L’impatto con i bei giochi è sempre strano, memorabile in qualche modo. Gli sparatutto tendono a metterti una buona dose di adrenalina in circolo, i punta e clicca ti fanno spremere il cervello per risolvere i loro enigmi, i giochi di ruolo ti catturano per decine di minuti nella creazione del tuo alter-ego digitale e Disco Elysium non è da meno. Fin dalla primissima schermata, si rimane catturati da quello che è a tutti gli effetti un quadro che vibra, si muove davanti a noi mostrandoci la bellezza in un luogo che, come scopriremo, ormai ne sembra privo. I primi dialoghi non fanno che spaesarci, confondendoci e portandoci inesorabilmente nell’atmosfera unica che traspira in ogni momento, degna del miglior romanzo noir, mentre con estrema lentezza il nostro detective comincerà a svegliarsi.
“I am the Law!”
Rappresentare la “Legge” a Revachol è un lavoro difficile e logorante. Ci troveremo infatti in un mondo crudo e spietato, che sta ancora affrontando le conseguenza di una fallita rivoluzione e di un’occupazione straniera. Diffidenza, violenza, droghe, il peggio che l’umanità ha da offrire dilaga per le strade e noi non siamo assolutamente dei paladini in armatura lucente pronti a difendere i deboli dalle angherie dei cattivi. Siamo parte della marmaglia che compone la città, povera e fatiscente, e come ogni altra persona siamo segnati fisicamente e mentalmente dal nostro passato. Anche noi dovremo combattere per sopravvivere, ma non immaginatevi grandi battaglie: non dover passare la notte su una fredda panchina dell’area portuale può essere già considerata una vittoria. Nonostante le storie terribili che nasconde Martinaise, c’è ancora bontà in quelle strade, e con essa anche la redenzione. Il nostro detective non è infatti un brav’uomo, né un bravo poliziotto. Come la città, anche lui sta cadendo a pezzi e sta a noi decidere se farlo continuare su questa spirale autodistruttiva o aiutarlo a darsi una ripulita e rimettere sé stesso e la propria vita a posto.
Il tutto non sarà legato a scelte propriamente “morali”, bensì ruolistiche: man mano che giocheremo compariranno diversi dialoghi che ci indirizzeranno maggiormente verso il tipo di poliziotto (e persona) che vogliamo impersonare. In questo, ovviamente, aiuta la scelta di un archetipo: appena iniziata la partita potremo infatti scegliere i nostri punteggi caratteristica dividendoli tra Intellect, Psyche, Physique, Motorics e scegliere una delle 24 abilità a cui assegnare il primo punto. La varietà di caratteristiche e abilità è così varia che è possibile giocare dei personaggi completamente diversi: volete essere gli Sherlock della situazione, ricostruendo le scene con perizia scientifica e deducendo con logica e conoscenze enciclopediche gli eventi? Basterà mettere i punti su Intellect, Visual Calculus, Logic ed Encyclopedia per interagire spontaneamente con l’ambiente in modo matematico e analitico. Preferite un approccio alla “Arma Letale” o alla “Tango e Cash”, dove prima si spara e poi si interroga a suon di ceffoni? Aumentate fisico e agilità, spendendo punti su Pain Treshold, Hand-Eye Coordination e Half-Light e nessuno metterà in dubbio la vostra mira e le vostre minacce.
I dialoghi più interessanti spesso saranno proprio con questi aspetti della nostra personalità, che fermeranno l’azione di gioco per farci osservare una scena dal loro unico punto di vista, spesso sbloccando nuove opzioni con altri personaggi o spingendoci verso un atteggiamento piuttosto che un altro. Come se caratteristiche e abilità non fossero sufficienti, a seconda delle nostre interazioni potremo sviluppare anche dei pensieri equipaggiabili negli appositi slot. Questi porteranno bonus e/o malus e, una volta che avremo riflettuto abbastanza, li interiorizzeremo, facendoli diventare fissi. Ciò sbloccherà i limiti delle abilità o cambierà i modificatori che ci avevano fornito. Salendo di livello, potremo poi sbloccare nuovi slot per i pensieri, rimuoverli o semplicemente migliorare le nostre abilità rendendo il nostro protagonista ancora più plastico.
“Benvenuti a Revachol!”
