Ci sono storie che partono molto, molto lontano e sembrano destinate a rimanere un intoccabile frammento del passato: le avventure grafiche riescono particolarmente bene in questo intento, in quanto il genere in generale appare fin troppo macchinoso e di stampo anacronistico di fronte alla fluida velocità che caratterizza il videogioco moderno. Ciononostante, ci sono esperimenti di seguito e riproposizione di queste perle del passato che tentano (e spesso riescono) a dire la loro anche in questo frenetico mercato senza mai rinunciare, però, ad una chiara e precisa identità che fa bagnare gli occhi degli appassionati di vecchio stampo e avvicinare nuovi curiosi. Possiamo prendere come esempio il caso di Return to Monkey Island, capitolo conclusivo della leggendaria saga di Lucas Arts, ma anche Simon The Sorcerer Origins, del quale vi parliamo ora con la recensione nella sua versione PS5.
Il ritorno dell’apprendista stregone
La trama, e in generale la struttura e il contesto in cui è ambientata la vicenda, fa riferimento in tutto e per tutto al alle origini della serie. Ci troviamo quindi di fronte ad una struttura ben nota nell’ambito delle avventure grafiche di qualche anno fa: trama semplice, la cui linearità viene interrotta – con conseguente prolungamento dell’esperienza stessa – da una serie di situazioni che richiedono la partecipazione del giocatore per il raggiungimento di un obiettivo che passa attraverso la risoluzione di enigmi ambientali, interazioni con gli altri personaggi e risoluzione di eventuali momenti che richiedono un certo sequencing.
Questo si traduce in un’esperienza estremamente legata ad un modo di giocare che appartiene ormai al passato, ma capace di soddisfare le esigenze del giocatore che ricerca quel determinato tipo di sfida, tra l’altro con difficoltà crescente, per un’esperienza totale che tocca le 10 ore di gioco circa.
Il gameplay rimane molto legato al contesto precedentemente descritto: il titolo si propone sicuramente come un tentativo di rilanciare la serie nel mercato odierno grazie ad un approccio grafico allettante e un contesto tecnico che amplifica ambientazioni e sensazioni, ma, allo stesso tempo, la volontà è quella di rispettare fino in fondo il ritmo e l’approccio che il giocatore ha sempre avuto e dovrà continuare ad avere nei confronti di questa serie.

Una magia sullo schermo
Artisticamente parlando, gli sviluppatori hanno compiuto un lavoro eccezionale nel rendere il progetto con un approccio moderno e particolarmente piacevole da vedere. La scelta di colori risulta estremamente azzeccata, capace di trasmettere sensazioni giocose al punto giusto, senza mai scadere nell’infantile (missione in parte riuscita anche nel già citato Return to Monkey Island).
Anche la scelta di ridisegnare i personaggi risulta più che azzeccata, con elementi caratterizzanti dell’intero sistema di character design che si adattano molto bene alla situazione di gioco, con un risultato che amplifica coerenza e capacità di rendere univoca ma non ripetitiva la struttura, con ogni singola schermata che sembra essere studiata nel dettaglio più assoluto.
Il migliore esperimento, nonché quello più evidente e ambizioso, dell’intero progetto riguarda proprio il rifacimento artistico: una struttura che parte da solide basi per raggiungere rapidamente picchi di spessore che non nascondono quando vi è sotto, ma lo esaltano in una maniera che non possiamo che elogiare.

Un progetto fedele alla linea di partenza
Possiamo in sintesi definire questo un progetto molto chiaro nelle volontà degli sviluppatori, i quali hanno deciso di rimanere fedeli ad un determinato tipo di filosofia piuttosto che venire incontro ad una grande fetta del pubblico di videogiocatori: preservare la struttura storica della serie, pur rendendo quest’ultimo quanto migliore possibile da un punto di vista puramente qualitativo.
Soffermandoci su quelli che sono i dettagli peculiari della versione PlayStation, possiamo affermare che il titolo riesce ad essere fluido e godibile anche su una piattaforma effettivamente non pensata per questo genere di gioco: pur non trattandosi del PC, l’esperienza scorre bene, impreziosita tra l’altro da una lista di trofei che permettono ai giocatori di adattarsi a varie filosofie di gioco, passando dall’esplorazione scatola chiusa con più diretto completismo.
