Quando agli inizi degli anni 2000 venne rilasciato sul mercato nipponico e occidentale un certo Dinasty Warriors 2, sia i videogiocatori dell’epoca che i suoi sviluppatori non potevano immaginare il fenomeno che da lì a poco quel brand sarebbe divenuto. Per quanto non così apprezzato da noi come in Giappone, le molteplici interpretazioni dei vari Warriors continuano infatti ancora oggi a essere rilasciate perfino più volte all’interno di un singolo anno. Quest’oggi siamo qui con la recensione di Samurai Warriors 5, ultimo episodio della serie ispirata all’epoca Sengoku dei samurai giapponesi e sviluppata nuovamente dai ragazzi di Omega Force.
Un nuovo inizio
La prima questione da evidenziare è che a ben vedere non ci troviamo esattamente al quinto capitolo del franchise. Infatti, una delle colonne portanti del gioco è che ci troviamo all’interno di un vero e proprio reboot. Questo è evidente sin da subito grazie al nuovo art style utilizzato, completamente rivisto per l’occasione in modo da abbracciare un’estetica in cel-shading piuttosto che gli stili più realistici o esagerati già visti con i precedenti episodi della serie. L’idea funziona e appare azzeccata con il tono del prodotto, mostrando al tempo stesso una forte caratterizzazione nel design che riesce ad acchiappare immediatamente l’interesse del videogiocatore. Infatti, anche se non ci si ricorda il nome di un determinato guerriero, è facile che questo entri nella testa del giocatore proprio grazie al suo peculiare design. Inoltre, perfino la narrativa è stata completamente azzerata, con il team che ha preferito ignorare tutto quello che è stato raccontato in passato così da poter offrire un vero e proprio nuovo inizio.
In-game ci ritroveremo ad osservare l’ascesa di Oda Nobunaga, dall’inizio della suo progetto di unificazione del Giappone fino alla sua trasformazione nel cosiddetto “re demone”. L’idea del team di sviluppo è, infatti, quella di percorrere la vita di questa personalità storica che, in passato, ha interpretato il ruolo di villain della serie. Certo, non ci ritroviamo all’interno di una trasposizione fedele delle vicende storiche conosciute a lui legate, bensì più ha un’interpretazione fantasiosa di quelle che furono le sue ambizioni. Come da tradizione per la serie, la narrazione si divide all’interno di sequenze animate e dialoghi tra i personaggi durante le missioni. Le prime si lasciano seguire con piacere, mostrando importanti eventi raccontati in una narrazione episodica e non continua. Sin da subito è evidente come non s’intenda approfondire la psicologia delle figure storiche presenti, rimanendo su una semplificazione generale attraverso la quale portare avanti le vicende narrate. L’idea in sé funziona, riuscendo a tenere altro l’interesse nel mentre che si scoprono le avversità affrontate da Oda e dai suoi compagni. Rimane un peccato che i personaggi principali non vengano approfonditi ulteriormente, con il team che ha preferito puntare sul forte stile visivo piuttosto che su quello caratteriale.
Come da tradizione, anche in questo capitolo di Samurai Warriors è possibile vedere le vicende dalla prospettiva di altri personaggi, e in questo caso è presente esclusivamente la storia di Mitsuhide Akechi. Ispirato fortemente alla figura storica con lo stesso nome, la sua campagna ci presenta quasi gli stessi eventi di quella di Oda ma il tutto visto dalla sua prospettiva, offrendo così un’inedita visione che va ad arricchire questo mondo. L’esecuzione operata riesce a incuriosire l’utente, ma non offre quell’ulteriore complessità a cui magari si sarebbe potuto puntare. Non mancano comunque delle sezioni secondarie all’interno dell’avventura durante le quali è possibile affrontare le diverse battaglie dei personaggi secondari del gioco, in modo da scoprire ulteriori dettagli sulle loro azioni. Insomma, la struttura della modalità storia si dimostra solida, il tutto contestualizzato in una specie di area di leggenda che offre quel maggiore stile caratteriale al prodotto. Alla fine, l’opera pubblicata da Koei Tecmo riesce a offrire una ottima longevità che si attesta tra le sedici e le venti ore.
