Il vasto genere horror è oramai stato trattato in ogni forma e dimensione immaginabile nel vasto universo cinematografico. Tra pellicole e sottogeneri, sul grande schermo ne abbiamo viste effettivamente di cotte e di crude, tra grandi capolavori e terribili disastri che sono andati susseguendosi di anno in anno. In un simile contesto era quindi scontato che presto o tardi il mercato sarebbe stato colpito da un violento blocco creativo, una stasi delle idee che è effettivamente arrivata e continua a manifestarsi tutt’oggi. Eppure, nel fiume in piena di pellicole che abbiamo potuto visionare, The Conjuring ha rappresentato una prima e importante boccata d’aria fresca. La creatura del regista James Wan, invece che andare a cercare nuove strade mai viste prima, puntava piuttosto a riprendere quel che tutti già conoscevamo ma rimaneggiandolo in una nuova forma, scelta rivelatasi indubbiamente vincente. La pellicola e i suoi seguiti hanno infatti saputo dar vita a un vero e proprio universo espanso dell’orrore che vede coinvolti The Nun, La Llorona e ovviamente Annabelle, con quest’ultima in particolare a rappresentarne un importante cavallo di battaglia. Siamo arrivati infatti al terzo capitolo di questa saga spin-off particolarmente apprezzata dal pubblico e Warner Bros. Italia ci ha dato l’opportunità di saggiarne l’effettiva qualità grazie a una visione in anteprima, possibilità che ovviamente non ci siamo lasciati scappare. Ora, però, è giunto il momento di dare il nostro responso finale a riguardo; Annabelle 3 riesce a mantenere intatti gli elevati standard dei capitoli precedenti?
Oscure presenze
Dopo aver ottenuto la bambola Annabelle da una famiglia che oramai da tempo era perseguitata da oscure presenze, i coniugi Warren decidono di rinchiudere l’oggetto – e il male con lui – all’interno di una teca benedetta. La scelta si rivela vincente e per un anno intero la bambola rimane confinata nella sua piccola prigione, ma un’azione sconsiderata le offrirà l’opportunità di liberarsi e mettere nuovamente in mostra il suo vero potere, richiamare a sé tutti gli spiriti presenti nelle sue vicinanze. Partendo da un incipit molto semplice e diretto, Annabelle 3 riesce a offrire un susseguirsi di vicende capaci d’attirare l’attenzione dello spettatore dall’inizio fino ai titoli di coda. Di base, il racconto e i colpi di scena presenti appaiono piuttosto scontati e facilmente individuabili, eppure Gary Dauberman – sceneggiatore/regista della pellicola e famoso per il suo contributo a opere quali It, The Nun e La Llorona – è riuscito nel non scontato compito di trasformare un lungometraggio potenzialmente prevedibile in un viaggio d’emozioni dove diviene sempre più difficile prepararsi anticipatamente ai tanti colpi al cuore che faranno la loro comparsa di volta in volta. Dauberman ha infatti messo in scena un intreccio narrativo dove il sapiente gioco tra climax e anticlimax finisce con il disorientare lo spettatore, incapace di prevedere quando il prossimo jumpscare busserà alla porta. D’occasioni propizie per farci fare un sano salto dalla sedia, in effetti, ve ne sono a decine nel corso del il film, ma proprio quando la tensione è alle stelle ecco che tutto s’interrompe, alle volte per interi minuti, in altri casi per pochi secondi, giusto il tempo di riprendere fiato prima che la situazione degeneri.
Annabelle 3 riesce così a mettere costantemente a disagio, si rivela capace di farci battere incessantemente il cuore, si ha sempre il timore di quale sarà il prossimo colpo basso della produzione, il tutto sfruttando anche alcuni stilemi classici del genere, indipendentemente che si parli della ragazza sola e indifesa in una stanza buia con in mano una torca o del fantasma che comincia a muoversi tra una stanza e l’altra senza però mai correre davvero incontro ai protagonisti. Inoltre, la presenza di varie entità con diverse peculiarità che andranno susseguendosi nel corso di tutta la pellicola non solo generano genuino interesse sotto un mero aspetto di lore nei confronti dei Warren e della loro stanza del male, ma permette anche di mettere in scena un film composto da vari sottogeneri, dal teen horror allo slasher, il tutto mescolando sequenze di puro terrore ad altre capaci di strappare addirittura un sorriso. Detto questo, è impossibile non constatare come parte del merito per la buona riuscita della pellicola sia anche da imputare ai continui giochi di luci e ombre sfoggiati in più occasioni e al sapiente utilizzo della cinepresa, che con i suoi movimenti spesso lenti e a tratti pesanti riesce a rafforzare ancor di più quel dilagante senso d’impotenza che ci accompagnerà dall’inizio fino ai titoli di coda. Per quanto riguarda invece la mera prova attoriale, l’intero cast ha saputo convincere pienamente, con sguardi e movimenti del corpo che rendono perfettamente leggibili le emozioni dei personaggi, il tutto ovviamente accostato a un doppiaggio italiano di prim’ordine e a una colonna sonora poco invadente ma capace di centrare sempre il bersaglio quando ce n’è bisogno.