Black Mirror: Bandersnatch – Recensione del primo film interattivo di Netflix

Gianluigi Crescenzi
Di Gianluigi Crescenzi - Deputy Editor Recensioni Lettura da 6 minuti
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Black Mirror: Bandersnatch

“Non aprire la porta!”, “Cosa stai facendo!?” oppure “Spara!” sono solo alcune delle frasi che automaticamente si ritrova a dire chi guarda un film al cinema o a casa, oppure guardando una serie tv. Vuoi per questa e per altre mille ragioni, i prodotti “cross-media” sono diventati una realtà affermata, dove i videogiochi provano a comportarsi come un libro o come un film, e ora, anche viceversa. Black Mirror: Bandersnatch è il primo film interattivo ad affacciarsi sulla piattaforma streaming più famosa del mondo, Netflix, e ci pone di fronte ad un media quasi completamente nuovo, volendo creare non solo interazione per plasmare il seguito di una storia, ma in alcuni casi rompendo di prepotenza la quarta parete con scambi sensibili rivolti allo spettatore. Alla regia troviamo David Slade, che già in passato ha avuto occasione di dirigere una puntata della distopica serie originale della piattaforma.

Black Mirror: Bandersnatch

Black Mirror: Bandersnatch, anche se discostato sul piano tecnico, è parte in tutto e per tutto dell’universo che abbiamo imparato a conoscere, così come anche i temi trattati sono fortemente legati alla tecnologia (passata o presente che sia). Ispirato in parte da vicende reali (come lo sviluppo di un videogioco mai pubblicato dal nome, appunto, Bandersnatch) e altre totalmente fittizie, questo film interattivo vede come protagonista Stefan Butler, un giovane sviluppatore “casalingo” alle prese con la creazione di un videogioco per l’epoca avveniristico.

Multiverso

Estate del 1984. La storia è ambientata in una città non definita dell’Inghilterra, e il protagonista delle nostre vicende è alle prese con Bandersnatch, un librogame scritto dal (non realmente esistito) scrittore Jerome F. Daviesfamoso non solo per le sue visionarie opere, ma anche per macabri retroscena che non vi anticiperemo. Come anticipato, da questa opera Stefan sta creando un videogioco che permetterà proprio come nel libro di effettuare delle scelte e di costruire in tal modo la propria storia. Dopo una prima parte piuttosto lineare del film e un paio di scelte quasi del tutto ininfluenti sul corso della trama, inizierà a dipanarsi il filone narrativo principale, che riserverà non poche sorprese.

Black Mirror: Bandersnatch

Starà a noi scegliere come continuare la storia semplicemente selezionando l’azione da far compiere a Stefan con il nostro telecomando (o mouse). Tuttavia la questione di scegliere, in un certo senso, rimane del tutto fittizia: con un lavoro piuttosto particolare infatti, alcune scelte che faremo (anche se non proprio scontate) ci porteranno alla conclusione immediata del film e a vedere alcuni dei vari finali disponibili. Una volta sbloccato un finale però, la pellicola non terminerà, e ci verrà data “la possibilità” di ripartire da un certo punto della storia e cambiare una delle nostre scelte, ripartendo da un bivio preciso e affacciarci così a “ciò che sarebbe successo se”. Solo una volta che avremo visto tutti i finali nella loro interezza, arriveremo ai veri e propri titoli di coda.

Anche se tale cosa sembra scontata, e a volte avremo la palpabile sensazione di decidere noi il destino del ragazzo, sarà tutto fuorché questo. Il concetto principale di Black Mirror: Bandersnatch si staglia intorno alla moltitudine di universi paralleli che vivono nello stesso momento, e dove ogni singola scelta presa in modo differente ha aperto delle possibilità particolari in ognuno di essi. Vivendo il film e facendo le nostre scelte spulciando tutte le varie possibilità, non faremo altro che vedere cosa sarebbe successo in ognuna di queste singole realtà.

Anche se in modo confusionario e non sempre chiaro, tutto sommato il sistema funziona bene, rilasciando in alcuni casi delle particolari chicche: ad esempio, se riviviamo per la seconda volta una stessa scena, anche i personaggi stessi non la staranno vivendo per la prima volta (come lo spettatore) e di conseguenza anche loro avranno delle sensazioni particolari o vivranno e interagiranno nei vari dialoghi in modo diverso. “Scusa, ci conosciamo?”

La Quarta Parete

La durata di Black Mirror: Bandersnatch è tutto sommato buona (che nella mia esperienza si è rivelata essere di 90 minuti, permettendomi di esplorare i vari finali ma non tutte le scene), ma la struttura traballa in alcuni casi. L’interpretazione dei singoli attori è stata discreta, ma nessuna di esse fa gridare al miracolo. Questi ultimi fattori vanno comunque a sottolineare che più che un cult, questo primo film interattivo voleva funzionare come una sorta di test, forte anche della tematica trattata che vede “giocare in casa” i viaggi mentali e le varie possibilità.

https://www.youtube.com/watch?v=UmS4W5BS0OU&t=3s

Una delle particolarità che si presenta in varie occasioni, e che verosimilmente coinvolge e appassiona lo spettatore, è il brutale abbattimento della quarta parete, un’interazione diretta con l’interprete che ci farò diventare in un paio di casi dei veri e propri personaggi del film. Il consiglio più grande che possiamo dare, è vedere il film e tutti i vari finali in un’unica volta, perché il quadro generale che si creerà all’interno della vostra mente è decisamente affascinante, soprattutto se siete già avvezzi a questo tipo di dinamiche grazie a videogiochi di questa generazione che utilizzano “la meccanica dell’effetto farfalla”.

Black Mirror: Bandersnatch
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Deputy Editor
Classe 90, invecchia bene tanto quanto il vino, anche se preferisce un buon Whisky. Ama l'introspezione, l'interpretazione e l'investigazione, e a volte tende a scavare molto più del necessario. Inguaribile romantico, amante della musica e cantante in erba, si destreggia tra hack n'slash, soulslike, punta e clicca e... praticamente qualsiasi altro tipo di gioco.