Negli ultimi anni abbiamo visto una vera e propria rinascita del genere metroidvania grazie a diversi titoli che hanno saputo conquistare i videogiocatori di tutto il mondo. Infatti, seppur il genere non ha trovato molti nuovi episodi di brandi storici come Metroid o Castelvania, diversi prodotti indie come Hollow Knight o Axiom Verge hanno saputo dimostrare come questa categoria videoludica abbia ancora molto da dire. Sfruttando così l’onda del successo di giochi di questo calibro, i ragazzi di Elden Pixels hanno quindi realizzato Alwa’s Legacy per PC (disponibile sia su Steam che su GOG) e per Nintendo Switch. Ci siamo quindi addentrati proprio in quest’ultima edizione del titolo, per vedere se l’avventura di questa ragazzina col mantello viola possieda o meno il particolare tocco “magico”.
Una maga con qualche problema di memoria
In un titolo del genere la trama non è il focus dell’esperienza, e per questo l’incipit e la narrazione in sé potrebbero dare una diversa sensazione di deja vù. Nel gioco impersoniamo Zoe, una ragazzina senza memoria che si risveglia misteriosamente sulla riva di una cittadina. Qui incontra un’anziana signora di nome Saga, che le indica un modo per ritrovare i ricordi scomparsi, aumentare i suoi poteri e tornare a casa. Da qui in poi la trama prosegue senza significativi colpi di scena dimostrandosi piacevole da seguire, nei pochi dialoghi presenti, ma piena di cliché per il genere di racconto che vuole essere.
Ovviamente questo non vuole essere il vero cuore pulsante dell’esperienza, a differenza del gameplay. Alwa’s Legacy si presenta quindi come un gioco assolutamente non lineare, in cui dobbiamo esplorare un mondo interconnesso completando le missioni assegnate nell’ordine che preferiamo. A differenza di altri esponenti del genere, qui ci vengono affidati subito diversi compiti e possiamo completarli nel modo che preferiamo. Ovviamente nella canonica fase di apprendimento delle meccaniche bisogna seguire una linea tracciata dagli sviluppatori, ma dopo averla superata siamo completamente liberi di esplorare il mondo di gioco come vogliamo. Purtroppo non tutto è accessibile sin da subito, ma questo fa parte della sfida di essere un metroidvania. Come la struttura del genere ha insegnato, il backtracking diventa un punto focale dell’esperienza grazie al funzionamento degli upgrade. Questo lo ritroviamo anche nel lavoro dei ragazzi di Elden Pixels, e proprio loro sono riusciti a rendere il tutto molto piacevole e assolutamente non frustante. Questo è dovuto non solo alla possibilità di spargere portali in giro per il mondo per permettere cosi viaggi rapidi, ma principalmente al gusto del giocatore di ritornare sui propri passi per scoprire cosa è presente in una determinata area con una nuova magia e scoprire qualche segreto prima inaccessibile.
Secondo la narrativa la nostra Zoe è infatti una maga, ed è proprio grazie a questo che sono introdotti gli upgrade sopra citati. Questi sono piuttosto variegati e tutti inseriti molto bene nel mondo di gioco, offrendo soluzioni di level design davvero ingegnose da parte degli sviluppatori. Alcuni esempi come le bolle, i lampi, lo scatto in aria, lo scudo che protegge dalle spine e molte altre offrono alcuni piccoli puzzle ambientali che riescano a soddisfare pienamente gli amanti di questo genere. Inoltre possono perfino essere potenziati, offrendo delle misteriose gemme blu a uno degli abitanti della città di Westwood.
La bacchetta delle meraviglie
Questa piccola città si dimostra un vero e proprio hub world del titolo, in cui possiamo espandere alcune delle nostre caratteristiche nei negozi o nelle abitazioni. A dir la verità, l’intero mondo di gioco è invaso da NPC che servono principalmente a tre scopi: per missioni della storia, potenziamenti, o per gli obbiettivi secondari. Questi ultimi offrono compiti molto semplici nella struttura come portare un oggetto a una persona, sconfiggere un certo quantitativo di nemici o perfino cercare un determinato numero di collezionabili. Queste missioni possono effettivamente essere ignorate nel corso dell’avventura, ma il gioco riesce ad invogliare nel completare al 100% l’intera esperienza, e quindi a prendervi parte.
Ovviamente è presente un sistema di combattimento all’interno del prodotto, seppur piuttosto semplice: ispirandosi ai videogiochi del sempre più nostalgico periodo 16 bit, Alwa’s Legacy ci presenta un sistema di combattimento basato su due semplici tasti ma che presenta un buon tasso di sfida. Infatti per attaccare i nostri nemici basta utilizzare la nostra bacchetta come una spada, attraverso il tasto apposito, o le nostre magie. Queste non vengono utilizzate esclusivamente per il superamento dei puzzle ambientali, ma anche per sconfiggere i nemici. A proposito dei soldati del cattivone di turno, questi sono dei veri e propri ostacoli durante il cammino di Zoe, che si rigenerano, a ogni nostro spostamento di stanza, come è comune in questa tipologia di gioco. L’intelligenza artificiale si rivela assolutamente non complessa.
Le battaglie con i boss sono presenti in buon numero per il corso di questa avventura dalla longevità di circa 10 ore. A parte il primo e l’ultimo boss è infatti possibile combatterli in ordine sparso, permettendo così l’approccio libero che gli sviluppatori vogliono offrire con questo prodotto. Per quanto riguarda la loro difficoltà, si presentano come combattimenti in cui bisogna imparare il giusto pattern e come contrattaccarlo, ma non risultano mai ingiusti. In generale questo Alwa’s Legacy non prevede una difficoltà impossibile, ma nemmeno offre una sfida così tanto semplice, regalando quindi al videogiocatore un’esperienza equilibrata. Inoltre il titolo tiene perfino il conto delle morti conseguite nel corso dell’avventura, quindi può risultare un ottimo metodo di vanto con i propri amici, o un’ulteriore sfida con sé stessi da affrontare.
Un mondo fantasy medievale ben costruito
Come abbiamo accennato in questo articolo, il titolo è una vera e propria lettera di amore all’epoca 16 bit del videogioco. Lo stile grafico del prodotto è quindi in puro Pixel art, che però riesce a essere piacevole alla vista grazie proprio all’art design dell’ambientazioni, dei personaggi e nemici. Certo, anche qui siamo davanti a un’originalità certamente poco presente, ma la nostra protagonista Zoe ha un design tanto semplice quanto iconico.
Purtroppo non possiamo dire lo stesso della colonna sonora, che non riesce a omaggiare ugualmente questo periodo storico del medium risultando a tratti perfino scialba. Bisogna poi segnalare un caricamento iniziale piuttosto lunghetto, almeno nella versione Switch che abbiamo testato. Questo permette comunque che sia assente qualsiasi genere di caricamento durante il gameplay. In ogni caso questa edizione del gioco permette una giocabilità ottimale sia in modalità portatile che casalinga, non offrendo alcun genere d’imput lag nella propria esperienza.