Fa rabbia vedere del potenziale sprecato. E se può far rabbia ad un ragazzo che magari ama il wrestling e vuole replicare le azioni dei suoi beniamini, pensate a chi c’era quando usciva Here Comes the Pain. Ora sembrerà un discorso da matusa, un po’ datato e vecchio, eppure non è possibile pensare che all’epoca, con i mezzi tecnici limitati, i titoli della WWE fossero decisamente più divertenti, ma soprattutto ben fatti. Ovviamente parliamo di WWE 2K20, segno che la serie deve per forza prendere il suo futuro in mano, visto che negli ultimi anni ha solo puntato a rinnovare roster e funzionalità, più che pensare a portare un gioco valido e tecnicamente ben realizzato sugli scaffali. Ma procediamo con ordine.
Fuori dal ring
Se c’è una cosa che va detta, è che questo gioco ha subito purtroppo una battuta d’arresto per il cambio di studio di sviluppo: i ragazzi di Yuke’s hanno passato il testimone a Visual Concepts, lasciando un po’ a loro la patata bollente di dover chiudere il progetto e portarlo alla vendita. Questo sicuramente ha inficiato sulla produzione, e per questo ci troviamo oggi a parlare di un prodotto che è soltanto un riflesso di ciò che questo gioco poteva essere. Partiamo dalle cose “meno importanti”, ovvero le modalità: ognuna di esse, dalle torri agli showcase, cercano di prendere ciò che rende la WWE uno show d’intrattenimento spettacolare, e tenta di riproporlo in modo un po’ grossolano. Nonostante qualcuno di questi contenuti si salvi per il rotto della cuffia, il resto rimane abbastanza vetusto e poco apprezzabile.
Se tutto questo però può avere un senso ai fini dell’aggiunta, in quanto parliamo di sessioni di gioco parallele all’esperienza base, la modalità carriera del titolo purtroppo non aiuta a risollevarne le sorti. Stavolta avremo a disposizione due personaggi, Tre e Red, di sesso opposto e amici da una vita, con il sogno in comune di diventare WWE Superstar. Il problema è che tutto il comparto tecnico ha problemi nei dettagli, mostrando talvolta una grafica inferiore persino ai titoli usciti su PlayStation 3. Il modo che utilizza il gioco per raccontare questa storia è interessante, sfruttando flashback e una ricostruzione della loro vita interessante da scoprire, peccato che però le basi su cui si poggia il tutto sono fatte di sabbia. Ogni singola azione svolta per fini di trama sembrerà forzata, decisamente troppo persino per uno show come la WWE: la caratterizzazione inoltre dei due protagonisti sarà così macchiettistica da far divertire solo grazie alla sceneggiatura, almeno decente. A complicare il tutto si presenta un sistema di progressione del gioco che richiederà il completamento di obiettivi facili e troppo intermezzanti: per questo spesso potrebbe essere più appropriato avanzare nel combattimento chiudendolo senza seguire questi, ma così poi vi trovereste un’esperienza zoppa. Per completare il quadro, questi obiettivi ci saranno anche negli showcase e nelle torri, con la differenza che stavolta saranno accompagnati da modificatori che renderanno invece l’esperienza leggermente migliore.
Nel ring
Il sistema di combattimento non rinnova più di tanto dal precedente, spostando soltanto qualche tasto per pura User Experience. A questo si unisce il fatto che molte delle azioni che prima erano facili da attuare (non si parla di portarle a termine) ora invece diventeranno difficili persino da far partire, portando al giocatore un sentimento di tedio davvero fastidioso. Tutto il resto rimane invece lì, immobile, intatto, quasi a significare che la vena creativa di WWE sia ormai morta e sepolta: naturalmente sappiamo che non è così, in quanto titoli del passato dedicati al wrestling erano riusciti in ciò che questo capitolo non riesce, ovvero quello di divertire.
Se infatti andiamo a vedere il lato tecnico, scansando la qualità delle texture e dei poligoni, qui abbiamo un gioco rifinito male, pieno di bug e di glitch grafici che non solo tentano di rovinare l’esperienza, ma ci riescono senza sforzi. Per non parlare dell’online, non plus ultra dell’insieme delle problematiche, che somma a tutto quello già detto un netcode davvero fatto male.
Naturalmente WWE 2K20 non è da buttare: i problemi sono risolvibili con delle patch, e le funzionalità (nuove e vecchie) portano una valanga di contenuti carini per i fan del genere. Le sfide in locale, inoltre, portano comunque divertimento sia per il fatto che si svolgono “dal vivo”, sia per la mole di mosse, contromosse e gimmick attuabili. Tutto sommato la formula, ormai ripetitiva e ridondante, avrebbe potuto funzionare anche quest’anno se non fosse stato per le numerose problematiche riscontrate in sede di recensione. Sicuramente torneremo a parlare di WWE 2K20, sperando che i ragazzi di Visual Concepts riescano a metterci mano, ma per ora il gioco rimane al di sotto della sufficienza, adatto solo a quei fan accaniti che non possono fare a meno di WWE e del wrestling.