Il destino del genere umano è agli sgoccioli, un parassita vermiforme ha rapidamente colonizzato la stragrande maggioranza degli uomini e li ha trasformati in delle bestie sanguinarie e bramose di carne chiamate Ridden. Di conseguenza, quando la fine del mondo chiama ognuno di noi può scegliere di comportarsi in due modi diametralmente opposti: ci si può rifugiare in casa e scappare dagli infetti in attesa della fine, oppure fare come in Back 4 Blood, prendere una mazza chiodata, un gruppo d’amici, qualche fucile, e prendere a calci l’apocalisse un proiettile alla volta. Se avrete abbastanza fegato di affrontare tutti gli orrori che Back 4 Blood vuole offrirvi oppure no, ecco la nostra recensione del titolo.
Un tripudio di sangue e pallottole
Le nostre aspettative per Back 4 Blood sono sempre state altissime, proprio perché parliamo del nuovo lavoro di Turtle Rock Studios, gli sviluppatori dei leggendari Left 4 Dead, che probabilmente sono tra i migliori videogiochi cooperativi in commercio. Di conseguenza eravamo molto ansiosi di mettere le mani sul prodotto finito, e dopo un’attenta prova possiamo definirci molto soddisfatti dall’esperienza complessiva, nonostante qualche difetto minore che però non ha gravato in modo significativo sulla valutazione finale. Infatti, il prodotto non è soltanto il seguito spirituale dei due titoli di casa Valve, ma ne è soprattutto l’evoluzione con la presenza di un gameplay molto simile in più punti, ma che a suo modo risulta unico grazie al sistema di carte casuali e di mazzi personalizzabili dal player, oltre a un sistema di gunplay vincente. Il gioco è quindi uno sparatutto in prima persona dal gameplay rapido e viscerale con scontri violentissimi, brutali e sanguinosi che sanno regalare ore di sano divertimento, anche grazie a una risposta credibile delle bocche da fuoco, e una velocità forsennata dell’azione. Infatti, tali battaglie sono molto similari a quelle già viste in L4D ma con un ritmo ancora più pressante e una violenza ancora maggiore, anche grazie a un numero di orde superiore (ma dalla portata più limitata).
In sostanza in questo seguito spirituale viene condivisa la struttura a corridoi del predecessore con checkpoint nei rifugi, anche se in questo caso i luoghi sicuri non rappresentano un punto dove fuggire inseguiti dagli zombi, quanto più un piccolo momento di pausa fra un massacro e l’altro da parte degli Sterminatori (gli umani), che sono delle vere e proprie macchine da guerra. Tuttavia, nonostante le grandi potenzialità dei nostri otto eroi non dobbiamo mai sottovalutare la potenzialità dell’orda, che può logorare in lunghe battaglie anche i più coriacei guerrieri e portarli a cedere anche ai livelli di sfida intermedi. Diventa di conseguenza assolutamente fondamentale per la riuscita del gruppo una buona dose di gioco di squadra e una grande mobilità nelle ambientazioni, per evitare di finire continuamente imbottigliati in logoranti guerre locali che alla lunga possono prosciugare tutte le risorse in nostro possesso, magari proprio poco prima del confronto con un pericolosissimo boss. Parliamo quindi di uno sparatutto dall’altissimo potenziale di rigiocabilità, uno dei suoi punti di forza, principali. Dobbiamo però precisare che la varietà delle situazioni consiste più nel modo in cui i vari modificatori ambientali vengono inseriti all’interno della partita, più che un vero e proprio modo disporre i nemici per la mappa come succede in Left 4 Dead.
Un gioco da condividere con gli amici
Back 4 Blood è quindi un titolo che fa del gioco di squadra il suo mantra assoluto ed è dedicato soprattutto a gruppi di amici che vogliono passare insieme dei pomeriggi a fare a pezzi migliaia di infetti con ogni arma e in ogni modo possibile. Proprio parlando di gruppi d’amici, il titolo dispone di una funzione cross-play fra le piattaforme che sicuramente sarà molto d’aiuto per tutti i player che sono desiderosi di raggiungere i propri compagni su altri dispositivi. Il titolo è quindi stato pensato quasi esclusivamente per essere goduto in compagnia, anche di giocatori casuali… e qui arriva uno dei pochi punti discutibili dell’opera, vale a dire il single-player. Nell’ottica dei ragazzi di Turtle Rock Studios il titolo può essere giocato in solitaria con il supporto di 3 bot la cui intelligenza artificiale è notevolmente superiore a quella dei personaggi di Left 4 dead, ma provare in questo modo il titolo è fortemente disincentivo. Questo perché in singolo è possibile esclusivamente proseguire la linea narrativa con i suoi 4 atti, senza però ottenere né gli achievement (trofei/obiettivi) e nemmeno la preziosa valuta utile per sbloccare le Linee di Rifornimenti.
