Una versione a open world di Final Fantasy XVI avrebbe richiesto una decade e mezza per essere terminata: a dirlo è Naoki Yoshida, produttore del gioco in un’intervista rilasciata a Famitsu il noto giornale giapponese di videogiochi.
Non si può chiedere tutto ha commentato il produttore del gioco, sottolineando come, quando si crea un titolo complesso come Final Fantasy XVI le dinamiche che entrano in gioco sono più gradi di quelle che pensiamo.
Di seguito le dichiarazioni complete di Yoshida per l’intervista rilasciata al giornale giapponese:
“Quando ho giocato al primo Final Fantasy, ho pensato ‘questa è un’esperienza di gioco simile a un film. La produzione, i tempi dei dialoghi, il dramma, il suono: tutti sono combinati per creare la migliore esperienza di gioco possibile. Una volta incluso un Chocobo o un Moogle, ho pensato che fosse già un’esperienza alla Final Fantasy. Quell’esperienza di gioco deve essere vissuta anche in Final Fantasy XVI. Inoltre, è necessario comprendere lo schema generale del game design tenendo conto dei punti di forza della squadra di lavoro stessa con la quale stai procedendo nel progetto. Quando ci ho pensato, mi sono detto: ‘Credo che un mondo aperto non sarebbe adatto a ciò che stiamo pianificando ora.”
Andando nello specifico, ha poi commentato con:
Voglio la storia di un eroe che salva il mondo, perché questa è l’anima del gioco. Voglio un’evocazione per scatenarsi e distruggere la mappa. Voglio rilasciare questo gioco il prima possibile. Non posso rilasciare questo gioco in più parti. Se si considerano questi quattro punti principali, credo sia praticamente impossibile chiedere tutto. Se avessimo avuto un periodo di sviluppo di circa 15 anni, avremmo potuto avere l’opportunità di misurarci con un mondo aperto. Dopotutto, è quasi impossibile in termini di tempo e costi creare una storia globale all’interno di un mondo aperto. Pensavo che il team di sviluppo sarebbe stato preoccupato e sotto stress se avessimo scelto la formula del mondo aperto. Fornire quella che riteniamo sia la storia migliore, in un’esperienza che unisce giochi e film, non richiede un mondo aperto al momento.
Quest’ultima dichiarazione dimostra come l’opzione di avere un open world non è favorevole se non in termini di utilità.