God Eater 3 – Recensione, si torna a caccia di Aragami

Luca Di Carlo
Di Luca Di Carlo Recensioni Lettura da 11 minuti
7.5
God Eater 3

All’interno dell’industria videoludica, capita spesso di assistere a inimmaginabili successi commerciali acclamati in tutto il mondo che vanno successivamente portandosi dietro un vasto ventaglio di cloni più o meno similari desiderosi di accaparrarsi una fetta della torta. Tra i tanti, quello di Moster Hunter è forse uno dei casi più eclatanti, una serie di titoli che via via si è andata a ritagliare una sempre più folta folla di fedeli – soprattutto sul territorio nipponico – che ha portato molte software house a lanciarsi con opere dalle similari strutture ludiche, interessanti concorrenti alle volte concretizzatisi in colossali disastri, in altri casi rivelatisi piacevolissimi prodotti. God Eater è proprio uno degli sfidanti più agguerriti del brand di casa Capcom, un insieme di capitoli dalle peculiari idee e meccaniche rivelatesi capaci di guadagnarsi una considerevole nicchia che ha permesso a Bandai Namco Entertainment di portare avanti la sua serie per numerosi anni. In questo affollato contesto ecco quindi sopraggiungere proprio God Eater 3, nuovo capitolo dell’IP che dopo essere sopraggiunto sul territorio giapponese, è ora pronto a sbarcare anche in Occidente. Noi di Game Legends abbiamo potuto metterci le nostre mani sopra con diversi giorni d’anticipo rispetto alla data d’uscita – fissata per l’8 febbraio su Playstation 4 e PC – saggiandone con attenzione ogni più piccolo particolare e ora, finalmente, siamo pronti a darvi il nostro giudizio finale a riguardo.

god eater 3

Un mondo in fiamme

In un futuro non troppo distante, l’umanità è stata quasi portata all’estinzione dai cosiddetti Aragami, mostruose creature che hanno trasformato l’intero globo in un rudere desolato. Lo scenario post-apocalittico che si staglia all’orizzonte mette in mostra enormi metropoli ormai ridotte a un cumulo di macerie circondate da enormi deserti che si stagliano in ogni dove e attraversati da terribili tempeste letali per qualsiasi essere umano. In un contesto di morte e distruzione tanto terrificante, i pochi sopravvissuti si sono visti costretti a doversi rintanare in città-fortezze dove le suddivisioni sociali sono andate inasprendosi con sempre maggior forza. Nonostante le precarie condizione in cui versa tutto il genere umano, le ricche élite schiacciano le classi più povere costrette a vivere in condizioni sempre più instabili, mentre la minaccia degli Aragami si fa sempre più impellente. Per cercare di contrastare il nemico, tra le fasce di popolazione più svantaggiate vengono quindi selezionati numerosi candidati a cui impiantare le cosiddette Oracle Cell, strumenti necessari per poter utilizzare i God Arc, le uniche armi capaci di poter arrecare qualche danno alla nuova specie che oramai domina su tutto il pianeta.

Il nostro protagonista sarà proprio uno di questi soldati particolarmente dotati, una delle tante anime ritrovatesi a vivere in un mondo dove ogni giorno potrebbe essere l’ultimo. Partendo da queste premesse, God Eater 3 mette in scena una componente narrativa invero ben più interessante di quanto ci si potrebbe inizialmente immaginare, un’avventura fatta d’ingiustizie e colpi di scena pensati per mettere in mostra un ambiente dove i più deboli vengono trattati in maniera non dissimile da veri e propri schiavi. La sceneggiatura può inoltre avvalersi di un folto cast di personaggi primari e secondari indubbiamente interessanti e capaci di farsi apprezzare per i propri atteggiamenti e comportamenti. Il risultato finale è una campagna dalla narrativa intrigante e capace d’incuriosire il giocatore di turno, il quale sarà più che felice di andare a scoprire le vicende vivibili in-game. Detto questo, bisogna però ammettere che l’esperienza soffre per un ricercato fan service alle volte estenuante – tra seni prorompenti e “accecanti” minigonne – e per via di alcuni stereotipi a tratti aspramente accentuati, il tutto accompagnato da un ritmo delle vicende altalenante, dove situazioni sceniche ricche d’eventi da vivere con il cuore in gola andranno affiancandosi a momenti invece ben più prolissi di quanto sarebbe stato auspicabile pensare.