Infatti, Back 4 Blood mette in campo un’interessante struttura di progressione, quella delle linee dei rifornimenti che consente al giocatore di sbloccare in modo progressivo carte per la modalità coop e per il pvp di gioco oltre a vari oggetti di natura estetica. Questo sistema è probabilmente una delle componenti principali che invitano i player a migliorarsi continuamente e a comporre quello che è di fatto una sorta di end-game. Siamo ben coscienti che privare il single-player di questa funzione è comunque una scelta degli sviluppatori per un gioco che dà il meglio di sé nel multigiocatore, tuttavia l’esclusione delle ricompense da tale modalità ci è sembrata un’occasione sprecata, visto che le mappe e le quest sono state pure adattate per il gioco in singolo.
Poker di molotov
Il già citato sistema di deck di Back 4 Blood si è rivelato in fase di recensione come una delle componenti più riuscite della produzione di Turtle Rock Studios. Infatti, è proprio grazie a questo pilastro che il gioco aumenta a dismisura la rigiocabilità di fondo portandola potenzialmente all’infinito. Per spiegare meglio come funziona il sistema dobbiamo specificare che giocare alla campagna del titolo è come provare un’ipotetica e sanguinosissima partita a carte con l’avversario guidato dall’intelligenza artificiale. Di fatto, già la scelta dello Sterminatore che utilizzeremo durante la missione avrà un importassimo ruolo nelle dinamiche di gioco. Ogni eroe ha infatti una sua potente abilita primaria attiva o passiva, una secondaria, una di squadra e un’arma di riserva iniziale unica. Dall’altra parte l’IA che controlla la partita ha un insieme di pedine e di effetti climatici o ambientali che può aggiungere al match sotto forma di Carte Corruzione per ostacolarci, mentre i giocatori hanno a disposizione dei corposi mazzi di 15 carte per difendersi e dominare l’avversario.
In generale ogni carta del giocatore applica un bonus alle statistiche del singolo player o dell’intera squadra che di conseguenza diventano sempre più forti e potenti man mano che la partita procede. Inoltre, ogni possibile scheda ha anche una versione potenziata della stessa con bonus ancora più dirompenti, ma che allo stesso tempo possiede dei pesanti malus. Per questo motivo è necessario cercare di combinare fra loro coppie di effetti – magari contrapposti – in modo che si annullino, a vantaggio magari di una terza abilità estremamente potenziata. Fra le carte, la stragrande maggioranza ha un effetto passivo come l’aumento del recupero di salute dalle cure o una maggiore precisione e danni alle armi. Esistono però abilità attive come quella di trasformare gli attacchi melee – che normalmente sono solo dei pugni – in potenti coltellate, con la possibilità di aggiungere in combinazione il poter guadagnare salute ad ogni uccisione corpo a corpo, dando vita a un combo molto potente.
Uno sciame spaesato
Durante il gioco abbiamo testato in modo approfondito il multigiocatore PVP competitivo, identificato come modalità Sciame. Chi ha familiarità con Left 4 Dead potrà osservare delle nette somiglianze con due forme presenti originalmente nel gioco di Valve, vale a dire il normale multigiocatore sui livelli e la modalità a orde. Sciame è in sostanza un’ibridazione fra questi due contenuti, con il setting che è quello di singole ambientazioni delimitate (come in orda), e gli infetti guidati dagli altri giocatori (come nel multiplayer standard) ma a turni alternati. Le regole sono abbastanza semplici: gli infetti devono eliminare gli Sterminatori nel più breve tempo possibile, mentre i sopravvissuti devono tenere duro più che possono. Il gioco si divide in turni alternati, un po’ come in Ranbow Six Siege, con le due squadre numericamente simili ma dalle capacità asimmetriche che si affrontano in vari round con un ribaltamento dei ruoli. Lo scopo del gioco è quindi quello di battere i tempi dell’altra squadra nella sopravvivenza, con gli Sterminatori che dovranno fare del loro meglio per resistere, mentre le aree di delimitazione della mappa si faranno sempre più piccole come nei Battle-royale.
