Si chiama profezia dell’armadillo qualsiasi previsione ottimistica fondata su elementi soggettivi e irrazionali spacciati per logici e oggettivi, destinata ad alimentare delusione, frustrazione e rimpianti, nei secoli dei secoli.
Tratto dall’opera bestseller a fumetti di Zerocalcare (nome d’arte di Michele Rech), arriva nei cinema dal 13 settembre La Profezia dell’Armadillo per la regia di Emanuele Scaringi, presentato in anteprima alla 75ma Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione Orizzonti.
Zero (Simone Liberati) è un ventisettenne che vive a Rebibbia, più precisamente nella Tiburtina Valley, dove “manca tutto ma non serve niente”, privo di un lavoro fisso si arrangia dando piccole ripetizioni (e grandi lezioni di vita) a un bambino della “Roma Bene”, cronometrando i check-in in aeroporto e disegnando manifesti per gruppi underground. La vita di Zero scorre sempre uguale, tra interminabili viaggi coi mezzi pubblici, le (dis)avventure con l’amico disadattato Secco (Pietro Castellitto) e le visite alla madre (Laura Morante). Quando torna a casa però, le sue giornate prendono una piega lynchiana, grazie alle surreali conversazioni con l’amico Armadillo (Valerio Aprea), la sua coscienza critica che oltre ad aggiornarlo su cosa succede nel mondo, elargisce profonde perle di saggezza e consigli per prendere la vita come si deve. Ovvero nel peggior modo possibile. La notizia della morte dell’amica d’infanzia e primo amore Camille, costringerà Zero a fare i conti con la sua vita e quella della sua generazione di “tagliati fuori”, fatta di dubbi e incertezze per il domani.
La Profezia dell’Armadillo avvera la propria previsione di fallimento grazie a una regia abissale e a dialoghi divisi tra battute prese di peso dall’opera di riferimento e infilate alla bene e meglio e scene inedite mancanti la dissacrante ironia tipica dell’autore. Certo, sarebbe da notare che un’opera come La Profezia dell’Armadillo di Zerocalcare, così vicina a un flusso di coscienza a disegni, molto difficilmente poteva essere reso sul grande schermo, ma tanto più che sia fan che critica non ne sentivano il bisogno, perché buttarsi in un processo così chiaramente destinato a fallire? Che pure, non mancano elementi che redimono il film dal totale schianto, a cominciare da un cast particolarmente generoso guidato da Simone Liberati nel ruolo di Zero, che adotta con efficacia il personaggio, lo fa suo senza strizzare l’occhio la personaggio del fumetto. Possiamo anche aggiungere la serietà della produzione (parliamo comunque di Domenico Procacci, tanto per essere chiari..) e il cameo irresistibile di Adriano Panatta nel ruolo di sé stesso in una scena che ha già fatto il giro del web, ma tutto questo è sprecato per un progetto che, volendo ripetersi, si era già profetizzato dalle prime voci di corridoio che non avrebbe reso giustizia a un fumetto tanto amato.