Dopo aver analizzato la figura di O.J. Simpson e del lungo processo che lo ha visto come assassino della ex-moglie Nicole Brown e del compagno di quest’ultima, e il controverso assassinio del noto stilista italiano Gianni Versace, la celebre serie antologica di FX torna con una nuova e attesissima stagione protagonista della nostra recensione, American Crime Story: Impeachment. Quest’ultima è incentrata sul Sexgate, ossia lo scandalo sessuale che ha colpito il presidente degli Stati Uniti d’America Bill Clinton durante il suo secondo mandato. Era il 1998 quando Clinton venne sottoposto ad impeachment per falsa testimonianza e ostruzione alla giustizia dopo aver giurato, nel corso di un processo sulle presunte molestie sessuali nei confronti della giornalista Paula Jones, di non aver mai avuto rapporti con la giovane stagista Monica Lewinsky.
Ed è stata proprio Monica Lewinsky, dopo un’iniziale riluttanza all’idea di partecipare al progetto, a dare il suo contributo fondamentale alla ricostruzione, diventando una delle produttrici principali di questa stagione. La serie è scritta e diretta da Sarah Burgess ed è basata sul libro A Vast Conspiracy: The Real Story of the Sex Scandal That Nearly Brought Down a President di Jeffrey Toobi, che non si focalizza solo sulla relazione tra i due ma, soprattutto, sul potenziale complotto che circola intorno all’intera vicenda. American Crime Story: Impeachment sarà composta da dieci episodi, in onda dal 19 ottobre 2021 sul canale satellitare Fox, ed ecco la nostra recensione della prima puntata, “Exiles“.
American Crime Story: Impeachment, lo scandalo che ha scosso l’America
Come vi abbiamo già anticipato in apertura di recensione, American Crime Story: Impeachment è incentrata sul Sexgate, lo scandalo che nel 1998 ha visto come protagonista il presidente degli Stati Uniti d’America Bill Clinton e ha scosso l’intero Paese. Ad oltre vent’anni di distanza dalla vicenda la storia riemerge e arriva sul piccolo schermo, mostrando al pubblico i retroscena di uno degli eventi che ha segnato maggiormente le solide mura della Casa Bianca e che ha diviso la società americana. Il Sexgate, o Monicagate, è stato già analizzato con minuzia e morbosità in un gran numero di film, serie televisive e documentari, ma è evidente che in questa occasione FX ha provato a fare qualcosa di profondamente diverso, andando oltre ai dettagli intimi tra i due per mostrare un quadro d’insieme più grande e completo.
Per questo motivo, fin dai primi minuti di questo episodio, ci troviamo di fronte ad una grande quantità di informazioni da assimilare, tra nomi, luoghi e tantissimi salti temporali. Per poter raccontare la storia nella sua completezza, American Crime Story: Impeachment viaggia rapidamente dal 1991 al 2001, raccontando tutte le tappe di un percorso lungo e tedioso, iniziando proprio dagli eventi cruciali avvenuti all’inizio degli anni’90. A differenza della prima stagione, in cui gli spettatori venivano immediatamente trascinati all’interno delle fasi più drammatiche del processo ad O.J. Simpson, quest’ultima si muove più lentamente e analizza con estrema calma (forse anche troppa, per il momento) gli elementi che hanno portato ad uno scandalo di tale portata.
La parte centrale della narrazione, infatti, si apre nel 1993, il giorno in cui il vice consigliere della Casa Bianca Vince Foster (Matthew Floyd Miller) saluta Linda Tripp, una segretaria nel suo ufficio a Washington, e guida da solo in un parco nazionale della Virginia, dove si spara alla testa con un revolver d’epoca. Il tragico suicidio di Foster è stato uno degli elementi più importanti dell’intera vicenda, considerando che è stato proprio quest’ultimo ad alimentare il disincanto di Linda Tripp (qui interpretata magistralmente da una praticamente irriconoscibile Sarah Paulson) nei confronti dell’amministrazione Clinton, portandola poi, il 12 gennaio del 1998, a tradire la fiducia della sua amica e collega Monica Lewinsky, mettendo effettivamente in moto gli eventi che hanno successivamente portato all’impeachment del presidente.
Piuttosto che focalizzarsi su Clinton, American Crime Story: Impeachment mette al centro della narrazione il piccolo gruppo di donne le cui figure sono irrimediabilmente legate alla storia della Casa Bianca, da Linda Tripp a Monica Lewinsky (Beanie Feldstein) stessa, regalandoci un punto di vista nuovo e decisamente inaspettato degli eventi. A queste va ad aggiungersi anche Paula Jones (Annaleigh Ashford) che, nel maggio del 1994, intenta una causa contro il presidente Bill Clinton, raccontando di essere stata vittima di molestie sessuali avvenute quando lui era ancora governatore dell’Arkansas. A tal proposito, la serie scava a fondo nell’emotività del personaggio, mettendo alla luce una realtà che, tristemente, è molto attuale ancora oggi. Il processo di Paula è scandito da una profonda angoscia e inquietudine in cui la donna si trova sul sentiero di guerra senza avere grandi prove a cui appellarsi e, soprattutto, in cui non si sente del tutto pronta a finire sotto gli impietosi occhi della stampa e del pubblico, pronti a divorarla da un momento all’altro.
Una storia che va raccontata un passo alla volta
Come abbiamo già anticipato in precedenza nella recensione, American Crime Story: Impeachment si concede il tempo necessario per esplorare con cura ogni parte della vicenda, soffermandosi ad approfondire tutta quel susseguirsi di eventi che, dal 1991 in poi, hanno portato Linda Tripp a tradire la fiducia di Monica Lewinsky, approfittando del sentiero già battuto da Paula Jones per infliggere un duro colpo all’amministrazione Clinton, e dando così il via al primo processo di impeachment in oltre un secolo di un presidente degli Stati Uniti in carica. Anche se necessario, in quanto inizia a gettare le basi per la serie di eventi che successivamente porteranno allo scandalo, questo episodio si muove con forse fin troppa lentezza, lasciandosi alle spalle il ritmo coinvolgente che aveva contraddistinto le altre due stagioni dello show.
Una scelta discutibile, forse, per un pilot che al momento si limita a restare sui binari e dimostra di essere ancora indeciso su che tipo di prodotto finale mostrarci. Quella che sembra un’accurata ricostruzione storica viene bruscamente interrotta da momenti decisamente fuori luogo che, anche grazie al gran numero di salti temporali presenti nell’episodio, non riesce a convincere a pieno per quanto riguarda il ritmo, altalenante e poco coinvolgente. C’è anche da dire che ci troviamo solo all’inizio di una storia lunga e pregna di eventi e, solamente al termine di questo episodio iniziamo ad avvicinarci a Bill Clinton (qui interpretato da Clive Owen) e ai dettagli più morbosi della sua relazione con la giovane Monica Lewinsky. Ci troviamo di fronte alla calma che precede la tempesta? Considerando i numerosi risvolti della vicenda questo è probabile e, sotto questo punto di vista, la serie inizia a gettare con successo le basi per una storia che ha tutte le carte in regola per catturare l’attenzione degli spettatori.