Babygirl è un film del 2024 scritto, diretto e prodotto da Halina Reijn e con un cast composto da Nicole Kidman, Harris Dickinson, Antonio Banderas, Sophie Wilde, ecc. È stato presentato in anteprima all’81° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia la scorsa estate, dove Nicole Kidman ha vinto la Coppa Volpi come Migliore Attrice, e successivamente anche al Toronto International Film Festival del 2024. Uscito nelle sale statunitensi il 25 Dicembre 2024, distribuito da A24, è arrivato in Italia il 30 Gennaio 2025, distribuito da Eagle Pictures.
Le cinquanta sfumature di Nicole Kidman
Romy (Nicole Kidman) è una donna di grande successo ed è riuscita a far conciliare la sua carriera e la sua vita privata: col tempo, è divenuta la CEO di un’importante azienda di New York e anche una buona moglie e madre di famiglia. Il rapporto con suo marito Jacob (Antonio Banderas), un uomo molto diverso da lei e con un’indole più artistica che lo ha portato ad essere un regista teatrale, è piuttosto solido. Tuttavia negli ultimi tempi, la sintonia sessuale è andata a scemare, e questo ha reso Romy piuttosto insoddisfatta per quanto riguarda l’intimità.
Tutto questo cambierà, perché in ufficio arriverà Samuel (Harris Dickinson), un giovane stagista per cui proverà attrazione, e lo stesso Samuel percepirà qualcosa dal desiderio della donna, e vorrebbe prendere il controllo della situazione. Romy si lascerà andare ed inizierà ad avere una relazione extra-coniugale col giovane stagista, tanto da rischiare di mettere a repentaglio sia la sua carriera che la sua famiglia in una volta sola.
Il movente della regista
Si è parlato molto di questo film piuttosto controverso, ed è effettivamente ha le sue ragioni per esserlo, perché dopo un’accurata visione e anche un’attenta riflessione si può constatare che “Babygirl” sia un film che va visto, nel bene e nel male, che ha degli spunti interessanti su cui concentrarsi maggiormente e un movente ben specifico.
Halina Reijn ha voluto raccontare un film con delle tematiche piuttosto femministe, senza renderle forzate e cadere nel didascalico. Questo riesce a farlo egregiamente nella prima parte, ma nella seconda si perde in alcuni elementi, come un’eccessiva ridondanza della situazione ricorrente. Purtroppo, nonostante ci siano una buona regia alla base che regge per tutta la durata, e una buona presentazione della trama e dei personaggi per far capire fin da subito cosa volesse fare, il film si perde un po’ nella seconda parte ,e si sfiora la ripetitività e l’assurdità. Tutto questo per arrivare ad un finale piuttosto circolare, ma si poteva osare di più e fare di meglio in alcune scene. Scelta voluta dalla regista o errori di disattenzione?
La copia di “Cinquanta Sfumature”… più interessante dell’originale
A detta di molti, “Babygirl” si presenta come una copia di “Cinquanta Sfumature”, ma in realtà non sarebbe il paragone giusto da fare: questo perché le differenze ci sono, e sono piuttosto evidenti. A differenza dei romanzi scritti da E. L. James e della trilogia cinematografica con protagonisti Dakota Johnson e Jamie Dornan, “Babygirl” è una storia che parla sì di una storia tra i due e la loro sessualità, ma in un modo ancora più sensato, e da cui ognuno può ricavare le proprie considerazioni e scatenando anche un dibattito.
Mostra una situazione al contrario però: quella che perde il controllo in realtà è lei, nonostante il suo ruolo sociale sia nettamente “superiore” a quello del giovane protagonista. Inoltre, si esplorano la sessualità e la storia tra i due in un modo più interessante e mai in maniera superficiale, spingendo anche ad una riflessione sul loro comportamento e cercare di capire la psicologia dei protagonisti.
La figura di Romy
Romy è una donna che può essere d’ispirazione per altre, perché è quella figura che è riuscita a trovare un’equilibrio tra essere un buon amministratore delegato e una brava donna di famiglia. Questo è un sogno di tante donne, ma una situazione del genere può portare una donna come Romy ad essere nell’occhio del mirino, e questo è un altro elemento centrale del film. La regista è stata anche capace di saper trattare questa tematica e a far fare al pubblico queste domande: «se al posto di lei, ci fosse stato un uomo che ha il suo stesso ruolo, e avesse fatto quello che ha fatto lei, avrebbe suscitato lo stesso scandalo? Quanto sarebbe stato posto al giudizio?» La risposta è semplice: «non avrebbe fatto lo stesso effetto».
Donne come Romy hanno molto più da perdere, così come debbano faticare di più a raggiungere quegli obiettivi. Romy è una donna molto sicura di sé, però la sbandata le ha fatto perdere quella sicurezza e ha ceduto alla tentazione per liberarsene (citando Oscar Wilde) e nonostante sia consapevole di commettere quell’errore. Ha fatto come Didone nell’Eneide, ossia si è lasciata andare in tutti i sensi, e rischiando di perdere tutto, per un uomo con cui sa che non potrebbe avere un futuro. Ma allo stesso tempo, è ciò di cui ha bisogno per colmare un vuoto (basta guardare l’inizio del film per capirlo) e non può farne a meno, come se avesse una tossicodipendenza.
Nicole Kidman si meritava la Candidatura agli Oscar
Nicole Kidman ha alle spalle una carriera di tutto rispetto, e ha ricoperto ruoli di ogni tipo, ma quello di Romy le è riuscito perfettamente. È stata talmente brava che vederla “snobbata” dalle Candidature agli Oscar è stato un vero peccato, perché si meritava di ottenere almeno la menzione a Candidata come Migliore Attrice Protagonista, per la prossima edizione che si terrà il 2 Marzo.
Anche Harris Dickinson è riuscito ad interpretare bene il suo ruolo, tanto da riuscire a far odiare il suo personaggio. Samuel è un ragazzino che è riuscito a far crollare Romy e a ribaltare i ruoli (nell’intimità), e rappresenta il proibito e la trasgressione, mentre Jacob (il marito di Romy interpretato da Antonio Banderas) rappresenta la sicurezza e la stabilità. Romy ha bisogno di entrambi per sentirsi completa.
Sono tanti gli spunti interessanti da ricavare in questo film, e ci vorrebbero ore per parlarne, ma non significa che sia un film perfetto. Anzi, è lontano dall’esserlo perché ci sono parecchi difetti e si perde strada facendo, nello scorrimento del minutaggio. Nonostante la buona regia e un buon ritmo nella prima parte, la seconda rischia di mandare all’aria tutto perché il ritmo cala drasticamente e gira troppo in tondo, divenendo didascalico e ridondante.
Il difetto più grande però, è la presenza di alcune scene che sfiorano l’imbarazzo, e che fanno venire voglia di mettersi le mani tra i capelli alla vista. Per quanto si possa comprendere la situazione, vedere certe scene oltrepassa il limite della tolleranza, e non si sa se provare “pena” o “rabbia” alla visione di certe azioni. Tutto questo per arrivare ad un finale lineare, ma si discute il come ci si arriva. Nonostante tutto, Babygirl va visto e merita una possibilità.