Amo Pablo. Odio Escobar.
Nonostante si dica il contrario, alla fine la prime impressione è quasi sempre quella giusta. Volendo concretizzare questo concetto, quando è stato annunciato un ulteriore biopic sulla figura di Pablo Escobar, il crudele e astuto capo del cartello di Medellin e il più ricco trafficante di droga della storia mondiale (il suo patrimonio, all’apice della carriera criminale raggiungeva l’esorbitante cifra di 30 miliardi) gli occhi hanno girato talmente forte da fare un giro di 360 gradi. Il narcotrafficante è stato portato sul grande e piccolo schermo (dopo la sua morte avvenuta nel ’93) almeno una decina di volte e due solo nel 2015, rispettivamente da Benicio del Toro in Escobar e da Wagner Moura nella serie Netflix Narcos.
La versione più recente con Javier Bardem nel ruolo del boss colombiano, al cinema dal 19 aprile e diretta dal regista Fernando Leòn de Aranoa, Escobar – Il Fascino del Male, intende esaurire la biografia di Virginia Vallejo (nel film interpretata da Penelope Cruz, moglie nella vita reale delL’attore protagonista) Loving Pablo, Hating Escobar, che racconta la relazione quinquennale dell’autrice e giornalista con il criminale.
Nonostante il riferimento al libro che dà il titolo al film (Loving Pablo in originale) e il ruolo centrale della Vallejo nella storia, il film si concentra sull’ascesa e caduta della carriera criminale di Escobar, passando dagli esordi al narcoterrorismo, dalla paura della estradizione negli USA e la “prigionia” a La Catedral, la prigione di lusso costruita personalmente da Pablo in cambio di una temporanea resa al governo, fino agli ultimi anni della fuga e la morte nel ’93, avvenuta anche grazie alla collaborazione dell’ex-amante.
Nonostante performance di alto livello dai due attori protagonisti , soprattutto di un Bardem che dà sempre il meglio nei ruoli di villain e anti-eroe (come dimenticare il terrificante personaggio di Anton Chirugh in Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen che gli è valso l’Oscar come Miglior Attore Non Protagonista o il meno noto bond-villain Raoul Silva in Skyfall di Sam Mendes), rafforzata da una rara chimica che solo una coppia nella vita reale riesce a ricreare, il film è una fiera della banalità, che non si distingue da un biopic di basse ambizioni e non si decide sulla strada da seguire, colpa anche di dialoghi al limite dell’imbranato e situazioni inverosimili persino per un personaggio tanto pazzesco. Neanche le (sporadiche) scene di violenza riescono a tenere alto il tasso di attenzione dello spettatore, ma al contrario paiono più goffe che tragiche, con un vago alone di compiacimento da parte del regista.
Escobar – Il Fascino del Male è un film peggio che brutto: è mediocre al limite dell’accettabile, anche considerando i talenti e i mezzi a disposizione, che lascia un senso di tempo sprecato anche ai più assidui frequentatori di cinema e fan del pulp, senza aggiungere niente al personaggio e, conseguentemente, sbiadendo nel paragone con di ritratti di successo come Narcos.