Con l’evolversi del mercato videoludico, l’aumento esponenziale dei generi presenti e utilizzati dagli sviluppatori è stato semplicemente naturale. Sono così nati, grazie a idee strampalate e impreviste, moltissimi tipi di gameplay spesso diametralmente opposti, ma talvolta simili in diversi fattori. Al giorno d’oggi, che si parli del mercato indie o delle più blasonate software house, molto spesso ci si trova a prendere spunto da idee già affermate e amate dai consumatori, al fine di rivoluzionarle, ampliarle, o magari fonderle con altre. Atomicrops, opera a cura di Bird Bath Games e pubblicata da Raw Fury, s’identifica proprio in quest’ultima categoria.
Parliamo di un gioco che senza dubbio ha puntato sull’originalità, ma che parte da basi ben solide unendo diversi generi videoludici, tra l’altro completamente differenti tra loro. Passiamo infatti per il rogue-lite, particolarmente simile a quanto visto in Enter the Gungeon, come anche per il tower-defense e il concetto di farming di opere come Stardew Valley o della serie Story of Seasons. Certo, non è ovviamente il caso di classificare Atomicrops come una mera scopiazzatura di qualche idea presa qua e là da progetti riusciti, in quanto punta a fondere e amalgamare in maniera insolita tutte queste meccaniche, cambiandole spesso e aggiungendone di nuove. La domanda ora è, sarà riuscito il team a creare un prodotto solido e completamente innovativo, seppur basato su idee piuttosto comuni? Non ci resta che scoprirlo nelle prossime righe!
Post-apocalisse nucleare in Atomicrops
In una giornata più che tranquilla, sotto il dolce sole che illumina una spensierata fattoria, facciamo la conoscenza di un ragazzo, che parlando con il proprietario del posto si ritrova in un mare di felicità, mentre esplora i dintorni colorati di verde e interamente disegnati a mano, oltre che animati da effetti davvero deliziosi. Non ci vuole molto prima che egli noti una strana botola, nella quale decide di entrare, per poi farsi due risate su quanto questa possa essere sicura. In fondo, in quel luogo non è mai successo niente, gli ricorda l’uomo, a cosa potrà mai servire quell’anfratto? Forse per ripararsi dall’esplosione nucleare che li travolgerà da lì a pochi secondi, lasciando il ragazzo da solo nella botola e stranamente incolume, ma rivoluzionando nel mentre il pianeta. L’avventura di Atomicrops mette il giocatore proprio contro il mondo intero, portandolo a rimettere in piedi la sua fattoria di riferimento, senza però che i pericoli ci mettano molto a fare capolino. Tutto è divenuto infatti letale, dalle piante agli animali non c’è nulla che non sia armato fino ai denti e affamato, pronto a divorare il raccolto del personaggio… e anche quest’ultimo.
Il protagonista ha quindi l’obiettivo di sopravvivere alle ondate di nemici, durante le varie giornate. L’intera esperienza è basata su dei giorni piuttosto brevi, che fanno avanzare lo scorrere del tempo di circa un mese con tanto di cambi di stagione. Una volta approdato sul campo l’obiettivo è quello di preparare il terreno per la piantagione, piantare i semi e annaffiarli, o magari allontanarsi dal raccolto andando in giro per la mappa alla ricerca di materiali e mostri da sconfiggere. Fatto sta che ci vogliono circa due minuti prima che la notte sopraggiunga, e il raccolto venga assaltato da ondate di avversari, che è il caso di sconfiggere repentinamente al fine di portare a casa del bottino. Per farlo è sufficiente usare l’arma di base o una acquistata nel campo base, che si romperà tuttavia alla fine della giornata. Il raccolto serve infatti per accumulare punti da spendere proprio nella hub di gioco, rifornendosi di armi, potenziamenti, ampliamenti per la mappa, e instaurando delle relazioni con dei personaggi, i quali forniscono successivamente bonus piuttosto interessanti per procedere nell’avventura.
Minestrone poco saporito
Nonostante quanto descritto risulti affascinante a primo acchito, purtroppo il miscuglio delle moltissime meccaniche si trasforma velocemente in un’esperienza poco rifinita, per certi versi raffazzonata, che perde la sua profondità in ogni genere, e che tenta di distinguere il suo gameplay da rogue-lite senza ottimi risultati. Nei pochi minuti di ogni giornata è necessario compiere decine di azioni, senza mai ottenere effettiva soddisfazione e senza sentire la profondità delle attività che si effettuano, in quanto ogni aspetto è sì amalgamato con gli altri (ma allo stesso tempo superficiale, mai degno di nota, e soprattutto non gustabile a pieno).
Le scelte di design prese nell’ambito temporale risultano quindi tutt’altro che azzeccate, e penalizzano un gameplay che avrebbe potuto invece splendere se curato e fuso meglio in ogni suo aspetto. L’esperienza si salva del tutto sul lato visivo e sonoro, attraverso una grafica in pixel-art davvero interessante, desaturata e diversificata al punto giusto, nonché accompagnata da motivetti strani e a tema con l’aria satirica dell’intera esperienza. Anche i vari personaggi sono piuttosto ispirati, al contrario degli scenari alquanto spogli, i quali fanno un po’ storcere il naso quando si combatte con i mostri durante le esplorazioni.