The Elder Scrolls Online High Isle è stata un’espansione molto particolare e che ci pone in una situazione strana in fase di recensione. Bethesda ha dimostrato sin da subito di credere molto in questa nuova avventura per gli appassionati di ESO e il team di sviluppo non è stato da meno quando ce ne ha parlato in anteprima alcune settimane fa.
Di fatti, ci era stata offerta l’opportunità di partecipare a un evento in cui abbiamo avuto modo di scoprire le prime interessanti novità su The Elder Scrolls Online High Isle provandolo con mano. Quello che abbiamo visto è un’espansione che fa degli intrighi politici il suo punto di forza e che crede con fermezza nelle capacità del nuovo gioco di carte Tales of Tribute.
Ora che abbiamo passato oltre una settimana a scoprire la quest principale, le secondarie, il card game e più in generale il mondo di gioco, abbiamo finalmente raggiunto un verdetto che, secondo la nostra opinione, definisce in modo chiaro e oggettivo ciò che è High Isle. E credeteci quando vi parliamo di oggettività, perché in questa analisi ce ne sarà davvero molta.
Quando vi avevamo parlato delle precedenti espansioni in fase di recensione, vi abbiamo sempre raccontato di come crediamo che The Elder Scrolls Online possa fare molto più di quanto fa in questo stato attuale, e di come il team di sviluppo dovrebbe impegnarsi per osare maggiormente nel raccontare storie e nell’offrire ai giocatori meccaniche e dinamiche di gameplay sempre inedite. Non è un pensiero campato in aria: in passato ESO aveva dimostrato di poter racchiudere elementi nuovi e interessanti, offrendo quel pizzico di varietà al comparto ludico che faceva molto piacere.
Più spazio alla politica: accettate l’offerta?
High Isle, al contrario, punta molto più sulla narrazione che sul gameplay, e fortunatamente siamo rimasti abbastanza colpiti dalla direzione che Bethesda e Zenimax Media hanno voluto intraprendere. A farci storcere il naso sono però state le parole, vere in parte, del team di sviluppo e del publisher, quando garantivano che High Isle avrebbe presentato un comparto narrativo più incentrato sulla politica, su intrighi e tradimenti, nonché su misteri che avranno un impatto sulla lore generale di ESO.
È infatti vero che le vicende che vivremo in questa espansione saranno estremamente politiche e che trattano tematiche che riguardano molto le diversità tra ceti sociali. Tuttavia, pad alla mano, abbiamo riscontrato una notevole disomogeneità nella rappresentazione del tema: soltanto nelle prime ore di gioco avremo modo di vedere la classe più povera e le sue difficoltà, e non c’è una reale raffigurazione di come i più ricchi, coloro che reggono i fili della politica, siano effettivamente in una posizione di vantaggio.
È soltanto nelle quest conclusive che cominciamo a vedere quanto il ceto alto abbia un impatto sulla popolazione dell’intera Tamriel e non c’è mai un momento in cui l’espansione ci fa pesare la differenza di classe. Altra pecca dell’impianto narrativo è relativa ai ritmi non sempre ben calcolati, laddove le prime ore si concentrano nel cercare di capire da chi è formato realmente l’Ascendant Order, setta antagonista della storia che avevamo già scoperto nell’ultimo DLC Ascendand Tide.
Nelle missioni conclusive, quelle che hanno luogo sull’isola Amenos, hanno invece un impatto decisamente importante non solo nella trama di High Isle, ma sull’intera lore della saga di The Elder Scrolls. Non faremo spoiler per ovvi motivi, ma vi garantiamo di essere rimasti non poco sorpresi da come la storia prenda una svolta così tanto inaspettata che ha senza dubbio aumentato molto i ritmi narrativi e, di conseguenza, il nostro apprezzamento dell’espansione. Peccato che la qualità delle ultime quest sia così tanto superiore alle prime da renderle quasi superflue: idealmente, avremmo preferito di gran lunga che Bethesda sviluppasse la trama in modo da mantenere sempre alto l’interesse del giocatore.
Preparatevi a cavalcare ancora… e ancora… e ancora…
Lo stesso non può essere per il gameplay che, al contrario del comparto narrativo, su cui il team di sviluppo si è concentrato maggiormente, è talmente scarno da risultare quasi inesistente. L’esplorazione di caverne e dungeon rimane ancorata ai noiosi canoni di The Elder Scrolls, dove l’intrattenimento è relativo alle capacità del giocatore di sconfiggere i nemici quanto più velocemente possibile, non per diletto ma per noia. Inoltre, gli scontri con i boss si possono davvero contare sul palmo di una mano e di certo non brillano mai per originalità se considerati agli standard di ESO.
A gravare su un impianto ludico ridotto al midollo c’è la necessità quasi costante di muoversi in continuazione da una parte all’altra della mappa perdendo moltissimo tempo nella cavalcatura. Capita sin troppo spesso che un personaggio ci dica di raggiungere un punto – che spesso è dalla parte opposta dell’isola – per poi tornare indietro e farlo di nuovo, magari solo per ascoltare un discorso totalmente irrilevante di un NPC.
Ci sono alcune fasi delle quest principali e specifiche secondarie che sono senza dubbio interessanti e in cui non abbiamo riscontrato problemi, ma per la quasi totalità della prova per la recensione abbiamo trovato che The Elder Scrolls Online High Isle potrebbe far perdere la pazienza anche ai più calmi.
