After the End: Forsaken Destiny Recensione

Tiziano Sbrozzi
Di Tiziano Sbrozzi - Senior Editor News Lettura da 5 minuti

Sono qui davanti allo schermo, cercando di trovare le giuste parole per raccontare: sì, perché oggi sarebbe ingiusto scrivere una recensione asettica, senza cuore. Sarebbe ingiusto fermarsi alla grafica, all’estetica ed allo stile. Sarebbe un torto nei confronti di chi legge e nei confronti di chi ha creato questo “gioco”: ebbene sì, fra virgolette perché devo ancora capire se ho davvero giocato un’avventura o se ho semplicemente vissuto. Vi invito al viaggio… After The End.

Dopo Una Fine… Un Nuovo Inizio

Inserisco il codice promozionale del titolo Nexon sull’account Google Play e mi riservo di pensare “oh mio Dio: l’ennesimo mobile game con acquisti in app!“: qualcosa cambia quando noto che il prezzo al pubblico invece c’è e non è nemmeno così basso per un mobile game, parliamo di €4,99. Strano: ad oggi tutti i produttori fanno scaricare i propri giochi “gratis”. Il titolo si avvia e qui l’ennesima sorpresa: il gioco mi chiede di utilizzare delle cuffie per avere un’ottimale esperienza di gioco. La richiesta in questione avviene in italiano: ho pensato “wow un produttore coreano che permette la localizzazione nel mio paese: iniziamo bene“. Infilo le cuffie e scopro che il gioco ha da subito un comparto sonoro che potrebbe competere con le musiche di Lord Of The Rings o con  quelle della saga de Il Cavaliere Oscuro. Inizio il gioco, scoprendo che in una terra che fu, un padre si mise in viaggio con suo figlio per salvare la sua tribù. Quello che ancora non sapevo era che le figure di questo mondo non erano umane: pare che questi umanoidi avessero occhi luminosi e squadrati, braccia e gambe minute, privi di collo e con corna più o meno lunghe. Il mio alter ego porta uno zaino arancione ed inizia il viaggio…

Alla Riscoperta Di Un Mondo

La sensazione che il gioco vuole dare dall’inizio alla fine è di tristezza: mi trovo in un mondo devastato, con sabbia desertica e antiche costruzioni. La musica è malinconica ma si evince che c’è una speranza nel suo cuore. Nella mia prima ora scopro un mondo nuovo, ma dovrei dire un modo nuovo di concepire un gioco. Mi trovo in una visuale isometrica, alle prese con enigmi e puzzle come non si vedevano da tempo: sappiate che io non sopporto i puzzle game. Mi annoiano e divento nervoso quando non capisco cosa devo fare. Eppure questa volta non riesco a smettere di giocare: è tutto troppo bello e ben congegnato. Con lo scroll da destra a sinistra posso controllare la telecamera, con un invisibile stick controllo il mio “eroe”, facendo attenzione a non farlo finire contro pareti spinose o mostriciattoli di ogni sorta. Enigma dopo enigma, mi scopro a volerne sempre di più: non so spiegare bene cosa sia ma è come quando sei davanti ad un’opera che sei certo voglia dirti di più ma che, come un maestro, pretende che ci arrivi da solo, dandoti gli strumenti adatti. Il titolo si trasforma, livello dopo livello, enigma dopo enigma, diventando a tratti un punta e clicca, a tratti un rhythm game impeccabile, a momenti diventa un running game degno di Temple Run. Tutto è avvolto nel mistero, niente è lasciato al caso e dietro ogni pietra e ogni nemico c’è molto da scoprire: vorrei dirvi di più, ma non sarebbe affatto giusto. Per me il gioco è stata una scoperta ed è giusto che lo sia anche per voi.

After The End è un titolo mobile dai risvolti pazzeschi. Non è affatto facile descriverlo: al suo interno ho rivisto moltissimo di ciò che ha segnato la mia esperienza di videogiocatore. Potrei dirvi che c’è la storia e l’ambientazione alla Shadow Of The Colossus, c’è la cura nel dettaglio tipica di The Legend Of  Zelda e c’è quel “certo-non-so-che”, che vi impedirà di lasciare il telefono/tablet da parte. Di una cosa sono sicuro: questo gioco può cambiare il modo di concepire il mobile gaming.

Modus operandi: gioco completato nella sua interezza su Sony Xperia Z5 Premium.

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Senior Editor
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.