Tra solidità e staticità

Sotto un profilo più propriamente ludico, il titolo non si discosta più di tanto da quanto visto nei capitoli precedenti del brand. Ancora una volta, ci ritroveremo quindi in un hub dove potremo muoverci liberamente per dialogare con i diversi personaggi di contorno con cui entreremo in contatto, modificare il nostro equipaggiamento e accettare nuove missioni, alcune delle quali pensate per far progredire la trama, altre utili solo per ottenere materiali e miglioramenti per le proprie armi. Una volta scesi sul campo di battaglia, il nostro compito sarà quello di eliminare tutti gli avversari sparsi in giro raccogliendo nel mentre le risorse che troveremo un po’ ovunque. Le creature che andremo ad affrontare si diversificheranno per design e caratteristiche, ognuna con i suoi attacchi speciali e punti deboli, il tutto per andare a formare un bestiario ricco e sfaccettato dove sarà nostro compito imparare pattern di movimento e comportamenti specifici per poterli sfruttare a nostro vantaggio ed evitare così un’ingloriosa morte. Di contro, però, bastano poche ore in-game per rendersi conto di come – salvo rari casi rappresentati da boss particolarmente coriacei – la tattica migliore da adottare sia semplicemente lanciarsi a testa bassa contro il nemico riempiendolo di mazzate fin quando quest’ultimo non sarà caduto a terra privo di forze. Effettivamente, uno dei punti più critici dell’avventura si riscontra proprio nella sua monotonia di fondo, con un ripetersi ciclico di situazioni che sul lungo andare si rivelerà assai fastidioso. Le numerose ore necessarie per completare il titolo vi porteranno a dover affrontare incessantemente gli stessi compiti fin quando non si giungerà al nuovo punto di rottura pensato per avanzare nelle vicende. La mancanza di vere e proprie tattiche da dover adottare per giungere alla vittoria, poi, non fa altro che rendere ancor più palpabile quel fastidioso senso di ripetitività che andrà accompagnandoci nel corso di tutta la nostra partita.

Per cercare d’offrire un pizzico di sapore in più all’esperienza, il team di sviluppo ha puntato molto sulla personalizzazione del proprio alter-ego digitale e dei compagni che vi seguiranno in battaglia. Tramite il semplice sistema di crafting con cui raccogliere oggetti posizionati sul terreno o reperibili direttamente dai corpi degli Aragami stessi, potremo infatti acquistare, migliorare e modificare armi, vestiario e abilità di tutto il nostro party per cercare di creare la squadra dei nostri sogni. Ogni arma emana un suo feeling unico e permette di adottare due diversi sistemi di combattimento, uno corpo a corpo e l’altro a lunga gittata. Il nostro protagonista potrà infatti trasformare la sua letale arma in una maneggevole sputafuoco utile per indebolire avversari particolarmente resistenti o per mandare al tappeto creature voltanti troppo veloci e sfuggenti. Inoltre, al fine ultimo di velocizzare e impreziosire le fasi ludiche del titolo, gli sviluppatori hanno aggiunto diverse piccole novità indubbiamente apprezzate tra cui spiccano, in particolar modo, la possibilità di legarci in combattimento a un compagno della nostra squadra per rendere ancor più incisivi e violenti i colpi inferti al nemico di turno, la presenza di un veloce scatto frontale utile per muoversi più velocemente e la possibilità di “azzannare” gli Aragami molto più velocemente di quanto non fosse in passato.

God Eater 3

Di contro, però, tutte queste novità servono a ben poco quando ci si rende conto di come il livello di sfida sia assai tarato verso il basso, con molte missioni completabili in una manciata di minuti proprio a causa di creature avversarie eliminabili nel giro di pochi colpi. Di tanto in tanto capiterà di affrontare esseri estremamente più pericolosi della media, ma si parla di deboli fuochi di paglia che si accendono e spengono nel giro di uno starnuto, vuoi anche per una quantità di mappe ben poco esaltante che andranno ripetendosi continuamente di missione in missione. A conti fatti, insomma, il titolo offre un’esperienza in linea con quanto visto in passato dove i fan più accaniti si sentiranno subito a casa, immersi in un’avventura capace di essere goduta tranquillamente tutta d’un fiato ma anche a piccoli bocconi. Parlando in termini più propriamente tecnici, God Eater 3 soffre per un livello di dettaglio generalmente mediocre. Ambientazioni spoglie, texture poco rifinite, personaggi visivamente assai datati, animazioni legnosette e conta poligonale d’oggetti ed edifici alquanto sottotono mettono in mostra un lavoro tristemente datato sotto molti aspetti che riesce a risollevarsi solo grazie a giochi di luci e ombre apprezzabili e per un character design delle creature davvero piacevole. A chiudere il tutto ci pensa un doppiaggio – sia in inglese che in giapponese – di buona fattura e una colonna sonora che svolge giusto il suo compitino senza però divenire mai realmente incisiva.

God Eater 3
7.5
Voto 7.5
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Cresciuto a suon di videogiochi, cartoni animati e fumetti, ho potuto godere di un infanzia interamente basata sulla creazione del nerd per antonomasia, sempre intento ad affrontare sane partite videoludiche e alla costante ricerca di tutto il comprabile da poter mettere in bella vista su qualche mensola. Essendo poi anche un grande casanova, ho scoperto il mio primo vero amore dopo aver attaccato la spina della mia Playstation 1, ma non preoccupatevi Microsoft e Nintendo, nel mio cuore vi è spazio anche per voi.