Se considerate che a inizio quest non avrete ancora visitato tutti i wayshrine (i punti verso cui è possibile teletrasportarsi) e la necessità di spostarsi in continuazione da una parte all’altra della mappa, capite come muoversi ancora e ancora sia particolarmente noioso soprattutto nelle fasi iniziali. Ripensandoci meglio, e affidandoci alla cara vecchia oggettività, anche usare il viaggio rapido per fare un paio di dialoghi non è proprio il massimo.
Pesca una carta, compagno
Il già citato Tales of Tribute è il nuovo gioco di carte di The Elder Scrolls Online High Isle ed è l’elemento introdotto con High Isle che più ci ha lasciati perplessi durante la recensione. Da una parte, omaggiamo moltissimo la volontà di Bethesda e Zenimax Media ad aggiungere reali novità all’impianto ludico, ricercando quel pizzico di varietà che potrebbe bastare per svecchiare il gameplay e donare agli utenti qualcosa di nuovo; da un’altra parte, proporre un elemento come Tales of Tribute ai giocatori di ESO equivale a mettere una bistecca nel piatto di un vegetariano.
Mettiamoci l’anima in pace e ammettiamolo: l’utente medio di The Elder Scrolls Online non tornerà a giocare a Tales of Tribute dopo le prime partite, perché semplicemente non è il tipo di intrattenimento che ricerca quando avvia il titolo. Le regole del gioco sono abbastanza interessanti, sebbene richiedano un po’ di tempo per essere comprese appieno, e ripetiamo di apprezzare molto l’impegno del team di sviluppo nel cercare di donare modalità inedite cui tutti possono partecipare. Il problema principale è però proprio la rilevanza di Tales of Tribute nell’impianto ludico di ESO, praticamente assente, e che con molta difficoltà riuscirà a far breccia in tutti gli utenti dell’MMORPG.
La nostra speranza, ovviamente, è che i giocatori riusciranno ad apprezzare abbastanza Tales of Tribute tanto da farlo diventare uno stabile nell’esperienza di The Elder Scrolls Online, ma vedendo i risultati dei card game in altri RPG, fatichiamo molto a vedere un futuro del genere. Crediamo che sarebbe stata un’idea di gran lunga migliore ricercare invece una qualche modalità di gioco realmente inedita e che davvero desse un tocco di unicità all’espansione.
Purgatorio o paradiso?
Mettendo da parte i mazzi di carte, apriamo una breve parentesi sul setting di gioco di The Elder Scrolls Online High Isle, che è importante analizzare in questa fase di recensione. L’arcipelago Systres è formato dalle isole di High Isle e Amenos, che rappresentano metaforicamente la differenza tra il ceto medio e quello elevato: High Isle ha come capitale Gonfalon Bay, dove si trovano molti aristocratici e membri della politica; al contrario l’isola di Amenos è una sorta di prigione dove vengono lasciati alla natura reietti e mercenari di ogni tipo, che devono sopravvivere con il poco che hanno e formando bande criminali.
La maggior parte della quest principale ha luogo su High Isle, caratterizzata da un’ambientazione pulita e ordinata ma che non si distacca affatto da quanto visto in passato nelle precedenti espansioni. L’isola principale infatti non brilla neanche un po’ per originalità in nessuno dei suoi angoli, e crediamo sia un peccato aver perso l’occasione per riavvicinare il setting a qualcosa più simile alla splendida Summerset.
Amenos è invece la contrapposizione perfetta di High Isle e presenta invece un’ambientazione più sporca, paludosa, quasi antica e indubbiamente catturata da una natura incontaminata. Sebbene sia il luogo dove passeremo più tempo, è anche l’isola in cui avverranno le parti più interessanti della trama, dove avremo a che fare con personaggi chiave dell’intera lore di The Elder Scrolls.
L’area di Amenos non è accessibile da subito e bisogna progredire nella quest principale per poterla sbloccare ed esplorare. Date le sue dimensioni più ristrette ed a percorsi più lineari, non abbiamo avuto molti problemi a viaggiare per le sue radure e poter vedere un setting finalmente differente ci ha fatto respirare un po’ d’aria fresca a pieni polmoni.
Come vi avevamo detto, The Elder Scrolls Online High Isle è stata un’espansione difficile da analizzare in fase di recensione. Si tratta di un capitolo di ESO molto particolare e su cui Bethesda e Zenimax Media hanno finalmente deciso di fare qualcosa di differente, dopo molto tempo. Nel complesso, non possiamo dire di non averla apprezzata perché la sostanza – oggettivamente – c’è, e ci ha fatto anche capire che probabilmente il problema dell’MMORPG non è tanto la mancanza di voglia, da parte del team di sviluppo, di fare qualcosa di nuovo.
Probabilmente il problema è che non credono che ce ne sia bisogno, dato che ai veri fan di ESO potrebbero non tangere più di tanto i difetti che il titolo si porta alle spalle. Nel pieno dell’arco narrativo dell’Eredità dei Bretoni, The Elder Scrolls Online si avvia verso una fase molto curiosa ma che sicuramente terremo sott’occhio, dove è diventato difficile immaginare in quali altri modi si potrà evolvere l’opera.