Dopo aver conquistato il pubblico grazie alle sue meravigliosamente intime opere a fumetti, Zerocalcare (il cui vero nome è Michele Rech) è pronto a raggiungere il piccolo schermo con Strappare Lungo i Bordi, la serie animata di Netflix protagonista di questa recensione. Dopo aver raggiunto e superato il traguardo del milione di copie vendute dei suoi libri nel 2019, l’autore ha deciso di lanciarsi nel panorama dell’animazione per sperimentare un nuovo modo di raccontare le sue personali esperienze di vita.
Composta da sei episodi dalla durata di circa quindici minuti ciascuno, Strappare Lungo i Bordi è scritta e diretta da Zerocalcare stesso, ed è prodotta da Movimenti Production in collaborazione con Bao Publishing, la casa editrice italiana che accompagna il fumettista fin dal principio, dopo l’autoproduzione di La profezia dell’armadillo (in seguito ristampato da Bao nel 2001) e il lancio di Un polpo alla gola nel 2012. Superando gli intimi limiti delle graphic novel, Zerocalcare punta a raggiungere un pubblico ancora più ampio grazie a Netflix. Abbiamo avuto la possibilità di vedere in anteprima tutti e sei gli episodi di Strappare Lungo i Bordi, che arriveranno sulla piattaforma streaming il prossimo 17 novembre, ed ecco la nostra recensione.
Cintura nera di come si schiva la vita
Come vi abbiamo già anticipato all’interno di questa recensione, Strappare Lungo i Bordi si sofferma su una particolare esperienza di vita del noto fumettista italiano e porta sul grande schermo alcuni dei celebri personaggi del suo universo narrativo. Il fulcro principale della serie vede Zerocalcare e i suoi amici d’infanzia Secco e Sarah alle prese con un viaggio estremamente difficile da affrontare, costellato da flashback e aneddoti che partono dai ricordi degli anni di scuola e raggiungono le sempreverdi crisi esistenziali dell’età più adulta, tra incertezze e preoccupazioni.
Accompagnato da dubbi e paranoie e dalla costante presenza dell’Armadillo (che, come sapranno gli appassionati dei fumetti, incarna proprio tutte quelle sensazioni di inadeguatezza), Zerocalcare racconta una storia che utilizza l’ironia per portare sul piccolo schermo una pungente analisi delle condizioni di una generazione “dimenticata”, bistrattata e figlia di scelte inadeguate. Quello che porta in scena l’autore è un vero e proprio flusso di coscienza che, muovendosi attraverso i ricordi e i sentimenti, riesce ad accompagnarci un viaggio emotivamente travolgente che, tra una risata e l’altra, nasconde (e neanche troppo a fondo) qualcosa di molto profondo.
Nonostante la durata ridotta degli episodi, Strappare lungo i bordi riesce comunque a conquistarci e a trascinarci in un questo flusso di ricordi, considerazioni, incertezze e sensazioni. Sotto questo punto di vista, in realtà, il minutaggio si rivela presto uno dei punti di forza principali dell’intera opera. Il ritmo di Zerocalcare è incalzante e, esattamente come succede nelle pagine dei fumetti, l’autore si diverte a spaziare tra un gran numero di argomenti per raggiungere il suo scopo principale, senza soffermarsi troppo su nessuno di questi nello specifico. E così uno sproloquio sulle condizioni delle stanze di casa diventa un modo per raccontare delle responsabilità e di cosa significa realmente iniziare a crearsi i propri spazi personali, mentre un dialogo sui bagni pubblici analizza l’importanza delle lamentele.
Se conoscete lo stile narrativo di Zerocalcare potete stare tranquilli. Strappare lungo i bordi racchiude al suo interno tutte le caratteristiche principali dell’autore e sembra quasi di vedere uno dei suoi fumetti prendere vita sul piccolo schermo, acquisendo effettivamente tutti quei suoni, colori e musiche che, normalmente, arricchiscono le opere solo quando queste arrivano nelle menti dei lettori. Questo aspetto viene ulteriormente enfatizzato dal doppiaggio che vede lo stesso fumettista donare la voce a tutti i personaggi della serie, tranne per l’Armadillo, sapientemente doppiato dall’attore Valerio Mastandrea.
Un flusso di coscienza che parte da Rebibbia
Come vi abbiamo già anticipato all’interno di questa recensione, Strappare Lungo i Bordi è un’opera estremamente significativa per il panorama dell’animazione italiano. Nonostante sia il frutto di una sperimentazione ancora piuttosto acerba, nata dai corti del progetto Rebibbia Quarantine, la serie si presenta con un livello visivo decisamente elevato, con animazioni fluide, ritmate e ricche di dettagli. Inoltre, queste sono ulteriormente impreziosite dal caratteristico stile grafico dell’autore, perfettamente riconoscibile e plasmato nel corso delle sue pubblicazioni. La storia editoriale del fumettista ha visto un gran numero di cambiamenti, dalle brevi strisce comiche ai reportage all’estero, passando da locandine a manifesti. Generi differenti e, in questo caso, anche linguaggi diversi.
L’animazione riesce quindi a conferire ancora più intimità alle opere di un fumettista che, attraverso la sua comicità “casereccia” e pungente, ha sempre avuto molto da dire e da offrire al mondo. Un autore in grado di plasmare egregiamente il suo stile artistico e narrativo per raggiungere un pubblico sempre più ampio e differente. Un flusso di coscienza che fa ridere, e pure tanto, ma che allo stesso tempo fa riflettere e lascia con l’amaro in bocca e un grande peso sullo stomaco. Strappare Lungo i Bordi è una produzione intima ed emozionante, un viaggio in cui farsi trasportare e che vi lascerà senza fiato.