Fantasmi del passato e demoni del presente si avvicendano nella mente del nostro Baby Creed, diviso tra la crescita personale e quella della sua famiglia composta da sua madre, Bianca, la donna della sua vita, e sua figlia. La trama di Creed III è liscia come un buon amaro senza ghiaccio: niente di eccezionale, roba già vista in un certo senso, con il protagonista che si ritrova alle prese con un dramma del passato. Tutto sommato non è male, ma la domanda serpeggia ancora: vale la pena tornare sul ring con questa premessa?
Un film da manuale
Creed III è un film scolastico nel senso atavico del termine: pulito, con scene sempre comprensibili, telecamere prive di qualsivoglia movimento sbagliato, perfetto sotto il punto di vista fotografico e sempre brillante, mai sporco e con tanta luce anche nei momenti bui dei protagonisti. Paradossalmente le scene migliori sono quelle che avvengo al di fuori del ring, con Adonis e Bianca che si riscoprono fidanzati, prima ancora che marito e moglie, e qui la prova attoriale tra Michale B. Jordan e Tessa Thompson è eccezionale, i due ci fanno davvero credere di essere una coppia, regalandoci momenti di genuina complicità e litigi che avvengono tra tutte le coppie vere al di fuori dello schermo.
Dopo aver visto Jonathan Michael Majors nei panni di Kang al cinema per la Marvel, è stato interessante vederlo spoglio dell’armatura, con muscoli scolpiti al millimetro, in calzoncini e guantoni: l’attore dipinge un Damian arrabbiato, deluso dalla vita e sempre sull’orlo del pianto liberatorio che però non lascia mai le palpebre, si ferma là ad un passo dalla lacrima. Eccezionale veramente.
Creed III non sbaglia, non si prende il lusso di una caduta, tutto viene girato al millesimo di secondo come fosse un compito in classe in bella copia, e per questo si perde un po’ nel banale: intendiamoci, le quasi due ore (il film dura 116 minuti) della pellicola scorrono senza intoppi, il problema più grande sta nell’eccessiva pulizia del prodotto.
Meno Rocky, più Creed
La pellicola è opulenta, densa di case di lusso e di una pletora di auto che Adonis Creed guida per la città, passando quasi inspiegabilmente da Rolls Royce a Cadillac per finire in BMW e Mercedes (nel passato). La differenza sostanziale tra questo ed un film di Rocky si sente e si vede anche dalla palestra utilizzata dal protagonista: bella, ricca di attrezzi all’avanguardia e tecnologie che studiano lo stato fisico dell’atleta, niente a che vedere con le corde impolverate o i pollai di Rocky, passando per le celle frigorifere dove prendere a pugni i quarti di manzo.
L’assenza di Sylvester Stallone all’angolo di Michael B. Jordan urla molto di più di quanto ci si aspettasse, gettando un’ombra sulla scena che nemmeno le luci più potenti possono eclissare. Ennesima differenza è la totale assenza di sangue sui contendenti, quasi a voler sottolineare la bellezza della pulizia perfino quando sudore e colpi dovrebbero sporcare la scena.
Creed III è un film che non fa il passo avanti, ma anzi non ci prova nemmeno, rimando nella sua comfort zone senza prendersi il rischio di un cambiamento. Come boxing movie è ok ma non arriva neanche minimamente alla grandezza di un Southpaw – L’ultima sfida o alla bellezza e alla profondità di Creed II. Ne è valsa la pena? In parte si ed in parte no: se fossimo in una partita di calcio potremmo dire che questo “ritorno” è stato un pareggio, quindi considerando il secondo capitolo dove “ha vinto la squadra di casa” la vittoria generale è loro ma poteva dare di più.