Una guerra senza fine
Come anticipato sin dall’inizio di questa recensione, Samurai Warriors 5 rientra nel genere dei musou. Il titolo non nasconde assolutamente di far parte di questo particolare sottogenere dei beat’em up, che come da tradizione porterà il giocatore al comando di un guerriero che dovrà affrontare milioni di nemici lungo il suo cammino. Il genere in sé non si è evoluto moltissimo nel corso degli ultimi vent’anni, preferendo variare leggermente la formula con qualche gimmick di turno piuttosto che tentare di creare qualcosa di realmente unico di volta in volta. L’opera che stiamo analizzando oggi rimane così ancorata alle sue radici, proponendo al pubblico un prodotto dalla struttura ludica ben consolidata, prevedibile in ogni suo elemento e con davvero poco coraggio. Non bisogna però fare l’errore di giudicare malamente il gioco di Omega Force per questi motivi, perché ci troviamo probabilmente di fronte a uno degli esponenti del genere più curati attualmente disponibili sul mercato.
La struttura ludica non ha bisogno di sostanziali presentazioni: il compito del giocatore è quello di viaggiare in diversi campi di battaglia per raggiungere determinati obiettivi, il tutto nel mentre che andrà massacrando senza pietà le schiere di nemici che gli si pareranno innanzi. Come già accennato, gli sviluppatori hanno preferito andare sul sicuro piuttosto che rischiare, come in un certo Dinasty Warriors 9 di qualche anno fa. Il combat system, infatti, è quello di sempre con tutte le migliorie del caso, dimostrandosi così veloce e dinamico al punto giusto. Il problema si presenta quando il gameplay ben curato va mescolandosi con una monotonia generale ancora più pressante rispetto ad altri esponenti del genere. Infatti, nonostante una divisione generale in due modalità principali, entrambe finiscono con il mostrare molto velocemente tutte le frecce della propria faretra.
La modalità musou è quella che abbiamo già descritto in precedenza, richiedendo principalmente di raggiungere un ipotetico punto B della mappa per sconfiggere il comandante di turno, il tutto con i soliti comandi che offrono un attacco semplice, quello potente e la schivata. Ovviamente, il divertimento maggiore sta nel completare ogni singolo livello della storia nell’ambito grado S, rappresentante anche l’unica reale difficoltà di questa modalità ludica. Infatti, giocando in uno stile più casual ogni livello si porta a termine senza neanche pensarci troppo, lasciando comunque quella giusta soddisfazione al suo completamento. La produzione si adatta così a partite più mordi e fuggi, in cui si decide di fare una o due missioni piuttosto che continuare imperterrito per ore ininterrotte di gioco.
La vera sfida rimane però lo scoprire ogni singolo obiettivo segreto presente nei vari livelli, combinare combo quasi infinite con i cadaveri dei poveri soldati avversari o finire ogni missione nel miglior tempo possibile. Purtroppo la varietà è il vero problema di questa modalità: nel caso di altri Warriors, quantomeno, ogni tanto gli sviluppatori hanno tentato di offrire situazioni minimamente diversificate, tra accampamenti nemici da conquistare o potenti avversari da dover eliminare. In Samurai Warriors 5, invece, si è preferito puntare quasi esclusivamente sul combattere specifici nemici di rilievo. Certo, ogni tanto si tenta di offrire un minimo di varità, ma ciò non basta a risollevare una situazione a dir poco critica.
