Akimbot: Recensione, un action platformer che riparte dalle basi

Ecco la nostra recensione di Akimbot, un action platformer con due simpatici protagonisti, che ricordano molto alcuni classici di qualche generazione fa.

Alessandro Giovannini
Di Alessandro Giovannini - Staff Writer Recensioni Lettura da 12 minuti
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6.5 Sufficiente
Akimbot

C’erano una volta gli action platformer. Serie storiche quali Ratchet & Clank e Jak and Daxter furono la gloria della sesta generazione di console, con il loro irresistibile mix di azione, avventura, sparatutto, platform e minigiochi di ogni tipo, in grado offrire un’esperienza ludica tout-court che facesse la gioia di ogni tipo di pubblico (anche se prevalentemente infantile/adolescenziale) regalando ore di spensieratezza e divertimento.

I ragazzi di Evil Raptor sono cresciuti con questo tipo di giochi, e la loro intenzione era quella di offrire al pubblico odierno una formula che ricalcasse in tutto e per tutto quella filosofia di game design. Il risultato è Akimbot, un’epopea spaziale all’insegna dell’umorismo che mette in scena le gesta di un nuovo dinamico duo. Sarà all’altezza dei suoi padri spirituali?

In una galassia lontana lontana

Questo tipo di produzioni si è sempre contraddistinto per una componente narrativa basilare, necessaria giusto per movimentare i protagonisti da un angolo all’altro del mondo (o dei mondi) di gioco con lo scopo ultimo di salvarlo dalle malvagie macchinazioni del cattivo di turno. Akimbot non fa eccezione, proponendo una trama esile che è poco più che un pretesto per mettere in moto gli eventi e giustificare un gameplay di ambientazione fantascientifica.

In un universo dove gli umani non esistono e gli unici esseri “viventi” sono robot, il protagonista Exe è un cacciatore di taglie che si ritrova incastrato in una macchinazione molto più grande di lui. Il terribile droide Malware (Evilware in originale; ma la localizzazione in questo caso è quantomai azzeccata!) è intenzionato a servirsi di un antico artefatto tecnologico per asservire stuoli di dino-robot con cui conquistare l’intero universo. L’ambasciatore galattico si rivolge proprio a Exe – fuggito rocambolescamente di prigione assieme al petulante Dataset, che si unisce suo malgrado alla sua fuga – per sventare il terribile piano. I nostri eroi, che non si sopportano, dovranno imparare a collaborare per il bene della galassia.

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Exe e Dataset litigheranno amabilmente per tutto il gioco

La storia prenderà pieghe più o meno rocambolesche – inclusi viaggi nel tempo, cambi di schieramento e altri colpi di scena – ma senza mai discostarsi dalle consuetudini del genere. Nel corso delle circa 8 ore necessarie a completare il gioco (qualcosa meno se siete veloci) vi darà comunque abbastanza motivazione per continuare nell’avventura, scorrazzando di qua e di là per pianeti dalle ambientazioni variegate (da distese desertiche a paradisi acquatici, da grotte ghiacciate a superfici vulcaniche) senza dimenticare qualche gradita parentesi orbitale a bordo di caccia spaziali da combattimento.

Non crediate però che ciò significhi libertà assoluta dal punto di vista della progressione: Akimbot è un titolo estremamente lineare, in cui l’ordine dei livelli è prefissato e l’esplorazione è ridotta i minimi termini. Ogni quadro è di fatto un lungo corridoio a ostacoli in cui si alternano fasi platform a combattimenti contro orde di nemici, per finire con l’immancabile boss. Nel percorso estremamente lineare che va dal punto A al punto B si può incontrare solo qualche minima deviazione che porta alla raccolta di collezionabili, del tutto inutili dal punto di vista della progressione o del potenziamento del nostro personaggio.

Ecco spiegato il motivo per cui mi pare giusto considerare Akimbot un action platformer più che un action-adventure. La dimensione “avventura” del gioco si circoscrive infatti alla narrativa picaresca, non certo al gameplay in sé che a conti fatti è un’alternanza tra salti ben calcolati e sequenze di spara-spara. Vediamo più nel dettaglio questi aspetti.

Cartuccia inceppata

Come detto, il gameplay di Akimbot si divide in due componenti principali: platforming e combattimento. Ce n’è poi una extra, che comprende minigiochi occasionali, sezioni di guida e brevi parentesi puzzle. In questa tripartizione il peso maggiore lo ricopre il combattimento, che avviene solitamente in aree circoscritte e implica quasi sempre di “pulire la stanza” per poter proseguire. Per fare ciò possiamo ricorrere a un attacco corpo a corpo, ma nella stragrande maggioranza dei casi faremo affidamento al nostro arsenale di bocche da fuoco.

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Una frenetica sparatoria

Nel corso del gioco otterremo quattro armi principali (fucile d’assalto, fucile di precisione, mitragliatore e lanciagranate), ciascuna richiamabile in ogni momento tramite la pressione del tasto corrispondente sulla croce direzionale. Ogni arma si rivela più adatta ad affrontare specifiche tipologie di nemici, anche se va detto che sono tutte potenzialmente intercambiabili; solo in alcuni casi necessiteremo per forza di armi specifiche, ad esempio per eliminare gli scudi energetici degli avversari.

Oltre a queste armi, tramite appositi negozi potremo acquistarne e potenziarne 4 aggiuntive, pagando con la valuta racimolata da apposite casse sparse in tutti i livelli. Queste armi speciali sono abbastanza diverse tra loro – si va da un cannone laser a getto continuo a un fucile lancia-acido – e ogni potenziamento aggiunge dei particolari modificatori – ad esempio, le doppie pistole possono garantire uno scudo temporaneo. La sensazione però è che tali armi siano state implementate molto male nel design del gioco, poiché il loro utilizzo non è praticamente mai necessario.

