Peninsula – Recensione dell’atteso sequel stand alone di Train to Busan

Il tanto atteso sequel di Train to Busan è un action movie anonimo ma abbastanza convincente. Eccovi la nostra recensione.

Pierfranco Allegri
Di Pierfranco Allegri Recensioni Lettura da 4 minuti
6.7
Peninsula

Ancora una volta un film del concorso fantasma di Cannes 2020 arriva nelle sale della Festa dl Cinema di Roma 2020. Stavolta parliamo del seguito del popolarissimo zombie movie sud-coreano Train to Busan (2016), Peninsula (o Train to Busan Presents: Peninsula), diretto ancora una volta dal regista Yeon Sang-ho.

Prigionieri all’Inferno

Questo seguito stand-alone del film horror asiatico si svolge quattro anni dopo l’originale. Dopo lo scoppio dell’epidemia zombie a Busan, l’intera penisola coreana è al collasso. Jung-seok (Gang Dong-won) è un ex-marine fuggito dalla Corea del Sud con il cognato Chul-min (Kim Do-yoon) che si è rifugiato, come altri fortunati, a Hong Kong. Nella fuga, però, la sorella (la moglie di Chul-min)  ha perso tragicamente la vita assieme al nipote a causa degli zombie. L’incidente tuttora perseguita Jung-seok, che ha fatto sua ragione di vita proteggere il cognato distrutto dalla perdita della famiglia. Quando Chul-min accetta di tornare in Corea per una pericolosa missione, l’ex-soldato non può fare a meno di seguirlo per guardargli le spalle e proteggerlo dal pericolo. Ma la missione va presto a rotoli e i due si trovano intrappolati nella loro terra natale, ora divenuta un panorama apocalittico dove gli zombie sono l’ultimo dei problemi.

L’attesissimo seguito dell’amato horror a tinte zombie si avvicina a uno scenario post-apocalittico alla Mad Max, tralasciando le qualità di paura claustrofobica e da disaster-movie che avevano fatto la fortuna del primo capitolo. Sfortunatamente rilevante nell’epoca del Covid-19, Peninsula predilige un’azione ipercinetica, fatta di inseguimenti in macchina, combattimenti sparatutto e una certa attenzione nel presentare la vita nella Corea in balia dei morti viventi. Già, perché in questo sequel l’elemento degli zombie passa in secondo piano, la vera attenzione del film è la lotta disperata per la sopravvivenza di tutti i personaggi coinvolti, dai protagonisti veri e propri ai personaggi di contorno e antagonisti. La dicotomia buoni contro cattivi, male vs bene, diventa giustamente sfocata nel film: di fronte a casi (straordinari e fantastici in questo caso, eh..) di estrema difficoltà e pericolo, i sentimenti umani vengono messi a dura prova di fronte alla prospettiva di una morte terrificante in un paese abbandonato da Dio e dal mondo.

PeninsulaPurtroppo, il film inciampa decisamente più del dovuto in luoghi comuni da survival horror e film di fantascienza distopico: il protagonista in crisi con un mondo avverso e un doloroso passato, i tostissimi personaggi femminili che hanno imparato a superare i limiti del proprio corpo e del proprio sesso, la follia (a tratti cartoonesca) di certe figure di contorno e chi ne ha più ne metta. Una certa familiarità, poi, con il mondo del videogioco (per esempio a titoli di altissimo rilievo come The Last of Us e al genere di giochi battle royal e sparatutto) gioca forse a sfavore del genere, meno se si tratta del ragionare e sottolineare il rapporto armonico oggigiorno tra cinema e videogame. Comunque funzionale, Peninsula è un piacevole horror al cardiopalma che soddisfa spettatori (amanti del genere e non) privi di grandi aspettative, grazie a una regia soddisfacente e a una buona storia. Difficile dire, però, cosa ne penseranno i fan del popolarissimo primo capitolo. Staremo a vedere.

Peninsula
6.7
Voto 6.7
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Pierfranco nasce a Chiavari il 1 Aprile 1994. Si diploma presso il liceo Classico Federico Delpino e studia Cinema e Sceneggiatura presso la Scuola Holden di Torino. Al momento scrive recensioni online (attività cominciata nel 2015) presso varie riviste tra cui GameLegnds e Cinefusi.it