Recentemente Hideo Kojima ha parlato di quello che sarà il futuro della sua casa di sviluppo dichiarando di essere interessato a creare una nuova IP dalle salse horror un pelino differente da come siamo abituati oggi (tipico stile Kojima potremmo dire). Ebbene, nel corso di un’intervista con Vulture durante il World Strand Tour è emersa anche la possibilità di realizzare un sequel di Death Stranding. Tutto sembra nascere dall’improvvisa amicizia sbocciata tra il creatore e l’attore Norman Reedus (l’interprete del protagonista di gioco) durante la realizzazione del titolo. Se mai verrà realizzato un sequel però si dovrà ricominciare da zero proponendo qualcosa di diverso e non un semplice seguito di narrazione.
Tra le domande poste dalla testata c’è il perché Kojima abbia realizzato un gioco inizialmente molto lento per poi procedere più velocemente da metà in poi:
“Volevo che il giocatore diventasse Sam, ma gradualmente. Come un bambino che impara a camminare”.
Un’altra interessante notizia riguarda il catrame e i BT di gioco che sono stati “presi” direttamente da un evento traumatico vissuto proprio in prima persona. All’età di due anni, infatti, il padre lo spinse fuori dalla barca buttandolo in oceano lasciandogli un trauma ancora oggi molto nitido:
“È stato così spaventoso. Vado ancora nell’oceano e mi tuffo di tanto in tanto, ma mi spavento molto per queste grandi onde e questi grandi animali oceanici”.
Concludendo invece con una nota drammatica Kojima ha anche detto di aver tenuto nascosto a sua madre la realizzazione dello studio poiché non voleva che si preoccupasse. Era sua intenzione però fargli vedere cosa avrebbe realizzato una volta che tutto era in piedi e forte di un successo ottenuto. Purtroppo, la madre è morta durante la lavorazione a Death Stranding, rammaricandosi dunque di non averle mai raccontato quello che stava facendo:
“I fantasmi nel gioco – forse i miei genitori sono uno di loro. Volevo avere quel tipo di metafora, che dentro di te sei connesso alle persone che sono morte.”