Allontanandosi dal tradizionale platform a cui siamo abituati, Donkey Kong Bananza si presenta come un titolo audace e senza compromessi, che punta tutto sulla libertà di interazione e la deformazione del mondo di gioco. Nintendo EPD Tokyo ha deciso di trasformare radicalmente il modo in cui ci si muove in un platform 3D, dando al giocatore un potere quasi sovrannaturale di plasmare l’ambiente, rompere ostacoli e creare nuovi percorsi, “rompendo” di fatto le classiche regole del genere. Questo approccio porta il giocatore a vivere un’avventura piena di energia, adrenalina e caos controllato, dove il divertimento scaturisce tanto dal viaggio quanto dal modo unico in cui si può interagire con l’ambiente circostante. Tuttavia, questa libertà fa da contraltare a un senso di potenziale disorientamento e a una sfida non sempre lineare, che richiede di destreggiarsi tra momenti di entusiasmo puro e fasi in cui diventa necessario fermarsi a capire dove si è e dove si vuole andare.

Le trasformazioni Bananza
Dal cuore della storia emergono le iconiche trasformazioni Bananza, che non sono solo semplici power-up, ma veri e propri nuovi modi di giocare. Grazie alle canzoni misteriose di Pauline, la giovane alleata e voce narrante che accompagna il nostro protagonista, Donkey Kong assume diverse forme ispirate alla fauna sotterranea, ognuna con capacità specifiche che aprono nuove possibilità di movimento e combattimento.
La figura preponderante è il Kong Bananza, una versione potenziata e ingigantita di DK, perfetta per aprirsi la strada e affrontare ostacoli o nemici con violenza e rapidità. A fianco a lui, il Zebra Bananza rompe gli schemi grazie alla sua agilità, adatto a muoversi su superfici che altre forme non possono calpestare, mentre l’Ostrich Bananza aggiunge un tocco di strategia con la possibilità di planare e lanciare uova esplosive. Queste trasformazioni sono studiate per adattarsi a specifiche sfide o sezioni, ma in generale, la loro varietà arricchisce la formula senza snaturarla.
Pauline e la narrazione
L’incipit narrativo di Donkey Kong Bananza si apre con una corsa forsennata verso il nucleo della terra, dove DK e Pauline si ritrovano coinvolti in una sfida contro la misteriosa Void Crew, un trio di Kongs rivali che hanno sabotato i loro piani. Il pretesto narrativo è volutamente semplice: il desiderio di banane e la necessità di fronteggiare avversari che mettono a rischio i sogni dei protagonisti. Non ci sono colpi di scena sconvolgenti o sottotesti profondi, ma il racconto, per quanto asciutto, è arricchito da dialoghi vivaci e una sceneggiatura curata nei tempi e nel modo in cui caratterizza Pauline e DK.

Mentre Donkey Kong corre, salta e sfonda tutto quel che incontra, la figura di Pauline emerge come un elemento chiave non solo per la trama, ma anche per il gameplay e la socialità del titolo. La sua presenza dona un calore inaspettato alla storia lineare, grazie a una chimica sincera con DK e a un linguaggio canoro tutto suo, buffo e caratterizzato da suoni orecchiabili ma privi di senso compiuto, che dà ulteriore personalità all’avventura. Pauline assume inoltre un ruolo fondamentale nella modalità cooperativa, fornendo poteri utili a supportare Donkey Kong e permettendo a un secondo giocatore di prendere parte all’azione, promuovendo un’esperienza condivisa e inclusiva.
Il gameplay di Donkey Kong Bananza abbandona la tradizionale fluidità e precisione tipiche dei platform a cui siamo abituati, sostituendole con una fisicità più rude e diretta. Donkey Kong si muove in modo deciso e possente, capace di scalare pareti verticali, abbattere barriere e rompere elementi del mondo in maniera spettacolare, anche se a volte sbilanciata rispetto al controllo totale. Il dinamismo del gioco si basa su un sistema di combattimento e interazione con ambienti e nemici costruito attorno a materiali diversi (roccia, sabbia, vetro, lava), che influenzano il modo in cui DK può distruggere o superare gli ostacoli. Il risultato è un gameplay che alterna momenti di frenesia e devastazione a fasi che richiedono maggiore strategia nell’uso delle trasformazioni o degli oggetti lanciabili.

La deformazione del mondo
Il vero protagonista di questa avventura è il terreno stesso. A differenza di molti giochi tradizionali, qui il mondo non è una struttura rigida, ma qualcosa che può essere modellato a piacimento dal giocatore. DK può scavare gallerie, distruggere pareti, far franare parti di mappa e aprire scorciatoie improvvise, scardinando ogni aspettativa e rompendo la linearità delle piattaforme. Questa meccanica regala una sensazione di grande potere e libertà, ma porta anche con sé il rischio di confusione e smarrimento, soprattutto nelle fasi sotterranee dove la telecamera alterna diversi punti di vista, non sempre perfetti e spesso sopraffatti dagli elementi distruttivi.
I nemici in Donkey Kong Bananza sono divisi in vari tipi, differenziati dai materiali che li ricoprono. Combatterli richiede attenzione al timing e all’uso degli strumenti giusti, ma il numero di varianti resta limitato e la ripetitività, soprattutto nella parte finale, è un limite evidente. Le battaglie contro i boss variano da rapide scazzottate a scontri più articolati e strutturati, ma col riuso frequente di avversari già affrontati, la sensazione di freschezza tende a diminuire nelle fasi finali del gioco.

Struttura e ritmo dell’avventura
La progressione si sviluppa tra livelli principali, villaggi e ramificazioni che portano nelle profondità del pianeta, offrendo un giusto mix di sfide, esplorazione e momenti di puro caos distruttivo. Le missioni secondarie, i collezionabili e i livelli di sfida arricchiscono l’esperienza e spingono il giocatore a perdersi e sperimentare, anche se a volte la libertà può diventare un’arma a doppio taglio. La modalità co-op, affidata al personaggio di Pauline, aggiunge ulteriore valore al gioco. Il secondo giocatore può intervenire nella partita controllando poteri speciali e facilitando l’azione, con controlli adattabili sia tramite puntatore che mouse. Fuori dalla campagna principale, la modalità DK Artist offre un momento creativo alternativo, permettendo di scolpire e dipingere liberamente.
A prima vista, Donkey Kong Bananza potrebbe sembrare il tipico caso di platform dove la componente di distruzione e la frenesia dello sblocco totale portano rapidamente al rischio di “button smashing” compulsivo. Chi soffre di FOMO, la paura di perdersi contenuti o collezionabili nascosti, potrebbe quasi voler rompere ogni centimetro del mondo di gioco, perforando tunnel, frantumando rocce e ottenendo gemme in maniera quasi automatica. Tuttavia, la struttura e l’atmosfera del titolo mitigano abilmente questo pericolo. Il world design invita sì all’esplorazione e alla libertà d’azione, ma distribuisce sfide e attività in modo da premiare la curiosità e l’osservazione anziché la mera ripetitività meccanica. La varietà dei livelli, le sezioni che cambiano ritmo e le attività collaterali offrono pause, obiettivi chiari e momenti di scoperta che spezzano la tentazione di ridurre l’esperienza a una mera collezione forsennata. In questo modo, Donkey Kong Bananza riesce a bilanciare perfettamente la soddisfazione della distruzione con il vero piacere del platform esplorativo e creativo.