Gli infetti dalla loro, hanno un corposo sistema di classi che, combinate, permetteranno loro di avere la meglio sugli umani, almeno nei primissimi round. Fra le specie di Ridden selezionabili abbiamo 3 grandi famiglie, quelle dei Colossi, delle Acuminate e dei Maleolenti. I primi sono un insieme fra dei tank e dei DPS, molti ricordano proprio gli infetti di L4D come il già citato Tank e il Charger, e in sostanza il loro compito è quello di sopportare grossi quantitativi di danni e allo stesso tempo infliggerne molti. Di contro sono molto lenti e possono essere facilmente abbattuti sotto il fuoco combinato di almeno due giocatori. Le acuminate sono probabilmente una delle classi più frustranti da vedersi giocare contro, anche se non chiaramente sbilanciate. Questa famiglia di Ridden è estremamente fragile e bastano pochissimi proiettili per ucciderle, d’altra parte però sono agilissime e capaci di attaccare sia a da vicino sia a distanza. In particolare, l’acuminata con 4 braccia è in grado di lanciare potenti getti acidi e nascondersi, fuggendo continuamente. Si rivela quindi ottima per gli attacchi mordi e fuggi, ma allo stesso tempo può essere molto frustrante da affrontare, a meno di avere armi di precisione con le quali affrontarle da lontano con la stessa moneta.
Vi sono infine i maleolenti, che sono una famiglia di supporto con danni a tempo. Per chi conosce L4D, questi ricordando tantissimo un’evoluzione del Boomer con varie sfaccettature e potenziamenti. Ognuno ha i suoi punti di forza e debolezza, ma di solito il compito dei giocatori che decidono di intraprendere tale ruolo è quello di arrecare danni e poi farsi esplodere il più vicino possibile agli Sterminatori per ricoprirli di acido tossico e interiora corrosive. Sono solitamente lenti e fragili, ma possono creare il caos in un gruppo di sventurati giocatori che hanno scelto di restare trincerati al chiuso. Tutti gli zombie poi, quando infliggono danni, guadagnano punti per potenziare le proprie famiglie di infetti.
I giocatori che in quel determinato turno interpreteranno gli umani dovranno invece sopravvivere il più a lungo possibile grazie ai canonici mazzi di carte e le varie opzioni offensive e di supporto attive e passive che possono garantire una buona combinazione, dato che ogni secondo conta. Infatti, i sopravvissuti non hanno la possibilità di ritornare in vita come invece è permesso ai non morti, di conseguenza la capitolazione è spessissimo solo questione di quando e come. Ne consegue che Sciame è certamente una modalità sulla carta molto interessante, con magari alcuni elementi da bilanciare, ma che non si accoppia benissimo con lo stile ludico del titolo che vede gli Sterminatori come macchine di morte senza pari invece che come animali braccati. Sciame resta comunque una divertente alternativa alla campagna cooperativa.
Sangue sullo schermo, sui vestiti, sangue ovunque!
Ottimo il comparto tecnico del gioco, che abbiamo provato su Xbox Series X con risoluzione 4K e 60 FPS granitici, questo per tutta la durata dei test e anche nelle fasi più concitate. Dobbiamo tuttavia segnalare la presenza di alcuni piccoli crash di sistema, anche se parliamo di una versione pre-release, quindi confidiamo che tutti i problemi siano risolti con la patch del day-one. Un piccolo appunto va fatto inoltre sul bilanciamento automatico della saturazione dei colori e della luminosità, che almeno nella nostra specifica situazione ha richiesto un piccolo aggiustamento manuale per migliorare la resa estetica del titolo. Ottimo anche il comparto artistico, con una scelta cromatica azzeccatissima che varia costantemente verso il rosso, e la presenza oltremodo costante di ammassi biologici di carne e vermi in putrefazione. Il tutto rende l’estetica di gioco gore in parte inquietante, ma dall’altra giustifica in modo magnifico l’enorme dose di violenza che ci sarà richiesta per sterminare migliaia di Ridden e le loro mutazioni terrificanti.