Noi ad esempio le abbiamo usate pochissimo, perché l’unico vantaggio concreto è quello di fare danno più velocemente delle armi normali; tuttavia, a differenza di queste, non hanno munizioni infinite e rimangono molto presto a corto di energia, che si ricarica sconfiggendo altri nemici. Dunque il gameplay loop vorrebbe spingere a utilizzare le armi normali fino a ricaricare quelle speciali, da utilizzare per massimizzare il danno momentaneo, e ricominciare. A conti fatti però il vantaggio è talmente esiguo che è spesso più pratico affidarsi alle sole armi base.

Considerate inoltre che potete portare solo un’arma speciale alla volta, dunque nel momento del bisogno – ad esempio in una bossfight – potreste scoprire che quella che vi siete portati dietro è poco efficace in quella situazione specifica. Insomma Evil Raptor avrebbe potuto implementare tali armi molto meglio, per esempio imbastendo un elementare sistema di debolezze e resistenze, o farne dei gadget utili all’esplorazione. Così sono invece un orpello che aggiunge poco o nulla all’esperienza.

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Il negozio dove acquistare e potenziare le armi speciali

A zonzo

Per quanto riguarda le fasi platform, i livelli si possono considerare dei lunghi percorsi a ostacoli che vi obbligheranno costantemente a fare salti ben calcolati ed evitare trappole mortali. Anche qui  non ci sono particolari vezzi creativi, ma il consueto assembramento di piattaforme che si sgretolano, raggi laser che inceneriscono, nastri trasportatori sospesi nel vuoto e altre amenità contribuiscono a tenere alta l’attenzione e il divertimento. Occasionalmente Akimbot tenta di rinnovare la formula aggiungendo fasi stealth o sezioni parkour, ma si mantiene su meccaniche veramente essenziali e non tenta mai di proporre qualcosa di nuovo e originale.

L’impressione di un’eccessiva essenzialità nel design del gioco si riscontra anche nella pochezza di manovre che Exe ha a disposizione, letteralmente tre: saltare, schivare e sparare. Il nostro eroe non si accuccia, non scivola, non si arrampica, non striscia, non rotola, insomma è estremamente limitato rispetto alle azioni che può compiere, e il level design ne risente negativamente: i livelli soffrono infatti di poca varietà, tutti simili tra loro come impostazione, e a stento offrono attività differenti da uno all’altro.

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Un enigma del gioco

Ogni tanto, come anticipavo prima, si incappa in qualche rompicapo che interrompe il nostro avanzare finché non lo avremo risolto. Si tratta di simpatiche variazioni su giochi di memoria, combinazioni numeriche o fasi da rhythm game, tutto facilmente superabile in pochi tentativi e con un minimo ragionamento, ma almeno aiuta a rompere la monotonia di fondo.

Dei livelli risalta più che altro l’estetica che, malgrado una mole poligonale ridotta, è in grado di conferire identità differenti ai vari mondi e donare qualche scorcio di sicuro effetto, come nelle sequenze di combattimento spaziale. E a proposito delle fasi di guida dei veicoli, anche qui si scorge un potenziale non del tutto sfruttato.

Nel gioco avremo l’occasione di metterci alla guida di mezzi di terra e di aria: tra i primi possiamo annoverare una specie di buggy, un fuoristrada da corsa e un carro armato, mentre i secondi sono ovviamente navicelle spaziali. Mentre il feedback di movimento dato da queste ultime è buono e consente di dar vita a spettacolari sequenze di combattimenti orbitali, i primi soffrono di comandi “tank”, inerzia e fisica non esaltanti, rendendone la guida spesso una fatica più che un divertimento. Alcune sequenze di guida poi si trascinano per diversi minuti di troppo, specie quelle scriptate, obbligando a ripeterle dall’inizio in caos di fallimento. Nulla di insormontabile, ma una situazione leggermente snervante che si poteva pensare meglio.

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Una sequenza spaziale

Se non altro Akimbot fa dell’immediatezza del gameplay la sua ragion d’essere, eliminando il game over: in caso di morte si ricomincia istantaneamente dall’ultimo checkpoint, non esistono vite, reset o altro del genere. Questa velocità della formula di gioco, che sacrifica ogni orpello sull’altare del puro gameplay, è sia il suo pregio sia il suo limite. Evil Raptor è andato tanto al cuore del genere di riferimento da correre fortemente il rischio di inaridirlo. Il risultato è un gioco che può piacere ai fan del genere o può servire da ottima introduzione a chi vi si avvicina per la prima volta, ma non è assolutamente in grado di competere con i mostri sacri del settore o soddisfare gli appetiti dei giocatori più scafati – in questo senso il paragone con il recentissimo Astro Bot è impietoso.

Tuttavia Akimbot non è un gioco da disprezzare, anzi: nella sua semplicità fa esattamente ciò che deve, risultando una versione low-budget e distillata dei classici del genere di riferimento. La passione e la discreta abilità di Evil Raptor riescono a trasparire, ora si  tratta solo di affinarle a dovere. Attendo con curiosità le loro prove future.

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Akimbot
Sufficiente 6.5
Voto 6.5
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Cinema e videogiochi: le mie due più grandi passioni. Da bambino mi alzavo presto per giocare con il Sega Mega Drive II prima di andare a scuola; al pomeriggio guardavo Terminator 2 fino a consumare il nastro della VHS; di sera mi cimentavo nelle avventure grafiche di Lucas Arts sul glorioso PC con Windows 95. Poi sono venuti gli studi e la laurea in cinema oltre al lavoro come videomaker freelance. In tutto ciò non ho mai abbandonato il gaming, che ho combinato con la mia passione per la scrittura e il mio approccio analitico.