Golarion. Per molti è solo una parola, senza nulla di particolare. Ma per tanti, tantissimi altri, è un mondo incredibile, pieno di storie belle e terribili, un universo di mille colori in cui scegliere tanto chi siamo quanto il nostro ruolo nel mondo. Un luogo dove raccontare e farsi raccontare una storia insieme ai propri amici e in cui riscoprirsi attori di un’opera tutta in divenire. Questa è la magia dei giochi di ruolo, ed in primis di Dungeons & Dragons che, soprattutto negli ultimi anni, hanno vissuto un’esplosione di popolarità, che ora vivono tanto su carta quanto sugli schermi. Pathfinder: Kingmaker è infatti una delle campagne di Pathfinder (una delle molte versioni di D&D), che approda adesso anche su console grazie ad un porting che, seppur non brilli per qualità, allarga il numero di possibili fruitori di questo mondo fantastico. Ma andiamo con ordine.
Diventare re
Come il nome fa ben intendere, in Pathfinder: Kingmaker cominceremo da semplici ma ambiziosi avventurieri per diventare… baroni. Sempre nobili, tranquilli, seppur con un titolo meno altisonante ma comunque carico di responsabilità. La nostra missione, finanziata dalla casa nobiliare degli Aldori, si incastrerà in una rete di intrighi e attriti politici di cui faremo la scoperta solo col tempo. Dietro a questa ascesa saranno in molti a tramare per accattivarsi le nostre simpatie o distruggerci prima ancora di arrivare alla meta. Ma prima di essere ufficialmente nominati baroni, ci toccherà eliminare una pericolosa banda di banditi, insieme al loro leader, intraprendendo una rischiosa e lunga missione nelle Stolen Lands.
Al nostro seguito si aggiungeranno sempre più compagni, ognuno con una sua storia, un suo asse morale e, come in ogni GdR che si rispetti, una sua sequenza di missioni uniche. I nostri compagni sono davvero ben caratterizzati e, fin dal primo incontro, si costruiranno le prime simpatie. Non solo ci assisteranno nei nostri viaggi ma, una volta acquisite le terre, potremo dar loro delle cariche politiche, facendogli così gestire alcuni aspetti del regno a loro discrezione. L’asse morale, tanto del protagonista/regno quanto del suo seguito assume quindi una certa rilevanza, sbloccando anche delle strutture uniche. I buoni, ad esempio, potranno costruire orfanotrofi e rifugi per i meno abbienti.
Una classe per ghermirli
Se avete dimestichezza con Pathfinder, saprete quanto sia una delle versioni più complesse di D&D, nel bene e nel male. Allo stesso modo, Pathfinder: Kingmaker riprende parte di quella complessità sia per il sistema di classi (16 base, ognuna con 4 archetipi, e 7 di prestigio) sia per quello dei talenti. Pur non trovando ogni singola classe descritta in tutti i manuali, la varietà è tale da poter giocare un gran numero di tipologie di personaggio. Quindi non temete, fan del rodomonte, potrete ricreare qualcosa di molto simile costruendo attentamente la crescita del vostro alter ego fantasy. Il problema alla base di un sistema così complesso, però, è che risulta estremamente dispersivo e di difficile accesso per chi non lo conosca già.
Il sistema di talenti, ad esempio, non permette di filtrarne la tipologia, di cercare per parole chiave o di visualizzare una sequenza di talenti. Il gioco si limita a consigliarne o sconsigliarne alcuni, visualizzandoli più in alto o più in basso in un elenco che rimane sempre un po’ troppo grande e di difficile accesso. Per chi è poco avvezzo a tanti tecnicismi, esiste la possibilità di far gestire l’aumento di livello al gioco stesso o di selezionare determinati percorsi precostruiti. Una buona soluzione per non rimanere intrappolati in mille schermate ad ogni level up del party. La versione console, la Definitive Edition, contiene inoltre i DLC finora pubblicati, arricchendo ulteriormente l’esperienza base con nuove aree e una nuova classe, il Cineta.
Il pubblico di riferimento
Si tende ad abusare di quel trito e ritrito “non è per tutti”, ma con Pathfinder: Kingmaker la frase è quantomai azzeccata. Tra le versioni da tavolo di D&D, Pathfinder è la più criticata (ma anche tra le più apprezzate) per la sua complessità, e la sua trasposizione videoludica ne riprende pregi e difetti. Tra i mille termini e i valori a cui fare riferimento abbiamo tra le mani un titolo difficile anche per chi ha una certa dimestichezza con i Giochi di Ruolo. Il pubblico di riferimento sono soprattutto quelle persone che conoscono già D&D e Pathfinder e ne hanno almeno un’infarinatura di base. Attenzione, ciò non vuol dire che il gioco sia impossibile per chi non lo conosce o che sia di difficile godimento. Anzi, esistono molte possibilità per semplificare l’esperienza del giocatore, da livelli di difficoltà decisamente gentili ad aiuti più o meno invasivi nella gestione dei livelli. In questo modo ci si può concentrare maggiormente su altri aspetti, come la componente narrativa e prettamente ruolistica (statistiche a parte), ma ciò significa rinunciare ad una parte decisamente corposa del gioco.
Veniamo dunque alla criticità principale del titolo: la componente tecnica. Di certo la grafica nei GdR riveste un ruolo secondario e non sarebbe normalmente un problema avere qualche texture sottotono, un effetto poco convincente o qualche rallentamento di tanto in tanto. Il problema è, purtroppo, la frequenza e la presenza più o meno costante di questo genere di elementi. Ci si aspetterebbe da un titolo con una grafica non particolarmente dettagliata un’ottima stabilità nel framerate, cosa che viene invece smentita già dopo pochi minuti in-game. Azioni di combattimento, l’apertura dei menu, i salvataggi: tutto fa crollare gli FPS.
I caricamenti non fanno che peggiorare la situazione, rivelandosi piuttosto lunghi ed inserendosi spesso nella partita (se siete cresciuti, videoludicamente parlando, col motto “Salva spesso, salva adesso” saprete benissimo a cosa ci riferiamo). Perfino un salvataggio veloce richiede un caricamento, rivelandosi tutt’altro che veloce. La situazione non migliora se a questi poi aggiungiamo dei piccoli bug legati a diverse situazioni tra cui i combattimenti, con abilità che non si innescano quando dovrebbero, e salvataggi, con crash improvvisi che annullano l’operazione stessa di salvataggio facendo perdere parte dei progressi. Tecnicamente siamo sotto la media, ad un livello tale che influenza l’esperienza di gioco e perfino i ritmi della partita, arrivando a causare qualche frustrazione.