Il mondo in cui ci troveremo immersi in Disco Elysium, in primis il quartiere portuale di Martinaise, non è semplicemente ricco e variegato. È realistico in un modo estremamente crudo e maturo, con una storia passata e presente. Parliamo infatti di un quartiere povero, di cadaveri lasciati appesi per giorni a un albero nell’indifferenza generale, di bambini che fanno uso di droghe. Il tutto, mentre imperversa un burrascoso sciopero dei portuali, con una vera e propria corporazione mafiosa a tirare le file degli ingranaggi. Corruzione, razzismo, innocenza e bontà: Revachol ha spazio per tutte le sfumature dell’animo umano. Ogni quartiere avrà infatti i suoi personaggi, numerosi e pittoreschi. Una delle caratteristiche comuni a molti GdR è quella di creare uno stuolo di personaggi di sfondo, quasi sempre anonimi, che servono semplicemente a rendere un po’ più vive e animate le schermate. Questo è vero solo in parte per Disco Elysium: ad eccezione dei grandi assembramenti di persone presenti in un locale o ad uno sciopero (e quindi intenti a fare un qualcosa), potremo parlare con chiunque, e tutti coloro che incontreremo ci lasceranno un’impressione, un ricordo o un’idea.
Più passeggeremo per le strade di Revachol, più ci sembrerà di essere all’interno di un romanzo, merito di una magnifica combinazione visiva e testuale. I disegni bellissimi e suggestivi dei panorami diventeranno brutalmente crudi quando ci rivolgeremo verso la città di Revachol e le sue vittime, così come la narrazione, in grado di farci immaginare tanto la brezza del mattino quanto lo squallore dilagante. Disco Elysium ha una potenza narrativa incredibile, merito di questa unione artistica e letteraria. Stranamente, questo è sia un punto di forza che una debolezza: una tale ricercatezza nel lessico rende il gioco e la sua narrazione lontana da chi non è preparato in inglese. Manca infatti una localizzazione italiana e, con i suoi diversi registri e lo slang che cambia a seconda della scena, siamo ben oltre al livello scolastico. D’altra parte, ciò permette al titolo di catturarci in modo diverso in ogni singola schermata: parlando con la simpatica signora in sedia a rotelle all’ingresso del motel il doppiaggio sarà dolce, i dialoghi gentili e una musica leggera in sottofondo completerà la scena. Tutto il contrario se invece gireremo l’angolo e incontreremo un teppista scontroso, che non perderà occasione d’insultarci in un incomprensibile slang. Un risultato incredibile per chi ama immergersi nell’atmosfera di un romanzo, di un film o di un gioco.
(Quasi) tutto il tempo del mondo
Descrivere Disco Elysium come un semplice gioco di ruolo è in qualche modo riduttivo. Per la maggior parte del tempo, siamo in realtà alle prese con un punta e clicca, girando per l’ambientazione, risolvendo situazioni ed interagendo con personaggi e oggetti per andare avanti. La struttura su cui si basano queste interazioni, però, è quella ruolistica: abbiamo abilità e tiri di dado in grado di decidere, casualmente e in modo diverso tra un tentativo e l’altro, gli esiti delle nostre azioni e delle nostre deduzioni. La maggior parte dei tiri saranno però dei “White Check”, come vengono chiamati in gioco, che potremo comodamente riprovare aumentando l’abilità richiesta o parlando con la persona giusta in grado di consigliarci adeguatamente. Ciò si traduce in un’assenza di meccanismi frustranti e anzi ci invoglierà a non ricaricare in caso di fallimento, accollandoci così anche i risultati negativi.
Come ci ricorderanno alcuni personaggi, potremo sempre farci una passeggiata invece d’indagare sulla missione principale. Il tempo, infatti, sembra sempre dalla nostra parte grazie a dei ritmi che ricalcano praticamente quelli reali, con i minuti che passano lentamente ma senza mai fermarsi. Potremo letteralmente perdere una giornata a chiacchierare con i passanti, facendoci raccontare storie di guerra da un reduce, oppure esplorare edifici abbandonati per smentire (o confermare) l’esistenza di un fantasma. Sembra esserci sempre tempo per ogni cosa ma, prima o poi, arriverà la notte e dovremo trovare un posto dove riposarci e recuperare le forze per la prossima giornata di (quasi) lavoro.