Nella New York degli anni ’90, Lee Israel (Melissa McCarthy) è una scrittrice di biografie di talento a cui la vita non ha certamente sorriso: sgradevole nei modi e nell’aspetto, misantropa e solitaria (i suoi unici amori sono l’alcol e l’amato gatto), ignorata dalla critica e dalla sua casa editrice, la donna lavora per pochi dollari come correttrice di bozze per vivere miseramente e mantenere un lurido appartamento.
Quando viene licenziata dal suo unico impiego, Lee per guadagnarsi da vivere e pagare le cure al vecchio gatto decide di sfruttare la sua scrittura brillante e l’enciclopedica conoscenza su celebrità del passato e aneddoti del vecchio showbiz. Inizia così a falsificare lettere e telegrammi di attori, scrittori, comici e registi per poi rivenderli a prezzi altissimi a collezionisti e intenditori. Con l’aiuto dell’unico amico Jack Hock (Richard E. Grant), un omosessuale ricco di intelligenza, joie de vivre e maestro dell’arte dell’arrangiarsi, Lee avvierà un’illecita attività che le permetterà di ritrovare slancio nella vita e riscatto come autrice.
La vera storia di questo personaggio large than life è portata sul grande schermo da Marielle Heller in Can You Ever Forgive Me? (Copia Originale il titolo in italiano), film biopic tratto dall’omonima autobiografia/confessione di Lee Israel (1939 – 2014), A vestire i panni della falsaria è la comica Melissa McCarthy alla sua prima svolta creativa che le ha fatto guadagnare la seconda nomination all’Oscar. Il film è anche candidato ai premi per miglior attore non protagonista a Richard E. Grant e miglior sceneggiatura non originale.
Stupisce sempre la capacità del cinema di dare spazio a storie e personaggi che rischierebbero altrimenti di finire nel dimenticatoio. In pochi d’altronde possono dire di aver letto la biografia bestseller in America da cui Copia Originale è tratto, ed è un vero peccato : la storia è piena di considerazioni importanti sulla natura del talento, sulla nostalgia di tempi passati , sulla solitudine e la depressione, sull’ipocrisia esistente nel mondo delle arti – e della scrittura in particolare – e su tanto altro ancora condita con l’umorismo al vetriolo dell’autrice.
La regista Marielle Heller lavora di lima mettendo al cuore del film l’interpretazione dei due protagonisti, due personaggi diametralmente opposti e che si completano: lei chiusa, disincantata, pratica, omosessuale per i fatti suoi; lui estroverso, ipercinetico, incosciente, un gay sgargiante che non chiede il permesso a nessuno. In un tira e molla di commenti taglienti, tra un drink e l’altro e insulti coloriti, tra amicizia dalle tinte comiche e dramma umano, si delinea l’America dell’amministrazione Clinton, la crisi dell’AIDS e la deriva culturale ed economica successive alla caduta del Muro di Berlino. Copia Orignale ragiona, attraverso il ritratto di un personaggio unico, sulle forme del talento e sul valore individuale nascosto oltre le apparenze, in un film che, ci fosse stato un po’ di jazz e qualche rottura di quarta parete, sarebbe potuto essere frainteso come un’opera del migliore Woody Allen.