Artemis Fowl è il film fantasy basato sull’omonima saga di romanzi creata da Eoin Colfer, uscito in esclusiva su Disney+ il 12 giugno 2020 una volta che si è rinunciato alla possibilità di un’uscita al cinema a causa della pandemia Covid-19. Il film si basa liberamente sui primi due libri della saga e scopriremo subito che questa scelta è ciò che ha causato una serie di difetti a catena su cui è difficile soprassedere.
Dietro alla macchina da presa c’è l’immenso Sir Kenneth Branagh, sempre troppo ricordato per la parte di Gilderoy Allock in Harry Potter e la Camera dei Segreti e poco per i suoi lavori teatrali. Drammaturgo di successo, tra i migliori del Regno Unito e del mondo, è tornato sui grandi schermi recentemente grazie alla partecipazione in Dunkirk di Cristopher Nolan e in Assassinio sull’Orient Express, in cui fu regista e attore protagonista. Da sempre fan della vecchia tecnologia cinematografica, della pellicola e del Panavision a 70mm, in occasione di questo film partecipa anche alla produzione.
Il bimbo prodigio
Artemis Fowl II è un ragazzino di 12 anni, figlio di Artemis Fowl I (giustamente). A quanto pare, sarebbe un genio del crimine, perché userebbe attività losche a vantaggio suo e della famiglia. Solita storia sfortunata: non ha la mamma, il papà non c’è mai, vive praticamente più con il maggiordomo che in realtà è un Terminator, però è comunque ricchissimo ed ha una casa che neanche Bill Gates. Il passato del padre che riaffiora, il padre viene rapito, lui deve salvarlo, una manciata di cliché e personaggi stereotipati a mescolare il tutto con abbondante colla vinilica altrimenti la trama comincia a sfaldarsi. Il problema è che la storia si sfalda comunque tra un mondo fantastico, interessante, quello che popola il centro della terra in una città chiamata Cantuccio (che però non si mangia) ed il mondo reale, con cui entra in comunicazione proprio a causa della storia del padre. Aggiungiamo coincidenze che incrociano al tutto anche la storia di una fata in particolare, a il cui padre di Fowl II avrebbe rubato un potente artefatto magico, lo stesso che viene chiesto come riscatto dal rapitore di Artemis Fowl I. Aiuto.
Non sarebbe neanche complicato se il film non durasse troppo poco. Siamo forse davanti a una di quelle rarissime volte in cui un po’ di minutaggio in più avrebbe fatto comodo, se non altro per prendere un po’ più di confidenza con l’alternarsi dei personaggi e delle situazioni, che ci vengono presentate senza mai approfondire nulla. Finiamo quindi per vedere tante cose senza sapere precisamente cosa siano, osservando creature senza sapere da dove vengano e perché siano lì. Ogni cosa potenzialmente interessante non è quasi mai approfondita.
Così, con una regia comunque di classe (ma solo tecnica, non artistica), che fa comunque scorrere i minuti con grazia, mandando in pensione la maledetta moda delle camere a mano e preferendo i Santi cavalletti e carrelli sempre in movimento; insieme ad una fotografia nella media ma che funziona, veniamo bombardati da una quantità di informazioni semplicemente esagerata, specialmente per il pubblico a cui il film si rivolge. È troppo perfino per un adulto o un ragazzo, figuriamoci per un bambino. Quindi, vedremo la storia raccontata dall’unico personaggio sensato e divertente, Bombarda, tra accenni sulla storia di Artemis Fowl I, il “geniale piano” di Artemis Fowl II (solo per lui), una sequenza completamente inutile di un matrimonio in Italia che serve solo ad introdurre la fata accennata in precedenza, la vicenda da Cantuccio ed il suo sistema di governo, la vicenda sulla terra e la risoluzione del tutto. Troppa roba.
Tanta ciccia, poca sostanza
La prima naturale conseguenza è che i personaggi sono poco più che macchiette, per niente caratterizzati e caratterizzate da svolte nella propria indole talmente veloci da far venire il mal di testa. Il genio del protagonista non si vede mai e la scrittura debole del personaggio non fa spiccare la recitazione esordiente di Ferdia Shaw, che comunque se la cava. Così come non spicca nessun altro attore: né Colin Farrel che interpreta Artemis Senior, né Judi Dench che interpreta il generale di Cantuccio. La seconda naturale conseguenza è che tanto gli stessi personaggi, quanto la trama, siano di una prevedibilità esagerata. la semplicità quasi meccanica con cui le varie vicende vanno risolvendosi rende ogni colpo di scena facilmente immaginabile, a tratti immediatamente leggibile, con l’interesse dello spettatore che va velocemente spegnendosi; neanche il finale riesce a riaccendere una luce di speranza, che insieme all’esistenza di altri sei libri della saga, assicura il futuro di almeno un sequel. Speriamo di no, si direbbe.
Tra stereotipi a go go e battute poco incisive, i 90 minuti passano comunque in fretta, aiutati da un montaggio relativamente frenetico e dagli effetti speciali fatti anche bene, ma che stordiscono un po’ a causa del montaggio. Il sonoro senza infamia né lode, presenta forse il lavoro “meno peggio” riuscito del film, il tutto grazie alla colonna sonora di Patrick Doyle, che accanto a Kenneth Branagh è comunque una garanzia. In conclusione, il film è un tentativo di avvio di una nuova saga magica, ma per niente convinto e convincente, fatto di epicità dove non serve che toglie tempo all’approfondimento laddove servirebbe. L’ennesima storia che tenta di reggersi su personaggi troppo giovani e poco spessi. Si salva parte della regia e della colonna sonora, ma tutto il resto è al limite dello scadente. Piacerà a qualche giovane, troppo giovane.
“Sono Artemis Fowl e sono un genio del crimine”.
Sì, ma stai calmo.