Life Is Strange: True Colors – Recensione della versione Switch

Ecco la nostra recensione di Life Is Strange: True Colors nella sua versione per Nintendo Switch, un'esplosione di colori in formato "tascabile".

Marcello Paolillo
Di Marcello Paolillo Recensioni Lettura da 6 minuti
7.5
Life Is Strange: True Colors

La serie di Life Is Strange è sicuramente una delle più amate tra quelle uscite negli ultimi anni, specie per quanto riguarda le avventure narrative di stampo cinematografico: dal 2015, col primo capitolo, passando per Life Is Strange: Before the Storm (2017) e Life Is Strange 2 (2018), più di recente è stato il turno di Life Is Strange: True Colors (qui la recensione), sviluppato da Deck Nine Games e pubblicato da Square Enix. Dopo essere apparso sulle classiche console da casa, l’avventura di Alex è ora sbarcata su Nintendo Switch, piattaforma ideale per un gioco del genere. Come se la cava quindi questa edizione “portatile” dell’avventura di Haven Springs?

La trama è quella che abbiamo imparato a conoscere piuttosto bene nel corso dei mesi: dopo alcuni anni passati in una casa-famiglia, la giovane Alex Chen si rimette in contatto con suo fratello maggiore, Gabe, che negli ultimi tempi aveva deciso di iniziare una nuova vita nella piccola cittadina montana di Haven Springs, alla ricerca di un nuovo scopo di vita. Alex è una ragazza che nasconde però un cruccio non proprio usuale, ossia l’abilità sovrannaturale di assorbire e manipolare le emozioni delle persone.

Dopo la morte di suo fratello per un incidente che forse poteva essere evitato, la giovane dovrà imparare a controllare il suo potere per scoprire la verità di una piccola cittadina mineraria tra le montagne del Colorado. Alex sarà quindi spinta a conoscere nuovi amici per costruirsi una nuova vita, usando la sua straordinaria capacità di cogliere l’empatia per cambiare il destino degli abitanti di Haven Springs.

Un’esplosione di colori “tascabile”

L’edizione Switch di Life Is Strange: True Colors si muove sugli stessi binari delle altre versioni: tutti e cinque gli episodi che compongono l’avventura sono disponibili fin da subito, evitando quindi che l’esperienza possa risultare frammentata come accaduto in passato. Nonostante una durata non eccessiva, che molti potrebbero trovare non idonea (si parla infatti di poco meno di dieci ore per arrivare a uno dei tre finali principali disponibili), il racconto scorre sempre fluido e piacevole, prendendosi il tempo necessario per approfondire la storia della protagonista e quella dei personaggi secondari, pochi ma sicuramente discretamente tratteggiati: troviamo infatti le fioraie Eleanor Riley, quest’ultima accompagnata dal suo fidanzato (non propriamente tranquillo) Mac, l’anziano Duckie, la compagna di Cage Charlotte e suo figlio Ethan, un bambino appassionato albi a fumetti (e che giocherà una parte a suo modo fondamentale nell’economia della storia principale). Ruolo altrettanto importante lo avrà la Typhon, ossia una misteriosa corporazione legata alla piccola cittadina in un modo non troppo trasparente e limpido.

L’aria che si respira a Haven Springs è inoltre assolutamente gradevole: una cittadina immersa nel verde delle montagne in cui ogni abitante ha la sua vita, i suoi sogni, i suoi dubbi. Alex riscoprirà la passione verso i giochi di ruolo dal vivo, verso la musica e, più in generale, verso la possibilità che la morte del fratello possa in realtà fungere da trampolino per una nuova vita. Saranno quindi le nostre scelte, dettate anzitutto dal potere di Alex, che segneranno il percorso che la protagonista potrà andare ad intraprendere.

Leggere i pensieri di alcuni personaggi equivale infatti a sbloccare nuovi dialoghi e possibilità narrative, aprendo brevi storie secondarie atte ad espandere una storyline che non ama perdersi in chiacchiere. Sia la trama che la progressione di gioco sono infatti molto lineari e, sebbene la cosa non crei dispersione, dall’altra potrebbe tradire una certa pochezza di fondo.

Siamo infatti diverse spanne sotto i giochi Quantic Dream (in primis, Detroit: Become Human), ma anche qualche piano più in basso rispetto ad alcune avventure targate Telltale Games. Ciò non vuol dire che Life Is Strange: True Colors sia un pessimo videogioco, né il peggior episodio di una serie ormai entrata nell’immaginario collettivo. Solo, da un terzo capitolo ufficiale ci saremmo aspettati un pizzico di coraggio in più, oltre che un comparto grafico che non tradisse un budget tendente al ribasso.

Life is Strange True Colors

Alex, Gabe e tutti gli altri abitanti di Haven Springs sono infatti mossi da un engine poligonale piuttosto basilare, nonostante uno stile volutamente poco realistico e un’estetica che punta moltissimo su una palette di colori brillante e vivida riescano comunque ad appagare l’occhio anche in questa nuova edizione per console Nintendo: dal punto di vista prettamente tecnico, sia in modalità portatile che docked, il gioco è infatti assolutamente al livello dell’edizione per console PlayStation e Xbox, nonostante qualche piccolo calo di frame rate e qualche bug qua e là faccia ogni tanto storcere il naso.

Per il resto, se cercate un gioco visivamente poco pretenzioso ma che sappia comunque il fatto suo, True Colors non vi deluderà. Nonostante l’opera Deck Nine è una storia più intima e delicata che si avvicina maggiormente alle tematiche Before the Storm, piuttosto che a quelle del capitolo originale, non focalizzandosi quindi su protagonisti adolescenti ma lasciando trapelare ancora una volta quello spirito da teen drama, colorato questa volta dai sentimenti che andranno a comporre ora dopo ora, evento dopo evento, la psicologia di Alex.

Life Is Strange: True Colors
7.5
Voto 7.5
Condividi l'articolo
Da anni critico del settore, ha scritto e scrive attualmente su diverse testate online dedicate ai videogames e al cinema, passando anche per i fumetti. La carriera di Marcello inizia nel 2003 e da allora non si è più fermato: dopo essersi fatto notare sui primi siti di settore, è arrivato a firmare articoli per le più importanti testate web italiane, oltre che per la carta stampata. Pavo non è il suo nome anagrafico: è il suo nome vero.