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Borat: Seguito di Film Cinema – Recensione del dissacrante ritorno del personaggio di Cohen

Nel lontano 2006 il mondo fece la conoscenza di Borat Sagdiyev, un giornalista del Kazakistan creato e interpretato da Sacha Baron Cohen, che viene inviato negli Stati Uniti per studiare gli usi e i costumi del popolo americano così da esportarli anche nel suo Paese d’origine. Il primo film a lui dedicato riscosse un grande successo misto ad altrettanto scalpore, poiché venne girato come un enorme finto documentario – chiamato in gergo Mockumentary – nel quale gli individui che ne hanno preso parte erano completamente all’oscuro che si stesse girando un film, mostrando al mondo uno spaccato assolutamente reale del popolo statunitense.

Quasi quindici anni dopo Cohen torna a vestire i panni del giornalista kazako, in un sequel che scuote ancora più violentemente le fondamenta del sistema occidentale contemporaneo, più particolarmente quello americano. Con Borat: Seguito di Film Cinema, che nello stile del predecessore prende il lungo sottotitolo di “Consegna di portentosa bustarella a regime americano per beneficio di fu gloriosa nazione di Kazakistan“, la satira socio-politica è di quanto più dissacrante e sferzante visto negli ultimi anni. In questo lungometraggio uscito su Amazon Prime Video lo scorso 23 ottobre diretto da Jason Woliner e scritto dallo stesso Cohen, lo sceneggiatore e protagonista ha riversato e mostrato a tutto il mondo in maniera quanto più ossimorica possibile la surreale realtà in cui viviamo, compresa una grande parentesi dedicata al Covid-19, permeando la pellicola con un messaggio anti-repubblicano costante.

Borat

Una perpetua derisione dell’attualità

Borat: Seguito di Film Cinema inizia esattamente 14 anni dopo il primo, periodo che il giornalista ha passato ai lavori forzati per aver messo in ridicolo l’intera nazione del Kazakistan. Per cercare di tornare nelle grazie del suo popolo, quindi, decide di accettare l’offerta del suo presidente che consiste nel consegnare una surreale “bustarella” al vicepresidente americano Micheal Pence, così da far riottenere al proprio Paese una minima credibilità. Questa tangente purtroppo subisce una tragica scomparsa, causata dalla figlia dello stesso Borat, che per cercare di tornare in Kazakistan senza essere giustiziato decide di offrire la povera quindicenne come dono.

Le situazioni in cui si imbatteranno i due protagonisti saranno dalle più disparate e demenziali, tutte montate perfettamente per mettere in ridicolo ciò che è l’America attuale. La satira sociale e politica è presente in ogni fotogramma e in ogni scena lo spettatore rimane in bilico tra la risata e il fastidio per ciò che viene mostrato. Anche se magari alcune sequenze rasentano il limite della sopportabilità, scadendo in gag che fanno utilizzo troppo spesso di parti intime maschili o femminili, lo scopo di Cohen per questo sequel è stato centrato in pieno: mostrare il ripugnante miscuglio di odio e violenza in cui si sono trasformati gli Stati Uniti degli ultimi anni, in una perpetua risata a denti stretti.

Le riprese di Borat; Seguito di Film Cinema, inoltre, sono state effettuate in poche settimane e nel bel mezzo dell’attuale pandemia di Covid-19, permettendo più di qualche riflessione anche su come il popolo americano ha vissuto la quarantena. Grazie alla perfetta narrazione di questo lungometraggio, Cohen riesce anche a mostrare e ridicolizzare sia i vari complottisti e le manifestazioni dei negazionisti, sia il virus stesso, grazie a un finale che cita apertamente “I Soliti Sospetti” di Bryan Singer e nel quale scopriamo cosa davvero si nasconde dietro questa emergenza sanitaria in un colpo di scena davvero esilarante.

Borat

La visione di Borat (o meglio, di Cohen) dell’America

Il messaggio anti-repubblicano e anti-Trump è chiaro fin dai primi minuti del film. Se con il primo film di Borat la satira politica era più velata, in questo seguito Cohen si scaglia continuamente contro l’attuale governo americano, attaccando in maniera diretta figure di spicco come il vicepresidente Michael Pence o Rudy Giuliani, mostrando semplicemente allo spettatore uno spaccato della realtà che il popolo americano – e perché no, anche il resto del mondo – sta vivendo ma del quale non sembra accorgersi. Parodiare il luogo comune di un uomo del medio-oriente ha permesso all’attore protagonista di spingersi al limite in ogni situazione o discorso, così da mettere alla prova il popolo americano come se fosse un gigantesco esperimento sociale, tirando fuori delle sequenze che rasentano l’assurdo: da chirurghi estetici che consigliano un intervento al seno su una ragazzina di 15 anni, a venditori di gabbie che non rimangono interdetti quando Borat ne acquista una per farci dormire la figlia, passando da bifolchi complottisti che pensano che i Clinton bevono il sangue dei bambini.

In questo lungometraggio troviamo anche un forte messaggio femminista, relegato soprattutto nel personaggio di Tutar, la figlia di Borat, interpretato da una bravissima Maria Bakalova. Grazie a questo personaggio viene messa in mostra sia l’arretratezza degli usi e costumi dei Paesi orientali riguardo alle donne, sia soprattutto l’oggettificazione del sesso femminile nella società occidentale, mettendo in ridicolo eventi come i balli delle debuttanti, e che raggiunge il suo climax con la destabilizzante scena con protagonista Rudy Giuliani. Secondo Cohen, infatti, era necessario far uscire questo film in questo preciso momento, a pochi giorni dalle votazioni presidenziali, così da mettere in mostra a tutto il mondo questi esponenti del partito repubblicano, soprattutto tenendo conto del semplice ma altrettanto agghiacciante messaggio che compare in chiusura del lungometraggio.

Borat: Seguito di Film Cinema

9

L'ultima fatica di Sacha Baron Cohen risulta essere uno dei prodotti meglio riusciti dell'attore americano, che grazie alla sua satira pungente e dissacrante colpisce lo spettatore dritto nello stomaco. Borat: Seguito di Film Cinema è un film necessario, che mostra la cruda realtà di una società occidentale nel suo momento peggiore, schernendola continuamente dall'inizio alla fine e lasciando lo spettatore di fronte a un messaggio finale semplice ma di una potenza agghiacciante.

Mauro Landriscina
Nato nel 1997 e al momento studente di Cinema, fin da piccolo si appassiona di videogiochi grazie al Game Boy Color del fratello maggiore. Pensa troppo al futuro e poco al presente, spesso perdendosi nei suoi pensieri e andando quindi a sbattere su qualche palo per strada. Il suo sogno nel cassetto è quello di dirigere un film d'animazione.

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