In secondo luogo, potremo cimentarci nella cosiddetta modalità cittadella. Questa, come concetto, potremmo considerarla la modalità “missioni” dell’opera, lì dove ci verrà richiesto di completare obiettivi entro un tempo limite particolarmente risicato. Qui non solo è totalmente assente qualsivoglia componente narrativa, bensì sarà possibile utilizzare liberamente i personaggi sbloccati nel corso dell’avventura principale, senza contare che potremo migliorarne le capacità con nuove abilità sbloccabili e con materiali raccoglibili che ci permetteranno di potenziare il nostro castello. Infatti, come ogni prodotto del genere, anche qui è presente una buona quantità di personaggi giocabili, per un totale di ben trentanove. Certo, guardando ai soli numeri appare subito evidente una diminuzione del roster rispetto a quello del quarto episodio, ciò è giustificato da un lavoro più certosino portato avanti dal team di sviluppo. Il team ha infatti puntato su personaggi caratterizzati da un moveset sufficentemente vario e articolare per ognuno dei personaggi utilizzabili, peccato solo che il risultato finale non risulti particolarmente riuscito, con ben dieci personaggi che sembrano veri e propri cloni riproposti più e più volte.
Ovviamente, ogni singolo guerriero può essere potenziato e migliorato attraverso delle meccaniche riprese di pari passo dagli RPG: armi da potenziare, albero delle abilità in cui usare punti, allenamenti off screen per aumentare più velocemente il livello e molto altro. Non può poi mancare la presenza dei fidati cavalli i quali, in base a quanto vengono utilizzati o attraverso la stalla, possono essere potenziati a dovere. Questi nobili animali diventeranno così i nostri fidati compagni, che comunque potremo anche decidere d’ignorare completamente. Niente da ridere a riguardo, anche perché tale componente ludica è ripresa senza particolari modifiche dai diversissimi musou di casa Koei Tecmo. Non può poi mancare il castello da potenziare e migliorare, in modo da poter permettere a certi personaggi di raggiungere determinati miglioramenti e ottenere specifici materiali, una struttura che funziona e invoglia il giocatore a potenziare al massimo il suo personaggio preferito. In ogni caso, la modalità cittadella si dimostra alla fine dei conti un buon diversivo dall’attrazione principale, capace di arricchire ulteriormente la già longeva durata del prodotto.
I guerrieri diventano ibridi
La versione del gioco da noi provata in sede di recensione è stata quella per Nintendo Switch, che sicuramente non è la più prestante presente sul mercato ma riesce a difendersi piuttosto bene. Non sono presenti gravi rallentamenti o bug di sorta, con la grafica generale che rimane un piacere per gli occhi sia in modalità portatile che casalinga anche se, a dir la verità, per quest’ultimo fattore bisogna ringraziare la scelta stilistica operata, che comunque non riesce a nascondere la presenza di modelli ed ambientazioni non proprio all’altezza per un prodotto rilasciato nel 2021. Rimane comunque sorprendete il lavoro di adattamento operato dal team di sviluppo, che sono riusciti a dimostrare una fluidità che nemmeno l’esclusivo Hyrule Warriors: L’era della calamità riesce a raggiungere. Basti pensare che anche con dozzine di nemici su schermo non è presente alcun problema in termini di prestazioni in nessuna modalità della console, seppur il pop up dei modelli degli avversari sia abbastanza evidente in determinate situazioni. Peccato per certi problemi tecnici facilmente evitabili, come la telecamera che spesso non riesce a seguire correttamente l’azione, ma alla fin fine ci troviamo innanzi a un lavoro di qualità che tenta di offrire una degna esperienza agli utenti Nintendo.
Bisogna comunque citare un piccolo ma importante tasto dolente per l’utenza nostrana, ovvero la mancanza di una traduzione dei testi in italiano. Questa scelta rimane un peccato non solo perché diminuisce l’accessibilità del prodotto, ma perché gli episodi passati sono stati tradotti in varie lingue che qui sono del tutto assenti. Lo stesso vale anche per il doppiaggio inglese, messo da parte per favorire esclusivamente quello giapponese. Il tutto sicuramente è più in tema con l’ambientazione del prodotto, ma è evidente come il budget investito sia inferiore rispetto al passato. Ovviamente, è comunque presente una traduzione scritta in lingua inglese, nemmeno tanto complessa e con parole facilmente comprensibili. Concludiamo mostrando il nostro apprezzamento per la colonna sonora, che riesce a unire rock e certe tonalità della musica giapponese tradizionale in un connubio che si sposa perfettamente con il frenetico stile del prodotto.